Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24279 del 03/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 03/11/2020, (ud. 23/10/2019, dep. 03/11/2020), n.24279

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore, legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, ex lege,

dall’Avvocatura Generale dello Stato, ed elettivamente domiciliata

presso i suoi uffici, alla via dei Portoghesi n. 12 in Roma;

– ricorrente –

contro

P.M.;

– intimato –

la sentenza n. 240, pronunciata dalla Commissione Tributaria

Regionale di Campobasso il 10.7.2015, e pubblicata il 2.9.2015;

ascoltata, in camera di consiglio, la relazione svolta dal

Consigliere Paolo Di Marzio.

la Corte osserva:

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

P.M., ex dipendente dell’Enel, presentava all’Agenzia delle Entrate istanza di rimborso in ordine a ritenute operate dal datore di lavoro in relazione agli anni dal 2004 al 2007, che riteneva essere state operate indebitamente. In sostanza, in qualità di ex dipendente, il P. aveva potuto usufruire di uno sconto nel pagamento della bolletta elettrica, che era stato però sottoposto ad imposizione. Secondo l’istante, invece, lo sconto sulla somministrazione di energia elettrica, di cui godeva in qualità di pensionato, non avrebbe dovuto essere assoggettato a tributo, non essendo assimilabile ad una prestazione retributiva nè pensionistica.

L’Ente impositore non rispondeva e, formatosi il silenzio rifiuto, il contribuente adiva mediante ricorso la Commissione Tributaria Provinciale di Campobasso.

Nel corso del giudizio era lo stesso Ufficio finanziario a spiegare che lo sconto tariffario era riconosciuto ai dipendenti Enel già nel corso del rapporto di lavoro dipendente, e poi anche a seguito del pensionamento, ma trovava evidentemente la propria fonte pur sempre nel rapporto di lavoro, tanto è vero che era previsto dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro di categoria.

La CTP accoglieva il ricorso del contribuente, ritenendo illegittimo il diniego di rimborso.

L’Ente impositore gravava di appello la decisione adottata dalla CTP innanzi alla Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo. Quest’ultima riteneva che “la riduzione tariffaria non costituisce un elemento della retribuzione… è estraneo alla disciplina dell’art. 51 del TUIR… ne deriva la configurabilità dello “sconto elettrico” come elemento di sostegno del reddito a carattere assistenziale e non retributivo” (sent. CTR, p. 3), ed in conseguenza confermava la decisione del giudice di primo grado.

Avverso la decisione assunta dalla Commissione Tributaria Regionale di Campobasso ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, affidandosi ad un unico motivo di ricorso. L’intimato P.M., raggiunto da notifica il 3.3.2016, non si è costituito.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. – L’Agenzia delle Entrate con il suo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, contesta la violazione o falsa applicazione del combinato disposto dall’art. 49, comma 2, e art. 51, commi 1 e 3, del TUIR, per avere la CTR ritenuto che lo “sconto elettrico” praticato dall’Enel al suo ex-dipendente non si risolve in un beneficio comunque attribuito a causa del rapporto di lavoro.

2.1. – Mediante il suo motivo di ricorso l’Amministrazione finanziaria censura la decisione impugnata per non aver ritenuto che l’attribuzione al contribuente, da parte dell’ex datore di lavoro Enel, del “fringe benefit” consistente nello sconto tariffario sul pagamento dell’energia elettrica, debba comunque ritenersi dipendente dal rapporto di lavoro, e sia pertanto da assoggettarsi ad imposizione tributaria.

La tesi che afferma la natura assistenziale del beneficio costituito dalla riduzione del pagamento dell’energia elettrica, sostenuta dalla CTR, secondo la ricorrente Agenzia non trova alcun fondamento. Lo sconto tariffario rappresenta un benefit, un componente della retribuzione accordato dal datore di lavoro ai suoi dipendenti, che continua ad essere riconosciuto anche dopo il pensionamento.

In particolare, la ricorrente richiama il disposto di cui all’art. 51, comma 1, del TUIR, il quale prevede il principio della “onnicomprensività” della retribuzione, disponendo che essa si componga, ai fini fiscali, di tutte le somme ed i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro. Neppure può trascurarsi il disposto di cui all’art. 49, comma 2, del TUIR, il quale prevede espressamente l’equiparazione tra il reddito da lavoro dipendente ed il reddito da pensione ai fini del trattamento fiscale. Un ulteriore riscontro che lo sconto tariffario sul pagamento dell’energia elettrica trova fondamento nel rapporto di lavoro, è assicurato poi dal fatto che esso è previsto proprio dal Contratto Collettivo Nazionale di Categoria, con disposizioni che continuano ad applicarsi anche a seguito del pensionamento del dipendente.

Questa Suprema Corte ha, invero, già avuto occasione di esaminare le questioni controverse in questo giudizio. Con sentenza Cass. sez. V, 11.12.2015, n. 25024, ha affermato che “l’art. 49 del Testo unico delle imposte sui redditi (già 46 del “vecchio” TUIR) espressamente afferma che le pensioni di ogni genere “costituiscono redditi di lavoro dipendente”. Cioè sono reddito di lavoro dipendente (ancorchè differito) e non sono soltanto equiparate ai redditi di lavoro dipendente. A sua volta, l’art. 51, comma 1 del medesimo Tuir (già art. 48) afferma che “il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro” e dunque anche il beneficio dello sconto sui costi della energia elettrica consumata, in quanto concesso dal datore di lavoro ai propri dipendenti (e pensionati) costituisce reddito di lavoro e perciò, ai fini fiscali, parte della retribuzione e della pensione”.

Tornando più recentemente ad affrontare la problematica, questa Corte di legittimità ha chiarito ancora che la regola posta dall’art. 51 del TUIR, ponendo il principio della “onnicomprensività del reddito da lavoro con riguardo a tutto quanto percepito dal dipendente “in relazione al rapporto di lavoro” – fa sì che debbano includersi in questa categoria reddituale anche gli importi e le erogazioni in genere integranti, come nel caso di specie, un vantaggio accessorio attribuito dal datore di lavoro a talune categorie di lavoratori in aggiunta alla normale retribuzione (‘fringe benefit’)… tali vantaggi si collegano direttamente alla prestazione lavorativa ed alla retribuzione, di cui concretano un componente. Nel caso di specie, tale connessione con il rapporto di lavoro è reso… tanto più palese in considerazione del fatto che la riduzione tariffaria sul consumo energetico non esplica, come vorrebbe il controricorrente, funzione di agevolazione o sostegno sociale esente; in quanto prevista dalla contrattazione collettiva, applicabile ai dipendenti Enel, sul presupposto e nel riconoscimento del rapporto di lavoro. Nulla toglie che essa continui poi ad essere attribuita, una volta cessato il rapporto di lavoro, anche a favore dei pensionati Enel; l’avvenuta cessazione del rapporto di lavoro non muta infatti i termini del problema, dal momento che anche le somme erogate dall’ente di gestione in relazione al rapporto pensionistico sono equiparate ex lege al reddito di lavoro dipendente” (Cass. sez. V, 12.1.2017, n. 586), così come stabilito dall’art. 49, comma 2, lett. a), del T.U.I.R..

L’orientamento già ripetutamente proposto dalla Suprema Corte merita di essere confermato. La riduzione tariffaria in questione, attribuita ai propri dipendenti dall’Enel in applicazione della contrattazione collettiva, è riconosciuta quale beneficio, risolvendosi in un risparmio di spesa, già nel corso del rapporto di lavoro e solo in conseguenza di questo. La riduzione trova pertanto fondamento nel rapporto di lavoro dipendente ed il risparmio conseguito è assoggettato ad imposizione quale retribuzione. La riduzione continua ad essere corrisposta quando il dipendente diviene un pensionato ed il beneficio non muta la propria natura, tenuto conto del disposto di cui all’art. 49, comma 2 del TUIR.

In conseguenza il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate risulta fondato, e la decisione impugnata deve essere cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, nè essendo state dedotte altre questioni controverse, sussistono i presupposti perchè la causa sia definita mediante decisione nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, u.p., mediante rigetto del ricorso introduttivo proposto dal contribuente.

Le spese di lite, in considerazione della complessità del giudizio e delle ragioni della decisione, possono essere integralmente compensate tra le parti in relazione ai gradi del giudizio di merito, mentre seguono l’ordinario criterio della soccombenza in riferimento al giudizio di legittimità, e sono liquidate in dispositivo, anche in considerazione del modesto valore della controversia.

La Corte:

P.Q.M.

Accoglie il ricorso introdotto dall’Agenzia delle Entrate, cassa la decisione impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso proposto dal contribuente, che condanna al pagamento delle spese di lite in relazione al giudizio di cassazione, e le liquida in complessivi Euro 400,00, oltre spese prenotate a debito; dispone la compensazione delle spese in relazione ai gradi di merito del giudizio.

Così deciso in Roma, il 23 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 novembre 2020

 

 

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