Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24275 del 09/09/2021

Cassazione civile sez. VI, 09/09/2021, (ud. 25/02/2021, dep. 09/09/2021), n.24275

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10086-2020 proposto da:

O.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato DAVIDE VERLATO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 3979/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 30/09/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 25/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ANDREA

FIDANZIA.

 

Fatto

RILEVATO

– che viene proposto da O.G., cittadino della Nigeria, affidandolo a due motivi, ricorso avverso la sentenza della Corte d’Appello di Venezia che ha rigettato l’appello proposto dall’odierno ricorrente avverso l’ordinanza del Tribunale di Venezia del 18.4.2019 che ha rigettato il ricorso avverso il provvedimento negativo della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale;

– che il Ministero intimato si è costituito tardivamente in giudizio ai soli fini di un’eventuale partecipazione all’udienza di discussione;

– che sono stati ritenuti sussistenti i presupposti ex art. 380-bis.

Diritto

CONSIDERATO

1. che con il primo motivo è stata dedotta la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, e art. 27, comma 1-bis, sul rilievo che nessuna corretta informazione è stata acquisita d’ufficio dalla Corte d’Appello sulla situazione generale dello Stato di origine del richiedente, così da poter integrare una possibile condizione di vulnerabilità ai fini della concessione della protezione umanitaria;

2. che con il secondo motivo è stato dedotto l’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett c), e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, nonché possibile violazione dell’art. 8 CEDU;

che, in particolare, lamenta il ricorrente che il giudice d’appello si è limitato ad escludere una situazione di vulnerabilità personale in via apodittica sulla base di un presunto onere di allegazione non assolto, senza considerare la situazione complessiva del paese di origine, e i rischi cui sarebbe stato lo stesso esposto in caso di rientro in patria, con possibile compromissione dei diritti fondamentali della persona;

che è stata omessa la valutazione sui diritti fondamentali che deve essere considerata insieme alla integrazione sociale raggiunta in Italia;

che il rigetto della protezione sussidiaria è stato, ad avviso del ricorrente, motivato con una valutazione in ordine all’insussistenza di una violenza generalizzata ed indiscriminata che appare smentita da numerosi fonti di informazioni recenti, atteso che, come dallo stesso evidenziato nella parte narrativa, la zona dell’Edo State è caratterizzata da una grave situazione di instabilità ed insicurezza, ovvero da una forma di conflitto a bassa intensità, essendo elevato il rischio di atti terroristici e rapimenti;

che entrambi i motivi, da esaminarsi unitariamente in relazione alla connessione delle questione trattate (in entrambi il ricorrente ha lamentato il rigetto della protezione umanitaria), sono inammissibili, oltre che manifestamente infondati;

che, in particolare, in ordine alla lamentata violazione dell’art. 14, lett c) (da esaminarsi prioritariamente, avendo il ricorrente chiesto in primis la concessione della protezione sussidiaria e solo in subordine quella umanitaria), va preliminarmente osservato che, anche recentemente, questa Corte ha statuito che, ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, a norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), la nozione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, deve essere interpretata, in conformità con la giurisprudenza della Corte di giustizia UE (sentenza 30 gennaio 2014, in causa C-285/12), nel senso che il grado di violenza indiscriminata deve avere raggiunto un livello talmente elevato da far ritenere che un civile, se rinviato nel Paese o nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia (Cass. n. 13858 del 31/05/2018);

che, nel caso di specie, il Tribunale ha accertato – mediante il ricorso a diverse fonti internazionali aggiornate – l’insussistenza di una situazione di violenza indiscriminata nella regione dell’Edo State della Nigeria ed il relativo accertamento costituisce apprezzamento di fatto di esclusiva competenza del giudice di merito non censurabile in sede di legittimità (Cass. 2/12/2018 n. 32064);

che ne consegue che le censure del ricorrente – il quale non si è neppure confrontato minimamente con il preciso rilievo del giudice di merito secondo cui la situazione di violenza generalizzata era localizzata in Nigeria nella sola zona del nord-est del paese a causa delle violenze perpetrate dal gruppo terroristico (OMISSIS) – si appalesano come di merito, e, come tali inammissibili in sede di legittimità, essendo finalizzate a sollecitare una diversa ed alternativa ricostruzione dei fatti rispetto a quella operata dal giudice di merito (Cass. n. 8757 del 2017) e sono comunque generiche, essendo generico il riferimento alle fonti alternative alle C.O.I. indicate nel decreto impugnato; che, quanto alla protezione umanitaria, va preliminarmente osservato che è orientamento consolidato di questa Corte secondo cui, nella valutazione della condizione di vulnerabilità, pur dovendosi partire dalla situazione oggettiva del paese di provenienza, questa deve essere necessariamente correlata alla condizione personale che ha determinato la ragione della partenza, dal momento che, ove si prescindesse dalla vicenda personale del richiedente, si finirebbe per prendere in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, ma piuttosto quella del suo paese d’origine in termini del tutto generali ed astratti, e ciò in contrasto con il parametro normativo di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 (in questi termini Cass. n. 4455 del 23/02/2018);

che anche in questa sede il ricorrente, anche nel prospettare una eventuale compromissione dei diritti fondamentali, non ha fatto altro che far riferimento alla situazione generale del paese, senza minimamente correlarla alla sua condizione personale, né possono avere rilievo, ai fini della concessione della protezione umanitaria, i dedotti maltrattamenti subiti nel paese di transito (Libia), non avendo il ricorrente neppure dedotto un’attuale compromissione delle condizioni psico-fisiche per effetto di quell’esperienza; che, infine, in ordine alla integrazione sociale – profilo che, peraltro, non risulta oggetto di trattazione innanzi ai giudici di merito – il ricorrente non ha considerato che, secondo il costante orientamento di questa Corte, tale elemento può essere sì considerato in una valutazione comparativa al fine di verificare la sussistenza della situazione di vulnerabilità, ma non può, tuttavia, da solo esaurirne il contenuto (vedi sempre Cass. n. 4455 del 23/02/2018);

5. che non si liquidano le spese di lite in relazione all’inammissibilità della costituzione tardiva del Ministero dell’Interno.

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 25 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2021

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