Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24277 del 03/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 03/11/2020, (ud. 02/10/2019, dep. 03/11/2020), n.24277

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. MUCCI Roberto – Consigliere –

Dott. D’AURIA Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 165-2017 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

INSOMNIA DI L.S. & C. SAS;

– intimato –

Nonchè da:

INSOMNIA DI L.S. & C. SAS, elettivamente domiciliato in

ROMA VIA GIOVANNI NICOTERA 29, presso lo studio dell’avvocato

STEFANO FIORE, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

LEONARDO PELI;

– controricorrente incidentale –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 3222/2016 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di

BRESCIA, depositata il 26/05/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

02/10/2019 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE D’AURIA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La vicenda giudiziaria trae origine dal provvedimento di diniego di rimborso iva emesso dalla Agenzia Delle Entrate, in quanto il contribuente Insomnia di L.S. e C. sas, pur avendolo inserito in dichiarazione (modello unico 2008 per l’anno di imposta 2007), non aveva provveduto a compilare il modello VR.

Proponeva ricorso il contribuente rilevando che la mancata compilazione del modello vr non comportasse la perdita del credito. L’Agenzia delle Entrate si costitutiva eccependo non solo che non fosse stato compilato il modello Vr ma anche che non fosse stata data la prova dell’esistenza del credito in base alla produzione dei documenti in fase precontenziosa.

La Commissione Tributaria Provinciale adita premesso che il credito risultava dalla dichiarazione presentata, e non essendo essenziale la compilazione del modello vr accoglieva il ricorso del contribuente. Proponeva appello l’Agenzia, la quale si doleva che il giudice di primo grado non avesse esaminato la questione relativa alla spettanza del rimborso nè individuato su chi gravasse l’onere della prova circa l’esistenza del credito.

Si costituiva il contribuente che si riportava a quanto già dedotto in primo grado e proponeva a sua volta appello incidentale per aver immotivatamente il giudice previsto la compensazione delle spese nonostante la soccombenza. La commissione Regionale di Brescia nel contraddittorio delle parti confermava la sentenza di primo grado in quanto il thema decidendum dovesse intendersi limitato quanto indicato in motivazione nell’atto di diniego dall’Ufficio.

Propone ricorso in Cassazione, tramite l’Avvocatura dello Stato,l’Agenzia Delle Entrate affidandosi a due motivi di gravame, così sintetizzabili:

i) Nullità della sentenza per omessa pronuncia su motivo di appello

in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 23, comma 3 e art. 112 c.p.c., anche in combinato disposto tra loro e con le altre disposizioni del medesimo D.Lgs. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4;

2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n.3.

Si costituiva con controricorso il contribuente che non solo chiedeva il rigetto del ricorso ma a sua volta proponeva ricorso incidentale lamentandosi della intervenuta compensazione delle spese processuali sia in primo che in secondo grado.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

I motivi proposti vanno esaminati congiuntamente essendo intimamente connessi tra loro avendo l’Agenzia dedotto che illegittimamente il giudice del merito non avesse esaminato il motivo con cui in appello era stato contestato l’esistenza del credito, essendo estranea alla motivazione del diniego e nel successivo motivo evidenziava che, a prescindere dal contenuto della motivazione del diniego, la prova del credito iva dovesse essere data dal ricorrente non essendo sufficiente la mera indicazione nella dichiarazione, soprattutto nel caso in questione ove l’Agenzia non solo aveva contestato l’esistenza del credito ma anche la rilevanza dei documenti prodotti in fase amministrativa.

Dalla lettura della sentenza impugnata emerge che il giudice abbia accolto la domanda in quanto non era necessario compilare il modello vr e che il credito risultava in dichiarazione senza essere stato contestato con la motivazione del diniego.

Sembra di capire, attesa la criptica motivazione, che secondo il giudice del merito il diritto di credito sussisteva non avendo la Agenzia provveduto a rettificare la dichiarazione in cui era evidenziato il credito nei termini di legge, e che comunque il credito non fosse stato contestato in sede di diniego se non per motivi procedurali.

In realtà il giudice del merito non ha tenuto conto della Giurisprudenza formatasi in materia che ha escluso che l’espletamento senza rilievi della procedura di controllo equivalga di per sè a cristallizzazione del credito e cioè riconoscimento implicito esposto in dichiarazione Pertanto ben poteva l’Ente impositore in sede giudiziaria contestare il credito del contribuente sebbene nell’atto di diniego si fosse limitata a evidenziare la mancata compilazione del modello VR.

In altri termini a prescindere dalla illegittimità del provvedimento di diniego, il giudice del merito è comunque tenuto a valutare, nel contraddittorio tra le parti e secondo i principi di riparto dell’onere della prova, se la domanda di rimborso proposta dal contribuente è fondata. Va tenuto conto che, secondo questa Corte (Cass. civ. Sez. V, 18 maggio 2018, n. 12291) “in tema di contenzioso tributario, ove la controversia abbia ad oggetto l’impugnazione del rigetto dell’istanza di rimborso di un tributo, il contribuente è attore in senso non solo formale ma anche sostanziale, con la duplice conseguenza che grava su di lui l’onere di allegare e provare i fatti a cui la legge ricollega il trattamento impositivo rivendicato, con la conseguenza che le argomentazioni con cui l’Ufficio nega la sussistenza di detti fatti, o la qualificazione ad essi attribuita, costituiscono mere difese, non soggette ad alcuna preclusione processuale (conf. Cass. civ., 8 ottobre 2014, n. 21197). Avendo il contribuente impugnato il provvedimento di rigetto dell’istanza di rimborso, l’eventuale illegittimità del provvedimento di diniego del rimborso per difetto di motivazione, non implica, di per sè, il riconoscimento del diritto del contribuente al rimborso, essendo lo stesso onerato di dare prova dei presupposti su cui si fonda la domanda proposta. Questa linea interpretativa, non è stata seguita dal giudice del gravame che si è limitato a prospettare ragioni relative alla violazione delle norme in materia di motivazione dell’atto impositivo. In altri termini il giudice del merito avrebbe dovuto anche verificare alla luce del motivo di appello proposto se il contribuente avesse assolto al proprio onere probatorio. A tal fine va precisato, tenendo conto del criterio interpretativo formulato da questa Corte (Cass. civ., Sez. V, 06 giugno 2018, n. 1462o), che “Solo nei provvedimenti costituenti esercizio della potestà impositiva, la motivazione dell’atto, come previsto da espresse disposizioni di legge, non può che essere esaustiva, essendo l’Amministrazione, parte attiva del rapporto in qualità di creditore, tenuta ad esplicitare le ragioni in fatto ed in diritto della pretesa azionata, anche in vista di una possibile impugnativa giurisdizionale dell’atto da parte del contribuente. E difatti, anche in sede giurisdizionale, l’Ufficio assume il ruolo di attore in senso formale e sostanziale, ed è tenuto ad adempiere il relativo onere probatorio. Per converso, nel rapporto a ruoli invertiti che s’instaura tra Amministrazione e contribuente per effetto della domanda di rimborso da questi proposta, alla motivazione del provvedimento di rigetto non può attribuirsi siffatto carattere di esaustività, giacchè in tale rapporto l’Ufficio assume il ruolo passivo di colui che resiste alla pretesa creditoria del contribuente, e non è pertanto gravato dall’onere di motivare compiutamente le proprie ragioni”.

Pertanto va accolta la doglianza con cui parte ricorrente lamenta che il giudice del gravame ha omesso di pronunciarsi sul motivo circa la sussistenza del credito richiesto, e alla rilevata mancanza di prova non offerta dal contribuente, essendo irrilevanti per il credito iva i documenti prodotti in fase amministrativa.

L’avere affermato con l’appello la insufficienza probatoria della documentazione prodotta dal contribuente, implica, infatti, una richiesta di infondatezza della domanda di rimborso da esso proposto, ed è su questa linea che il giudice del rinvio dovrà procedere valutando in concreto i documenti prodotti.

Pertanto va accolto il ricorso proposto e cassata la decisone impugnata con conseguente rinvio della causa alla C.T.R della Lombardia sez dist. Di Brescia in diversa composizione, che provvederà a riesaminare i motivi di merito sollevati dalla Agenzia e non esaminati provvedendo anche a regolamentare le spese anche del presente giudizio di legittimità.

E’ ovviamente precluso l’esame dei motivi del ricorso incidentale riguardanti la pretesa illegittimità della compensazione, essendo allo stato venuto meno il capo della soccombenza del ricorrente.

P.Q.M.

La Corte in accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia per nuovo esame alla C.T. R. della Lombardia sez. distaccata di Brescia.

Così deciso in Roma, il 2 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 novembre 2020

 

 

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