Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24275 del 18/11/2011

Cassazione civile sez. VI, 18/11/2011, (ud. 25/10/2011, dep. 18/11/2011), n.24275

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 19912/2010 proposto da:

F.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata

in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 110, presso lo studio dell’avvocato

MARANDO FRANCESCA, rappresentata e difesa dall’avvocato MIGLIACCIO

Benino, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE SPA (OMISSIS) in persona del Presidente del

Consiglio di Amministrazione e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA L.G. FARAVELLI 22, presso lo

studio dell’avvocato MARESCA Arturo, che la rappresenta e difende,

giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1390/2010 della CORTE D’APPELLO di ROMA del

10.2.2010, depositata il 13/04/2010;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

25/10/2011 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE MELIADO’.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. RENATO

FINOCCHI GHERSI.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

Con sentenza in data 10.2/13.4.2010 la Corte di appello di Roma, in riforma della decisione di prime cure, rigettava la domanda proposta da F.F. nei confronti delle Poste Italiane per far dichiarare la nullità del termine apposto al contratto stipulato il 20.10.2001, ai sensi dell’art. 25, comma 2, del c.c.n.l. 11 gennaio 2001 per “esigenze di carattere straordinario conseguenti a processi di riorganizzazione, ivi ricomprendendo un più funzionale riposizionamento di risorse sul territorio, anche derivanti da innovazioni tecnologiche ovvero conseguenti all’introduzione e/o sperimentazione di nuove tecnologie, prodotti o servizi”.

Per la cassazione della sentenza propone ricorso F. F. con due motivi.

Resistono con controricorso, illustrato con memoria, le Poste Italiane. 1. Con i motivi proposti la ricorrente lamenta violazione di legge (art. 1362 c.c., e segg.; L. n. 230 del 1962; L. n. 56 del 1987) e della contrattazione collettiva applicabile (art. 25 ccnl 11 gennaio 2001), nonchè vizio di motivazione.

Al riguardo osserva che la corte territoriale aveva omesso di considerare che la delega in bianco conferita dal legislatore con la L. n. 56 del 1987, art. 23, in virtù del quale risultava autorizzata pure l’ipotesi contrattuale di cui all’art. 25 del CCNL 2001, inserendosi, comunque, nel sistema della L. n. 230 del 1962 e non apparendo idonea a ribaltare il rapporto – di regola eccezione – che continua a sussistere fra il contratto a tempo indeterminato e quello temporaneo, presupponeva, la prove delle ragioni giustificative addotte a fondamento dell’assunzione (per come, nel caso, non era affatto avvenuto) e che la stessa (omettendo di esaminare la relativa questione) aveva, altresì, erroneamente mancato di individuare quale condizione per l’operatività della clausola di durata l’esperimento dei previsti confronti con le organizzazioni sindacali, stabiliti, invece, quali condizioni di validità delle relative assunzioni.

2. I motivi appaiono manifestamente infondati, alla luce dei precedenti di questa Suprema Corte, e gli stessi non offrono elementi per confermare o modificare l’orientamento della stessa.

Si deve, al riguardo, premettere che questa Suprema Corte, decidendo in casi analoghi (v. fra le altre Cass. 26 settembre 2007 n. 20162;

Cass. 1 ottobre 2007 n. 20608), ha cassato le pronunce di merito che hanno dichiarato illegittimo il termine apposto a contratti stipulati in base alla previsione della norma contrattuale dell’art. 25 del CCNL del 2001, osservando, in linea generale, che la L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23, nel demandare alla contrattazione collettiva la possibilità di individuare – oltre le fattispecie tassativamente previste dalla L. 18 aprile 1962, n. 230, art. 1 e successive modifiche – nuove ipotesi di apposizione di un termine alla durata del rapporto di lavoro, configura una vera e propria “delega in bianco” a favore delle organizzazioni sindacali, le quali pertanto, non sono vincolate all’individuazione di figure contrattuali comunque omologhe a quelle previste per legge (principio ribadito dalle Sezioni Unite di questa Suprema Corte con sentenza 2 marzo 2006 n. 4588), e che in attuazione della sopra citata “delega in bianco” le parti sindacali hanno legittimamente individuato, quale ipotesi autorizzativa della stipulazione di contratti a termine, quella di cui al citato art. 25, comma 2, del c.c.n.l. 11 gennaio 2001.

In specie, quale conseguenza della suddetta delega conferita dal citato art. 23, questa Corte ha precisato che le organizzazioni sindacali, senza essere vincolate alla individuazione di figure di contratto a termine comunque omologhe a quelle previste per legge, possono legittimare il ricorso al contratto di lavoro temporaneo per causali di carattere oggettivo ed anche – alla stregua di esigenze riscontrabili a livello nazionale o locale – per ragioni di tipo meramente “soggettivo”, costituendo l’esame congiunto delle parti sociali sulle necessità del mercato idonea garanzia per i lavoratori e per un’efficace salvaguardia dei loro diritti.

In tal contesto, si è, quindi, rilevato, con orientamento acquisito ed espressamente tenuto presente dai giudici di appello (v. Cass. 1 ottobre 2007 n. 20608, Cass. 25 gennaio 2008 n. 1655), che l’accordo del 18 gennaio 2001 non può che essere considerato “come espletamento della procedura di confronto sindacale prevista dallo stesso art. 25 del contratto collettivo”, deponendo in tal senso il senso letterale delle espressioni utilizzate nell’accordo stesso, laddove prevede, con riferimento ai processi di riorganizzazione e ristrutturazione aziendale, che “…le OO.SS….convengono…che i citati processi, tuttora in corso, saranno fronteggiati in futuro anche con il ricorso a contratti a tempo determinato, stipulati nel rispetto della nuova disciplina pattizia definita dal CCNL 11.1.2001”.

3. Il ricorso va, pertanto, rigettato. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 30,00 per esborsi ed in Euro 2.500,00 per onorari, oltre a spese generali, I.V.A. e C.P.A..

Così deciso in Roma, il 25 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2011

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