Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24271 del 29/11/2016


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Cassazione civile sez. lav., 29/11/2016, (ud. 04/10/2016, dep. 29/11/2016), n.24271

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21323-2011 proposto da:

D.G.A. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIALE MAZZINI 6, presso lo studio dell’avvocato ENRICO

FOLLIERI, rappresentata e difesa dall’avvocato MARIO PALUMBO, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DEI BENI E DELLE ATTIVITA’ CULTURALI, in persona del

Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA,

ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12 (Atto di costituzione del 15/12/2011);

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 5145/2010 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 20/12/2010 R.G.N. 150/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/10/2016 dal Consigliere Dott. TRICOMI IRENE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO PAOLA che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Corte d’Appello di Bari, con la sentenza n. 5145 del 2010, rigettava l’impugnazione proposta da D.G.A., nei confronti del Ministero dei beni e delle attività culturali, avverso la sentenza emessa l’11 ottobre 2007 dal Tribunale di Lucera, con la quale il giudice di primo grado aveva rigettato la domanda con la quale la lavoratrice, dipendente del Ministero suddetto, inquadrata nel livello retributivo C3 del CCNL, con decorrenza 18 aprile 1995, in seguito alla sentenza n. 250 del 2003 del Tribunale di Lucera, aveva chiesto la condanna del Ministero al pagamento, con riferimento al periodo dal 1 gennaio 2001 al 28 febbraio 2006, dell’importo di Euro 8.249,86, oltre interessi legali, a titolo di beneficio economico di cui al Decreto n. 1163 del 27 gennaio 2001.

2. Per la cassazione della sentenza di appello ricorre la D.G. prospettando due motivi di ricorso.

3. L’Avvocatura generale dello Stato, per il Ministero ha depositato atto di costituzione al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa. All’udienza collegiale la difesa dell’Amministrazione non è comparsa.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. In via preliminare, è opportuno ricapitolare la vicenda oggetto del giudizio.

1.1. Il Tribunale di Lucera, con la sentenza n. 250/03, accoglieva il ricorso proposto da D.G.A. e dichiarava il diritto della stessa ad essere inquadrata nella 9^ qualifica funzionale, livello retributivo C3, del CCNL in vigore; a far data dal 18 aprile 1995; con Decreto Dirigenziale n. 13927 del 30 settembre 2004 interveniva l’inquadramento nel profilo professionale di “archivista di Stato direttore coordinatore”, area C, posizione economica C3, a far data dal 18 aprile 1995.

1.2. Con decreto del segretario generale presso il Ministero prot. n. (OMISSIS) del 27 gennaio 2003, art. 2, veniva stabilito che “a decorrere dall’anno 2001, al personale di cui all’unito elenco, che è parte integrante del decreto, inquadrato nei profili professionali appartenenti alla posizione economica C3 che ha prodotto istanza di partecipazione allo scrutinio di cui al D.D. del 12 luglio 2001 citato nelle premesse, viene attribuito un acconto, salvo conguaglio, sulla corresponsione del beneficio economico C3 “super” (comprensivo della tredicesima mensilità) pari a Euro 1600,72 annui lordi.

Detto scrutinio aveva ad oggetto il conferimento di 1500 posizioni C3 super, ed era riservato ai dipendenti del ruolo del Ministero inquadrati alla data del 31 dicembre 1999 nel profilo professionale C3.

La D.G., quindi, aveva chiesto, in ragione della sentenza del Tribunale di Lucera n. 250/03, il riconoscimento del beneficio di cui al Decreto n. 1163 del 2013, dovendosi ritenere ammessa, ora per allora, allo scrutinio del 12 luglio 2001 per il conferimento della posizione C3 super.

La domanda era stata rigettata dal Tribunale di Lucera con sentenza dell’11 ottobre 2007, che veniva confermata dalla Corte d’Appello.

La Corte d’Appello, come già il giudice di primo grado, affermava che l’appellante avrebbe potuto rendersi diligente e avanzare, sia pure in via cautelativa, domanda di partecipazione alla selezione, riservandosi di produrre la documentazione necessaria all’esito del giudizio, eventualmente allegando copia del ricorso già depositato dinanzi al Tribunale di Lucera.

La Corte d’Appello riteneva non fondata la censura di violazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 45, prospettata dalla D.G. in ragione della circostanza di essere l’unica dipendente del Ministero a non godere del beneficio economico corrispondente alla posizione C3 super.

2. Tanto premesso può passarsi all’esame dei motivi di ricorso.

3. Con il primo motivo di impugnazione la lavoratrice prospetta violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione e falsa applicazione di norme di diritto.

Nessuna responsabilità per negligenza doveva essere addebitata ad essa lavoratrice, atteso che la stessa, si era affrettata a comunicare al Ministero di appartenenza che la domanda, a suo tempo inoltrata per il riconoscimento del livello Cl super, doveva ritenersi proposta per il riconoscimento del livello C3 super, poichè medio tempore era intervenuta la sentenza n. 250/03 del Tribunale di Lucera, che le aveva attribuito la qualifica di archivista di Stato C3.

Ciò tenuto conto che lo scrutinio per i 1500 posti C3 super era riservato ai dipendenti inquadrati, al 31 dicembre 1999, in profili professionali appartenenti alla posizione economica C3.

Con il Decreto 27 settembre 2004 essa ricorrente aveva conseguito l’inquadramento nell’area C, posizione economica C3, con decorrenza 18 aprile 1995.

Nè ad essa ricorrente, poichè non poteva conoscere l’esito favorevole del giudizio che aveva incardinato presso il Tribunale di Lucera, poteva essere addebito un comportamento poco diligente.

4. Con il secondo motivo di ricorso è dedotto il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo del giudizio.

La ricorrente ricorda, in particolare, di aver dedotto in appello di essere l’unica dipendente del Ministero che non godeva del beneficio corrispondente alla posizione C3 super, con violazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 45.

La Corte d’Appello ripeteva e condivideva la motivazione del Tribunale, così palesando vizio di motivazione nel ritenere che essa lavoratrice dovesse avanzare domanda in via cautelativa e nell’affermare che non sussisteva la violazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 45.

Il giudice di secondo grado ripeteva la motivazione del primo giudice senza fornire una esaustiva risposta ai motivi che erano stati proposti per censurare la sentenza impugnata.

5. I suddetti motivi devono essere trattati congiuntamente in ragione della loro connessione. Gli stessi non sono fondati.

5.1. Occorre rilevare che la Corte di cassazione, in ragione della funzione nomofilattica ad essa affidata dall’ordinamento, nonchè dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo, di cui all’art. 111 Cost., comma 2, ha il potere di correggere la motivazione ex art. 384 c.p.c., u.c., anche nel caso di motivazione solo apparente, come prospettato nel caso di specie con il secondo motivo di ricorso; ciò in quanto la mancanza di motivazione su questione di diritto e non di fatto deve ritenersi irrilevante, ai fini della cassazione della sentenza, qualora il giudice del merito sia comunque pervenuto ad un’esatta soluzione del problema giuridico sottoposto al suo esame. In tal caso, la Corte di cassazione procede mediante l’enunciazione delle ragioni che giustificano in diritto la decisione assunta, sempre che si tratti di questioni che non richiedano ulteriori accertamenti in fatto (Cass., sentenze n. 16157 del 2016, n. 23989 del 2014).

5.2. Nella specie, tale potere deve essere esercitato essendo conforme a diritto il dispositivo, mentre, la motivazione, ex art. 384 c.p.c., comma 4, deve essere integrata come di seguito esposto.

5.3. In materia di pubblico impiego contrattualizzato, il datore di lavoro pubblico non ha il potere di intervenire con atti autoritativi in materia di inquadramento, in quanto il rapporto è regolato esclusivamente dai contratti collettivi e dalle leggi sul rapporto di lavoro privato (Cass., S.U., sentenze n. 21744 del 2009 e n. 28058 del 2008; Cass., n. 25761 del 2008).

L’atto di inquadramento, nel pubblico impiego contrattualizzato, dunque, esula dall’ambito degli atti autoritativi e si iscrive nella categoria degli atti negoziali di autonomia privata, espressione della potestà organizzativa e gestionale dei rapporti di lavoro già costituiti, propria del pubblico impiego contrattualizzato, in quanto tali assoggettati ai principi fondamentali del diritto privato adottati con la capacità e i poteri del datore di lavoro privato.

5.4. La natura costitutiva dell’atto di inquadramento, che non è non esclusa dal suo difetto di autoritatività, determina che l’intervenuto riconoscimento retroattivo dell’inquadramento medesimo ai fini giuridici ed economici non può tuttavia spiegare effetti ulteriori (quali quelli richiesti dalla ricorrente) proprio in virtù della dichiarata natura dell’atto.

In altri termini, gli effetti costitutivi dell’atto sono esclusivamente quelli indicati nell’atto medesimo e quelli che in virtù della sua adozione si verificano in tempo successivo.

5.5. Nella specie, peraltro, è pacifico tra le parti, che anche il passaggio in giudicato della sentenza che riconosceva alla lavoratrice l’inquadramento nella 9^ qualifica funzionale, livello retributivo C3 del CCNL, a far data dal 18 aprile 1995, oltre all’adozione dell’atto di inquadramento medesimo, interveniva successivamente allo scrutinio che 12 luglio 2001 (anche a considerare quale termine decadenziale per la presentazione della domanda il 20 novembre 2011, come esposto in ricorso, rispetto a quello dell’8 novembre 2011 indicato nella sentenza di appello), la partecipazione al quale costituiva il presupposto per ottenere il beneficio economico di cui al Decreto n. 1163 del 2003. Nè, come afferma la Corte d’Appello, la D.G. aveva chiesto di essere ammessa allo scrutinio, sia pure con riserva, nella pendenza del giudizio già depositato dinanzi al Tribunale di Lucera.

Pertanto, l’attribuzione della posizione C3, in ogni caso interveniva in tempo non utile per la partecipazione allo scrutinio del 2001, nè poteva intendersi come tale la domanda di partecipazione allo scrutinio per C1 super.

5.6. Di conseguenza, non sono, altresì, ravvisabili i suddetti vizi in relazione alla prospettata violazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 45, tenuto conto del tenore letterale dello stesso, in particolare secondo comma (Le amministrazioni pubbliche garantiscono ai propri dipendenti di cui all’art. 2, comma 2, parità di trattamento contrattuale e comunque trattamenti non inferiori a quelli previsti dai rispettivi contratti collettivi), come peraltro richiamato dalla Corte d’Appello, atteso che per le ragioni sopra esposte, la posizione della ricorrente si differenzia da quella degli altri lavoratori che partecipavano allo scrutinio.

6. Il ricorso deve essere rigettato.

7. Nulla spese atteso che la difesa dell’Amministrazione non ha partecipato all’udienza pubblica.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 4 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 29 novembre 2016

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