Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24278 del 03/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 03/11/2020, (ud. 23/10/2019, dep. 03/11/2020), n.24278

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

A.M., ammesso al patrocinio a spese dello Stato,

rappresentato e difeso, giusta procura speciale stesa a margine del

ricorso, dall’Avv.to Carmine Pellegrino, che ha indicato recapito

PEC, ed elettivamente domiciliato presso il suo studio, alla via dei

Valeri n. 1 in Roma;

– ricorrente –

contro

Equitalia Sud Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore;

– intimata –

Avverso la sentenza n. 7006, pronunciata dalla Commissione Tributaria

Regionale di Roma il 4.11.2014, e pubblicata il 20.11.2014;

ascoltata, in camera di consiglio, la relazione svolta dal

Consigliere Paolo Di Marzio;

la Corte osserva:

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

A.M. riceveva notificazione dell’intimazione di pagamento n. (OMISSIS), recapitatagli dall’Incaricato per la riscossione, Equi-talia Sud Spa, in relazione a “contributi Inps e Iva – anno 1989 e 1992 (atto notificato in data 26.09.2009” (sent. CTR, p. 2).

La CTR, nella decisione impugnata annota che, in primo grado, il ricorrente “chiedeva l’annullamento dell’atto per irregolarità e/o omessa notificazione degli atti prodromici ed eccepiva, comunque l’intervenuta decadenza” (ibidem). L’Incaricato per la riscossione replicava producendo copia della relata di notifica della prodromica cartella esattoriale. La Commissione Tributaria Provinciale di Roma rigettava il ricorso per quanto di competenza del giudice tributario.

Il contribuente proponeva impugnazione innanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, e contestava l’insufficienza di motivazione dell’atto impugnato, “la mancata indicazione del responsabile del procedimento (che, invece, c’è) e, con riferimento alle cartelle, eccepiva la decadenza dell’iscrizione a ruolo e, nel merito, la prescrizione estintiva” (ibidem).

La CTR rigettava l’impugnazione, e confermava pertanto la legittimità dell’intimazione di pagamento.

Avverso la decisione adottata dalla CTR del Lazio ha proposto impugnazione per cassazione A.M., affidandosi a tre motivi di ricorso. L’Incaricato per la riscossione non si è costituito.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. – Con il suo primo motivo di ricorso il contribuente contesta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3 e 4, la nullità della sentenza per violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, e comunque la violazione o falsa applicazione degli artt. 112,137,148 e 149 cod. proc. civ., della L. n. 890 del 1982, del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26 e dell’art. 2697 c.c., per avere la CTR impugnata omesso di valutare la regolarità della notifica dell’intimazione di pagamento, e comunque per aver errato nel ritenere valida la notificazione della cartella esattoriale presupposta.

1.2. – Mediante il suo secondo motivo di ricorso A.M. censura, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la “violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione: al D.Lgs. n. 507, art. 71, comma 2 bis”, (ric., p. 6), della L. n. 241 del 1990, art. 3, della L. n. 212 del 2000, art. 7 e dell’art. 24 Cost., perchè la motivazione adottata dalla CTR per respingere la contestazione relativa al difetto di motivazione della intimazione di pagamento impugnata “è solo apparente” (ibidem).

1.3. – Con il suo terzo motivo di impugnazione il ricorrente critica la decisione assunta dalla CTR per essere incorsa nel vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in conseguenza della violazione o falsa applicazione dell’art. 2953 c.c., del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 20 e dell’art. 12 preleggi, avendo ritenuto applicabile la prescrizione decennale del credito tributario a seguito della notificazione della cartella esattoriale.

2.1. – Con il suo primo motivo di ricorso il contribuente contesta la nullità della sentenza per omessa pronuncia, e comunque la violazione di legge, per non essersi la CTR espressa in materia di regolarità della notificazione dell’intimazione di pagamento per cui è causa, e per aver errato nel ritenere legittima la notificazione della prodromica cartella di pagamento come effettuata.

Il motivo di ricorso risulta in parte inammissibile e per il resto è infondato. Effettivamente la decisione della CTR non si occupa della regolarità della notifica della intimazione di pagamento. A tanto consegue che era specifico onere processuale del ricorrente indicare dettagliatamente mediante quali atti, presenti nel fascicolo processuale, avesse inteso contestare l’indicato vizio, non mancando di riportare le formule utilizzate, e dimostrando di avere diligentemente coltivato la critica, in modo da consentire a questa Corte di legittimità di esprimere le valutazioni che le competono in materia di tempestività e congruità, ancor prima di giudicare della decisività, delle questioni proposte. A tanto il ricorrente non ha provveduto. Ove la sua critica intenda poi affermare che la CTR non ha ben compreso l’articolazione delle proprie difese, neppure rendendosi conto che la questione fosse stata posta, il ricorrente intenderebbe affermare la ricorrenza di un vizio di percezione, che attiene alla materia revocatoria, pertanto estranea a questo giudizio di legittimità. Infine, merita di essere ricordato che in questa sede giunge alla fase finale il giudizio introdotto dal ricorrente per contestare proprio l’intimazione di pagamento, di cui ha evidentemente dato prova di ben conoscere il contenuto.

In ordine alla regolarità della notificazione della cartella di pagamento su cui, invece, la impugnata CTR ampiamente si diffonde, occorre ricordare come il giudice di secondo grado abbia rilevato che “dagli atti contenuti nel fascicolo di causa, risulta che la cartella di pagamento n. (OMISSIS) è stata ritualmente notificata ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26 a mezzo raccomandata a/r, in data 2.2.2001, con consegna del plico a mani proprie del destinatario, che ne ha sottoscritto la ricevuta di ritorno, presso il proprio indirizzo di residenza” (sent. CTR, p. 2). L’odierno ricorrente non si confronta con le ragioni della decisione adottata dalla Commissione Tributaria Regionale, non le contesta specificamente, e ripropone i suoi argomenti, da ritenersi comunque infondati, secondo cui la prova della notificazione presuppone che il notificatore sia in grado di produrre l’originale dell’atto notificato. Per completezza, in ogni caso, appare opportuno aggiungere che la notificazione della cartella esattoriale, come attestato dalla CTR e non contestato dal ricorrente, è avvenuta ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26 e questa Corte ha avuto occasione di chiarire che questa specifica forma di notificazione “può avvenire anche mediante invio diretto, da parte del concessionario, di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, in quanto del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, seconda parte comma 1, prevede una modalità di notifica, integralmente affidata al concessionario stesso ed all’ufficiale postale, alternativa rispetto a quella della prima parte della medesima disposizione e di competenza esclusiva dei soggetti ivi indicati. In tal caso, la notifica si perfeziona con la ricezione del destinatario alla data risultante dall’avviso di ricevimento, senza necessità di un’apposita relata, visto che è l’ufficiale postale a garantirne, nel menzionato avviso, l’esecuzione effettuata su istanza del soggetto legittimato e l’effettiva coincidenza tra destinatario e consegnatario della cartella, come confermato implicitamente dal citato art. 26, penultimo comma secondo cui il concessionario è obbligato a conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o con l’avviso di ricevimento, in ragione della forma di notificazione prescelta, al fine di esibirla su richiesta del contribuente o dell’amministrazione”, Cass. sez. V, n. 17248 del 2017, non avendo mancato la Suprema Corte di specificare recentemente che “in materia di riscossione delle imposte, al fine di provare la notificazione della cartella esattoriale, quale atto idoneo ad interrompere la prescrizione del credito tributario, è sufficiente la produzione della relata compilata secondo l’apposito modello ministeriale, non sussistendo un onere di produzione della cartella, il cui unico originale è consegnato al contribuente; la relata, infatti, dimostra la specifica identità dell’atto impugnato, indicando non solo il numero identificativo dell’intimazione riportato sull’originale, ma anche il suo contenuto, consistente in un'”intimazione di pagamento”, come precisato nell’esordio della relata medesima”, Cass. sez. I, n. 16221 del 2019.

Il primo motivo di ricorso deve pertanto essere rigettato.

2.2. – Il contribuente lamenta, con il suo secondo motivo di ricorso, la violazione di legge in cui sarebbe incorsa la CTR proponendo una motivazione soltanto “apparente” in materia di sufficienza della motivazione dell’avviso di intimazione impugnato. La critica appare chiaramente comprensibile, e può quindi prescindersi dal valutare la forma in cui è stata introdotta. Nella decisione impugnata la CTR, sinteticamente, ha osservato che “In ordine… all’eccezione riguardante la motivazione dell’atto di intimazione, il Collegio osserva che l’intimazione di pagamento è una mera comunicazione di sollecito al pagamento di quanto dovuto e non versato e, in quanto tale, non necessita di forme particolari, nè in termini di contenuti, nè sul piano della motivazione” (sent. CTR, p. 2 s.). Il ricorrente non si confronta con la ragione della decisione adottata dal giudice dell’appello, e ripropone le sue tesi circa la necessaria esauriente motivazione di ogni atto tributario, proponendo anche una correlazione, che ritiene doverosa, tra la motivazione della cartella esattoriale e quella della intimazione di pagamento. In realtà la motivazione adottata dalla CTR non è “apparente”, e si rivela anche corretta. Non tutti gli atti tributari, infatti, esigono un’ampia motivazione. Nel caso specifico dell’avviso di intimazione, lo stesso si risolve effettivamente nel sollecito del pagamento, che non trova il proprio fondamento nell’intimazione stessa, bensì nella cartella di pagamento e, ancor prima nell’avviso di accertamento (o atto avente analoga funzione), documenti già portati a conoscenza del contribuente, mediante i quali quest’ultimo ha effettivamente diritto a conseguire una esauriente motivazione della pretesa tributaria. Nel caso di specie il contribuente ha ricevuto regolare notifica della cartella di pagamento, e non l’ha impugnata. Ove l’avesse fatto avrebbe potuto in quella sede contestare anche il vizio della motivazione, della cartella ed eventualmente anche degli atti prodromici alla stessa, se non ritualmente notificati, tutte critiche che, allo stato, gli risultano ormai precluse.

Anche il secondo motivo di ricorso deve essere pertanto respinto.

2.3. – Mediante il suo terzo motivo di impugnazione il contribuente lamenta la violazione di legge in cui ritiene essere incorsa l’impugnata CTR per non aver ritenuto prescritto il credito tributario azionato, ed aver reputato che qualsiasi credito tributario, a seguito della notificazione della cartella esattoriale, rimane assoggettato ad un termine di prescrizione decennale.

Non ignora questo collegio le incertezze giurisprudenziali verificatesi nel passato in argomento che, del resto, il contribuente non ha mancato di ricordare nel suo ricorso. I contrasti giurisprudenziali sono stati peraltro risulti dalle Sezioni Unite che, con sentenza n. 23397 del 17.11.2016, hanno affermato l’infondatezza della tesi secondo cui la intervenuta definitività della cartella esattoriale importa che qualsiasi tributo da essa riportato debba considerarsi soggetto alla prescrizione decennale.

La decisione assunta dalla CTR, invero, appare conforme al diritto, ma occorre correggere la motivazione. Come si è anticipato, la CTR ha accertato che la notificazione della cartella di pagamento, atto idoneo ad interrompere la prescrizione della pretesa tributaria, è intervenuta in mani proprie del contribuente in data 2.2.2001. L’intimazione di pagamento per cui è causa è stata notificata in data 26.9.2009. Il tributo richiesto è l’IVA, soggetto a prescrizione decennale (cfr. Cass. sez. V, 9.2.2007, n. 2941). La prescrizione decennale del credito tributario per l’Iva, pertanto, non è maturata. Può in proposito esprimersi il seguente principio di diritto: “i diversi tributi possono avere termini prescrizionali diversi, se previsti dalla legge, ma sono altrimenti soggetti al termine ordinario decennale di prescrizione, con applicazione delle cause di interruzione previste dall’ordinamento giuridico”.

Per completezza può ancora ricordarsi che la possibilità di far valere l’intervenuta prescrizione della pretesa tributaria è rimessa alla discrezionalità della parte che ha diritto di avvalersene. La mancata impugnazione della cartella esattoriale comporta che nulla possa più valutarsi, in questa sede, in ordine alla prescrizione che avrebbe potuto maturare prima della notificazione della cartella di pagamento, con particolare riferimento all’ipotesi che la notifica stessa non fosse stata preceduta dalla regolare notificazione dei prodromici atti di accertamento.

Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato.

Non vi è luogo a pronunciare sulle spese di lite, stante la mancata costituzione dell’intimata e la soccombenza del ricorrente, peraltro ammesso al patrocinio a spese dello Stato, dovendo in conseguenza provvedere alla liquidazione in relazione al giudizio di cassazione, se del caso, il giudice la cui sentenza sia passata in giudicato (D.P.R. n. 115 del 2002, art. 83, comma 2).

Va infine dato atto che le Sezioni Unite di questa Corte, con decisione pubblicata nelle more del deposito della presente ordinanza (cfr. Cass. SU 20 febbraio 2020, n. 4315), hanno affermato il principio secondo il quale il giudice dell’impugnazione che emetta una delle pronunce previste dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, è tenuto a dare atto della sussistenza del presupposto processuale per il versamento dell’importo ulteriore del contributo unificato (c.d. doppio contributo) anche quando esso non sia stato inizialmente versato per una causa, come nella fattispecie in esame, appunto, di ammissione della parte a patrocinio a spese dello Stato, suscettibile di venire meno.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 23 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 novembre 2020

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