Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24276 del 09/09/2021

Cassazione civile sez. VI, 09/09/2021, (ud. 25/02/2021, dep. 09/09/2021), n.24276

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11494-2020 proposto da:

R.B., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso

la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato COSIMO CASTRIGNANO’;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

avverso il decreto n. cronol. 605/2020 del TRIBUNALE di NAPOLI,

depositato il 28/01/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 25/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ANDREA

FIDANZIA.

 

Fatto

RILEVATO

– che viene proposto ricorso avverso il decreto del Tribunale di Napoli del 28.1.2020, il quale ha rigettato il ricorso proposto da R.B., cittadino del Ghana, avverso il provvedimento negativo della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale;

– che il Ministero si è costituito tardivamente in giudizio ai soli fini di un’eventuale partecipazione all’udienza di discussione;

– che sono stati ritenuti sussistenti i presupposti ex art. 380-bis.

Diritto

CONSIDERATO

1. che con il primo motivo è stata dedotta la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 10, lett c), in relazione all’art. 24 Cost., sul rilievo che il Tribunale avrebbe dovuto utilizzare i propri poteri istruttori ufficiosi per l’ascolto del ricorrente, l’approfondimento della sua vicenda e per chiarire le incongruenze e lacune rilevate;

2. che il motivo è manifestamente infondato;

che questa Corte, nella recente sentenza n. 21584 del 7.10.2020, pronunciata all’esito dell’udienza pubblica del 17.9.2020, ha statuito che, in materia di protezione internazionale, il giudice, in assenza della videoregistrazione del colloquio svoltosi dinnanzi alla Commissione territoriale, ha l’obbligo di fissare l’udienza di comparizione, ma non anche quello di disporre l’audizione personale del ricorrente, a meno che: a) nel ricorso vengano dedotti fatti nuovi a sostegno della domanda; b) il giudice ritenga necessaria l’acquisizione di chiarimenti in ordine alle incongruenze o alle contraddizioni rilevate nelle dichiarazioni del richiedente; c) quest’ultimo nel ricorso non ne faccia istanza, precisando gli aspetti in ordine ai quali intende fornire i predetti chiarimenti, e sempre che la domanda non sia manifestamente fondata o inammissibile;

che, in particolare, nella predetta pronuncia è stato evidenziato che il giudice non è tenuto a disporre l’audizione del richiedente, se non previa richiesta circostanziata da parte di quest’ultimo contenuta nel ricorso (in cui lo stesso deve offrire di fornire i chiarimenti resisi necessari in relazione alle incongruenze e contraddizioni rilevate dalla Commissione Territoriale e poste a fondamento del decreto di rigetto della domanda di protezione), dovendosi sempre comunque coniugare il dovere di cooperazione istruttoria con il principio dispositivo (Cass. n. 27336 del 2018; Cass. n. 3016 del 2019, Cass. n. 19197 del 2015);

che e’, in ogni caso, escluso che il giudice debba disporre una nuova audizione in difetto di un’istanza del richiedente;

che, nel caso di specie, non consta né che il richiedente abbia formulato un’istanza affinché fosse disposta la sua audizione, né comunque che abbia precisato gli aspetti in ordine ai quali intendesse fornire i chiarimenti, essendosi limitato ad affermare genericamente che il suo ascolto sarebbe stato utile per chiarire ” le incongruenze e lacune rilevate”;

3. che con il secondo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 50-bis c.p.c., in relazione all’art. 738 c.p.c., in relazione alla mancata composizione collegiale dell’udienza istruttoria;

4. che il motivo è manifestamente infondato;

che è orientamento consolidato di questa Corte che nel procedimento camerale applicato a diritti soggettivi trova applicazione il principio generale immanente

al rito ordinario secondo cui un giudice può essere delegato dal Collegio alla raccolta di elementi probatori da sottoporre, successivamente alla piena valutazione dell’organo collegiale (vedi Cass. n. 15100 del 2005; Cass. n. 26200 del 2015);

che, d’altra parte, questa Corte ha più volte statuito che, In materia di protezione internazionale, non è neppure affetto da nullità” il procedimento nel cui ambito il giudice onorario di tribunale abbia proceduto all’audizione del richiedente, rimettendo poi la causa per la decisione al collegio della sezione specializzata in materia di immigrazione, poiché il D.Lgs. n. 116 del 2017, art. 10, recante la riforma organica della magistratura onoraria, consente ai giudici professionali di delegare, anche nei procedimenti collegiali, compiti e attività ai giudici onorari, compresa l’assunzione di testimoni, mentre il medesimo D.Lgs., art. 11, esclude l’assegnazione dei fascicoli ai giudici onorari solo per specifiche tipologie di giudizi, tra i quali non rientrano quelli di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis” (vedi Cass. n. 4887 del 24/02/2020; vedi anche Cass. n. 7878 del 2020);

5. che con il terzo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 9, in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, sul rilievo che il Tribunale avrebbe effettuato una valutazione sulla situazione del Ghana sulla base di generiche ed insufficienti informazioni senza considerazione completa delle prove disponibili e senza corretto esercizio dei poteri officiosi, utilizzando quale fonte internazionale il rapporto del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America mentre avrebbe dovuto consultare fonti internazionali ufficiali governative attendibili;

6. che il motivo è manifestamente infondato;

– che il giudice di merito ha tratto le proprie informazioni sulla situazione generale del Ghana non solo dal rapporto statunitense, ma anche dalla Commissione Nazionale per il diritto d’Asilo del 29.9.2017 e, in ogni caso, questa Corte ha già statuito (Cass. n. 13255 del 2020) che, in tema di protezione internazionale, l’indicazione delle fonti di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, non ha carattere esclusivo, ben potendo le informazioni sulle condizioni del Paese estero essere tratte da concorrenti canali di informazione (in quella circostanza, sono state ritenute attendibili, siti internet delle principali organizzazioni non governative attive nel settore dell’aiuto e della cooperazione internazionale, come Amnesty International e Medici senza frontiere);

7. che con il quarto motivo è stata dedotta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3,7, sul rilievo che, a differenza di quanto ritenuto dal giudice di merito, la situazione del Ghana presenta un grado di violenza indiscriminato;

8. che il motivo è inammissibile;

– che, infatti, il richiedente svolge, in ordine alla sussistenza nel Ghana di una situazione di violenza generalizzata e diffusa derivante da conflitto armato, mere censure di merito in quanto finalizzate a sollecitare una diversa valutazione in fatto rispetto a quella operata dal giudice di secondo grado, il cui accertamento si fonda, come evidenziato, su fonti internazionali qualificate;

– che la soccombenza del ricorrente non comporta la condanna dello stesso al pagamento delle spese processuali, in ragione della inammissibilità della costituzione tardiva del Ministero.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 25 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2021

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