Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24276 del 03/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 03/11/2020, (ud. 09/07/2019, dep. 03/11/2020), n.24276

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. FANTICINI Giovanni – Consigliere –

Dott. D’AURIA Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22452-2014 proposto da:

EVOLUZIONE MARKETING SRL, elettivamente domiciliato in ROMA VIA

GERMANICO 24, presso lo studio dell’avvocato UBALDO CIPOLLONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato CLAUDIO BALBONI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI BOLOGNA in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende;

– resistente con atto di costituzione –

avverso la sentenza n. 52/2012 della COMM.TRIB.REG. di BOLOGNA,

depositata il 24/09/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/07/2019 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE D’AURIA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La vicenda giudiziaria trae origine dalla emissione della cartella di pagamento relativa all’anno di imposta 2004 emesso da parte della Agenzia delle Entrate di Bologna nei confronti della contribuente Evoluzione Marketing srl con cui recuperava l’iva sulla base della omessa presentazione della dichiarazione IVA annuale riferita all’anno 2003.

A seguito del ricorso del contribuente, la Commissione provinciale di Bologna, considerato che il credito Iva risultava de plano dalle scritture contabili, accoglieva il ricorso.

A seguito di appello proposto dalla Agenzia delle Entrate, la Commissione Regionale lo accoglieva considerato che la dichiarazione annuale Iva non era stata presentata e che il credito non poteva essere portato in detrazione.

Proponeva ricorso in Cassazione la contribuente che si affidava ad un unico motivo: Violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, comma 3 e D.P.R. n. 6333 del 1992, art. 54 bis, comma 3.

Si costituiva l’Agenzia delle Entrate, al solo fine di partecipare all’udienza di discussione. Memoria depositata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Deve ritenersi fondato il motivo del ricorso, col quale la contribuente si duole dell’affermazione contenuta nella sentenza impugnata che l’omessa presentazione della dichiarazione annuale per l’anno 2001 inibisca l’esercizio del diritto di detrazione dell’iva concernente l’anno d’imposta precedente, da inquadrare nella violazione di legge.

La questione è stata affrontata e decisa dalle sezioni unite (con sentenza 8 settembre 2016, n. 17757) che hanno fissato il principio secondo il quale “la neutralità dell’imposizione armonizzata sul valore aggiunto comporta che, pur in mancanza di dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, l’eccedenza d’imposta, che risulti da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e sia dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, va riconosciuta dal giudice tributario se il contribuente abbia rispettato tutti i requisiti sostanziali per la detrazione; in tal caso, nel giudizio d’impugnazione della cartella emessa dal fisco a seguito di controllo formale automatizzato non può essere negato il diritto alla detrazione se sia dimostrato in concreto, ovvero non sia controverso, che si tratti di acquisti compiuti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati ad IVA e finalizzati ad operazioni imponibili” (conf., Cass., ord. 25 gennaio 2017, n. 1627).

Il contribuente, pertanto, può portare in detrazione l’eccedenza d’imposta anche in assenza della dichiarazione annuale finale (e fino al secondo anno successivo a quello in cui è sorto il diritto) purchè siano rispettati i requisiti sostanziali per poter fruire della detrazione come nel caso in esame. In sintesi l’Amministrazione non può pretendere somme per ragioni di pura forma senza addurre rilievi sulla loro effettiva spettanza. Del resto tale giurisprudenza si pone nel solco della Giurisprudenza dell’Unione Europea secondo la quale occorre che il contribuente documenti la sussistenza dei soli requisiti sostanziali del diritto a detrazione di cui all’art. 17 della sesta direttiva e “si mettono in guardia gli Stati membri da meccanismi di rimborso artificiosi e tali da mettere a rischio l’immediata neutralità dell’imposizione sul valore aggiunto”. La questione, pertanto, si sposta su un piano esclusivamente di natura probatoria, nel senso che il contribuente ha diritto di recuperare il credito iva sia pure mediante l’istituto della compensazione, ove sussista la prova della sussistenza dei requisiti sostanziali. Pertanto, il collegio intende dare continuità all’indirizzo costante da ultimo affermato dalla ordinanza numero 31433 del 2018, secondo cui “Nell’ipotesi in cui l’amministrazione finanziaria recuperi ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis e del D.P.R. n. 633 nel 1972, art. 54 bis un credito esposto nella dichiarazione oggetto di liquidazione maturato in un annualità per la quale la dichiarazione risulta omessa, il contribuente può dimostrare mediante la posizione di idonea documentazione effettiva esistenza del credito non dichiarato ed in tal modo viene posto nella medesima condizione in cui si sarebbe trovato (salvo sanzioni ed interessi) qualora avesse presentato correttamente la dichiarazione, atteso che, da un lato il suo diritto nasce dalla legge e non dalla dichiarazione e da un altro, in sede contenziosa ci si può sempre opporre alla maggiore pretesa fiscale allegando errori di fatto o di diritto commessi nella redazione della dichiarazione, incidenti sulla obbligazione tributaria. Nel caso in esame, non emergono fatti bisognosi di prova, poichè l’Agenzia non nega l’esistenza del credito,(avendo peraltro il contribuente come risulta dalla sentenza di primo grado, presentato tutta la documentazione inerente l’iva in eccedenza per il periodo de quo) ma incentra la propria contestazione soltanto sulla circostanza, di rilievo formale, dell’omessa presentazione della dichiarazione annuale.

Pertanto, in accoglimento del primo motivo, la sentenza va cassata e non sussistendo necessità di ulteriori accertamenti di fatto, il ricorso va deciso nel merito, con l’accoglimento per il profilo dinanzi indicato del ricorso originariamente proposto. Tenuto conto che la giurisprudenza applicata si è formata dopo la sentenza di appello, le spese del primo e secondo grado vanno compensate, con condanna della resistente al pagamento delle spese processuali del grado di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso e per l’effetto cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito accoglie il ricorso proposto dal contribuente avverso la cartella di pagamento impugnata. Compensa le spese dei gradi di merito e condanna la resistente al pagamento delle spese processuali di questo grado liquidate in Euro 4100,00 oltre oneri di legge e contributo unificato.

Così deciso in Roma, il 9 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 novembre 2020

 

 

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