Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24271 del 03/11/2020

Cassazione civile sez. III, 03/11/2020, (ud. 01/07/2020, dep. 03/11/2020), n.24271

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. OLIVIERI Stefano – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7089/2018 proposto da:

B.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA L. BISSOLATI

76, presso lo studio dell’avvocato TOMMASO SPINELLI GIORDANO, che lo

rappresenta e difende unitamente agli avvocati ANDREA OSTINI,

GIUSEPPE RUSSO;

– ricorrenti –

contro

BO.GI., L.A. O P.A.;

– intimati –

nonchè da:

BO.GI., L.A. O P.A., considerati domiciliati

in ROMA presso la CANCELLERIA DELLA, CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentati e difesi dall’avvocato EMANUELA ROSSI;

– ricorrenti incidentali –

contro

B.R. elettivamente domiciliato in ROMA, VIA L. BISSOLATI

76, presso lo studio dell’avvocato TOMMASO SPINELLI GIORDANO, che lo

rappresenta e difende unitamente agli avvocati ANDREA OSTINI,

GIUSEPPE RUSSO;

– controricorrente all’incidentale –

avverso la sentenza n. 1885/2017 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 18/08/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio in

data 1/07/2020 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

B.R. convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di Vercelli, Bo.Gi. e L.P. (o P.A.), chiedendo l’accertamento del suo credito nei confronti di quest’ultimo, la condanna dello stesso al pagamento del debito e la declaratoria di inefficacia nei suoi confronti del fondo patrimoniale costituito da quest’ultimo e dalla moglie di questi, Bo.Gi., mediante il trasferimento di un numero rilevante di beni immobili di sua proprietà.

A fondamento della domanda, l’attore dedusse che, con scrittura del 30 maggio 1978, il convenuto, in qualità di amministratore unico della (OMISSIS) S.r.l. (dichiarata fallita in data 10.1.2009), aveva riconosciuto nei suoi confronti la sussistenza di un credito di Lire 78.400.000 ed aveva assunto in proprio la responsabilità di tale pagamento nel caso in cui la società fosse stata liquidata o ceduta. Chiese, quindi, l’accertamento dell’ammontare del credito sulla base dei conteggi effettuati dalla Corte di appello di Torino nel 2013 nei suoi confronti e nei confronti di (OMISSIS) S.r.l., fallita.

Si costituì il L. contestando la scrittura privata del 1978 chiedendo con querela di falso che ne venisse dichiarata la falsità.

Dedusse il convenuto di aver rilasciato un foglio in bianco al B. e che questi lo aveva riempito con un contenuto contrario agli accordi intervenuti tra le parti. Chiese, inoltre, la sospensione del procedimento ex art. 295 c.p.c., per la pendenza di un giudizio tra l’attore e la (OMISSIS) S.r.l. volto ad accertare il credito oggetto della scrittura del 1978. Domandò il rigetto delle domande attoree e il risarcimento del danno derivante dalla immobilizzazione del fondo patrimoniale a seguito della trascrizione della domanda giudiziale revocatoria.

Si costituì la Bo. chiedendo il rigetto della domanda di inefficacia della costituzione del fondo patrimoniale e il risarcimento del danno, nei confronti dell’attore, per non aver potuto alienare alcuni beni immobili oggetto del fondo patrimoniale a causa della trascrizione della domanda ex art. 2901 c.c..

Con sentenza n. 179/2015, pubblicata in data 12 marzo 2015, il Tribunale adito accolse le domande del B. e condannò il L. al pagamento, in favore dell’attore, della somma di Euro 717.302,93 oltre rivalutazione ed interessi legali dal 29 settembre 2012 al saldo, dichiarando l’inefficacia nei confronti del B. del fondo patrimoniale costituito dai convenuti con atto pubblico del notaio Bi.Pa. del 6 dicembre 2005, rep. n. (OMISSIS).

Il Tribunale accertò e dichiarò, altresì, il diritto dell’attore a sottoporre ad esecuzione immobiliare i beni elencati nella domanda e rigettò le domande dei convenuti, condannandoli a rifondere le spese di lite in favore del B., nella misura del 70% il L. e del 30% la Bo..

Avverso tale decisione B.R. propose gravame sostenendo che il Tribunale aveva errato nel prevedere che la rivalutazione e gli interessi sulla somma di Euro 717.302,96 (somma così indicata a p. 6 della sentenza di appello e nel ricorso principale a p. 5), riconosciuta in suo favore, dovessero essere conteggiati a far tempo dal 29 settembre 2012 e non dal 10 gennaio 2009.

Nel costituirsi in quel grado il L. diede atto di avere anche lui interposto appello avverso la sentenza n. 179/2015 del Tribunale di Vercelli; chiese, per quanto ancora rileva in questa sede, che il gravame proposto ex adverso fosse rigettato con il favore delle spese e che l’appellante fosse condannato ex art. 96 c.p.c., commi e/o 3; in subordine, in considerazione del pagamento di Euro 478.512,78, già intervenuto a favore del B., e dei pagamenti che fossero sopravvenuti durante il processo, domandò il rigetto delle domande riportate nei primi due capi delle conclusioni di cui all’atto di citazione in appello.

Venne integrato il contraddittorio nei confronti di Bo.Gi., che si costituì, chiedendo in via preliminare la riunione dei procedimenti e, nel merito, accertato l’eventuale effettivo residuo credito del B. verso il L., l’accoglimento delle conclusioni formulate nel procedimento instaurato con l’appello proposto con il L..

Come già evidenziato, anche il L. e la Bo. interposero impugnazione contro la sentenza n. 179/2015 del Tribunale di Vercelli, deducendo che il Tribunale aveva errato: a) nell’avere qualificato l’obbligazione assunta dal L. quale espromissione; b) nell’avere pronunciato la condanna del L. al pagamento della somma di Euro 717.302,93, essendo contestata la esigibilità di qualsiasi somma fino all’avvenuta liquidazione della fallita debitrice (OMISSIS) S.r.l.; c) nell’avere pronunciato l’inefficacia di tutte le disposizioni patrimoniali (diritti su n. 112 appartamenti) senza considerare la sproporzione tra il valore dei diritti conferiti nel fondo patrimoniale e la residuale domanda attorea di accertamento del credito verso il L.; d) nell’avere calcolato erroneamente il debito, in quanto gli interessi sugli interessi non avrebbero potuto essere computati; e) nell’avere pronunciato condanna al pagamento delle spese di lite a carico dei convenuti.

Nel giudizio instaurato con l’appello da ultimo indicato si costituì il B., che, per quanto ancora rileva in questa sede, chiese il rigetto del gravame del L. e della Bo., con il favore delle spese di lite.

La Corte di appello, riuniti i già menzionati procedimenti, con sentenza n. 1885/2017, pubblicata il 18 agosto 2017, rigettò l’appello proposto da L.P. e Bo.Gi. e quello proposto da B.R., e, per l’effetto, confermò la sentenza n. 179/2015 del Tribunale di Vercelli e dichiarò il L. tenuto a pagare al B. la somma di 717.302,93 oltre rivalutazione e interessi legali dal 29 settembre 2012 al saldo; condannò il L. a pagare al B. la somma di Euro 717.302,93, oltre rivalutazione e interessi legali dal 29 settembre 2012 al saldo, detratte le somme già versate a quest’ultimo dal Fallimento (OMISSIS) S.r.l., e precisamente Euro 478.512,78 (versamento in data 30 giugno 2015) ed Euro 132.914,31 (versamento in data 13 aprile 2016); condannò il L. e la Bo., in solido, alle spese del giudizio di secondo grado.

Avverso la sentenza della Corte di merito B.R. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi.

Il L. e la Bo. hanno resistito con controricorso contenente pure ricorso incidentale articolato in cinque motivi e hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Ricorso principale.

1. Con il primo motivo si lamenta “quanto al preteso giudicato esterno, il vizio di violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione agli. artt. 2909 c.c. e 324 c.p.c., nella parte in cui la Sentenza ha ritenuto che sulla pronuncia della Corte d’Appello di Torino n. 243/2013 si sia formato un giudicato che precluderebbe al Dott. B. accertamenti ulteriori sulla quantificazione del proprio credito nei confronti del L., senza rilevare la diversità soggettiva ed oggettiva esistente tra i due giudizi” (v. sintesi del motivo a p. 6 deI ricorso).

2. Con il secondo motivo si deduce, “sempre con riferimento all’asserito giudicato esterno, il vizio di violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’art. 2009 c.c. (recte art. 2909), art. 12 preleggi e L. Fall., art. 55, nella parte in cui la Sentenza ha affermato che la pronuncia n. 234/2013 avrebbe efficacia di giudicato esterno, omettendo di interpretarne, ovvero interpretandone erroneamente, la portata decisoria e senza così considerare che quel giudizio verteva nei confronti di una procedura fallimentare, ciò che determinava la necessità di quantificare il credito controverso secondo la disciplina delle obbligazioni pecuniarie propria del fallimento ai sensi della L. Fall., richiamato art. 55” (v. sintesi del motivo a p. 7 del ricorso).

3. Con il terzo motivo si denuncia, “quanto al preteso giudicato interno: (i) il vizio di violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’art. 1272 c.c. e L. Fall., art. 55, nella parte in cui la Sentenza ha ritenuto che il Dott. B. avrebbe mancato di impugnare l’affermazione del Tribunale per cui il suo credito verso L. coinciderebbe con quello verso il Fallimento (OMISSIS), precludendogli la possibilità di chiedere il pagamento di somme ulteriori rispetto a quelle accertate in altra sede, non costituendo tale affermazione un capo autonomo della decisione di primo grado nè un effetto consequenziale alla qualificazione del rapporto sub judice come espromissione; (ii) il vizio di nullità della Sentenza ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione all’art. 2909 c.c. e art. 224 c.p.c. e all’art. 112 c.p.c., per avere la Corte erroneamente interpretato l’impugnazione del Dott. B.” (v. sintesi del motivo a p. 7 del ricorso).

4. I tre motivi sopra riportati – che, essendo strettamente connessi, ben possono essere esaminati congiuntamente – sono fondati.

4.1. Va evidenziato che la qualificazione del rapporto in causa e di cui alla dichiarazione del 301 maggio 1978 come espromissione cumulativa, operata dalla Corte di merito – che ha confermato sul punto la qualificazione del Tribunale – non è ormai più in questione, stante l’inammissibilità delle doglianze sul punto proposte con il ricorso incidentale (v. oltre).

Nella specie siamo, quindi, in presenza di un “fascio di rapporti obbligatori” aventi ad oggetto una medesima prestazione riconducibile allo schema tipico delle obbligazioni solidali, come previsto, in modo inequivoco, dall’art. 1272 c.c., per il caso in cui il creditore non dichiari espressamente di liberare il debitore originario.

Essendo, pertanto, (OMISSIS) S.r.l. (espromessa) e L. (espromittente) coobbligati solidali per l’originario debito della società appena indicata, il creditore ben può agire per l’intero separatamente nei confronti di ciascun condebitore, in applicazione della disciplina delle obbligazioni solidali. Inoltre, gli effetti indiretti prodotti dal giudicato sui distinti rapporti tra i singoli coobbligati ed il medesimo creditore sono regolati dell’art. 1306 c.c., comma 2; ne consegue che il coobbligato che è rimasto estraneo al giudizio in cui si è formato il giudicato, ove se ne voglia avvalere, deve espressamente opporre eccezione al riguardo nel giudizio in cui sia stato convenuto dal creditore.

4.2. Va sottolineato che il presente giudizio e quello conclusosi con la sentenza della Corte di appello di Torino in sede di rinvio del 30 gennaio 2013, n. 234 sono autonomi, non essendovi coincidenza nè soggettiva nè oggettiva, evidenziandosi, a tale ultimo riguardo, che nel presente giudizio è stata proposta pure domanda revocatoria.

4.3. Tanto premesso, va rilevato che la Corte di merito ha del tutto pretermesso tale questione e ha inammissibilmente esteso ex officio l’effetto del giudicato inter alios – formatosi nel distinto processo tra il creditore e l’altro coobbligato, in cui l’intervento volontario del L. in sede di rinvio era stato dichiarato inammissibile dalla Corte di appello – ritenendo peraltro, che tale effetto si sarebbe prodotto perchè il B. non ha interposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di merito n. 234 del 30 gennaio 2013, resa in sede di rinvio.

Orbene, il L. a p. 6 del controricorso, contenente pure ricorso incidentale e presentato unitamente a Bo.Gi., sostiene di aver prodotto davanti al Tribunale di Vercelli la sentenza del 30 gennaio 2013 – peraltro indicandola con il n. 177 – della Corte di appello di Torino, opponendola al creditore e sollevando la relativa eccezione ex art. 1306 c.c., comma 2, ma non specifica precisamente quando e in quale atto abbia sollevato tale eccezione, nè riporta in quali esatti termini tale eccezione sarebbe stata proposta, sicchè non fornisce al riguardo alcun riscontro verificabile, con conseguente difetto di specificità. Nè tale eccezione emerge in alcun modo dalla descrizione delle vicende processuali contenuta nel ricorso B. e neppure la proposizione di tale eccezione può ricavarsi implicitamente dai motivi di gravame proposti dal L. e riportati a p. 3-4 della sentenza impugnata in questa sede.

Parimenti fondate sono le ulteriori doglianze con cui il B.: a) lamenta che la Corte di merito non abbia considerato il motivo di appello con cui aveva rilevato, sostanzialmente, che il 9 gennaio 2009, data dichiarativa del fallimento di (OMISSIS) S.r.l., si era determinata la cd. “cristallizzazione” – ai sensi della L. Fall., art. 55 – del credito, con il blocco della maturazione degli ulteriori interessi, “cristallizzazione” non applicabile con riferimento al L., che non è fallito; b) denuncia, altresì, che la medesima Corte di merito non abbia “esaminato e interpretato la portata decisoria della decisione n. 234/2013” e c) si duole del fatto che tra la dichiarazione di fallimento e la data di emissione della appena ricordata sentenza (28 settembre 2012) non siano stati riconosciuti interessi e rivalutazione.

Osserva questa Corte che, contrariamente a quanto affermato dalla Corte di merito e come si evince dalla stessa motivazione della sentenza impugnata – in cui è riportato, a p. 19, in sintesi, l’unico

motivo di appello del B. quest’ultimo ha senza dubbio alcuno

con tale mezzo censurato, in sostanza, la statuizione del Tribunale secondo cui il credito nei confronti del L. corrispondeva al credito nei confronti del fallimento (OMISSIS) S.r.l., proprio lamentando la mancata applicazione degli interessi e della rivalutazione dal 9 gennaio 2009, sicchè sul punto, a differenza di quanto ritenuto dalla Corte di merito, non si è formato alcun giudicato interno.

Va poi rimarcato che il Tribunale di Vercelli ha espressamente fatto riferimento alla quantificazione del credito del B. sulla base della relazione del collaboratore del curatore del fallimento (OMISSIS) S.r.l. e ha ritenuto che “la somma così individuata andrà corrisposta dal sig. L. all’attore con rivalutazione e interessi legali a decorrere dal 29.9.12 (data di emissione della sentenza 28.9.12)”, e che, pur indicandosi, nella sentenza di primo grado, che tale quantificazione “è avvenuta con riferimento all’anno 2012”, risulta, invece, dalla predetta relazione e dai relativi conteggi che il calcolo è stata eseguito per il periodo 28 novembre 1975 (data della fattura) – 9 gennaio 2009 (data del fallimento), tenendosi così conto della cd. “cristallizazione”, non applicabile con riferimento al L., che non è fallito, come correttamente denunciato dal ricorrente.

5. Con il quarto motivo si denuncia “la nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione all’art. 115 c.p.c., nella parte in cui la Corte di appello (e prima di essa il Trib di Vercelli) non ha correttamente percepito il contenuto oggettivo della relazione C. del 19 ottobre 2010 e dei conteggi ivi allegati, mancando così di decidere la causa sulla base delle prove offerte dalle parti”.

5.1. L’esame del quarto motivo resta assorbito dall’accoglimento dei primi tre motivi del ricorso principale.

Ricorso incidentale.

6. Con il primo motivo del ricorso incidentale, denunciando “Violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’art. 1371 c.c., conseguente alla qualificazione del titolo dedotto in giudizio quale espromissione e non fideiussione”, i ricorrenti incidentali lamentano che la Corte di merito abbia rigettato il motivo di gravame da essi proposto con cui avevano contestato la qualificazione giuridica del titolo dedotto in giudizio quale espromissione operata dal Tribunale e al riguardo sostengono che il L. è stato evocato in giudizio dal B. quale fideiussore e che, ai sensi dell’art. 1371 c.c., “il negozio deve essere interpretato nel senso meno gravoso per l’obbligato”.

6.1. Il motivo è inammissibile, per l’assorbente rilievo che non è riportato, nel mezzo all’esame, il tenore letterale della scrittura privata oggetto della qualificazione operata dai giudici di merito, in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6 e con conseguente preclusione di qualsiasi verifica sul punto da parte di questa Corte.

7. Con il secondo motivo, denunciando “Violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’art. 112 c.p.c. (vizio di ultra petizione) con riferimento al titolo dedotto in giudizio ed alla causa petendi (fideiussione)”, i ricorrenti incidentali sostengono che i giudici di merito sarebbero incorsi nel vizio di ultrapetizione, in quanto avrebbero pronunciato sentenza di condanna del L. in virtù di una causa petendi diversa da quella espressamente ed univocamente vantata da B..

7.1. Il motivo è inammissibile, non confrontandosi lo stesso specificamente con le ampie argomentazioni svolte dalla Corte di merito in relazione al potere officioso del Giudice di qualificazione del rapporto sottoposto al suo esame.

8. Con il terzo motivo, lamentando “Violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’art. 2901 c.c., con riferimento all'”eventus damni”, i ricorrenti incidentali deducono l’irragionevolezza, nella specie, della misura revocatoria in relazione ad un credito eventuale, chiedendo la riforma del capo della sentenza che ha accolto integralmente la domanda ex art. 2901 c.c., anche con restitutio ad aequitatem.

8.1. Il motivo è inammissibile, difettando del tutto la critica agli argomenti posti in sentenza a fondamento del rigetto del motivo di appello proposto, sostanzialmente, con riferimento alle medesime questioni ora prospettate (v. sentenza impugnata p. 15), sicchè le censure ora sollevate sono prive di attinenza al decisum della sentenza impugnata.

9. Con il quarto motivo, denunciando “Violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’art. 2902 c.c., sulla efficacia della azione revocatoria (inciso “accertamento del diritto di procedere ad esecuzione forzata”)”, i ricorrenti incidentali sostengono che il Tribunale e la Corte di appello, la quale ha confermato la sentenza di primo grado, non avrebbero potuto “pronunciare la costituzione in capo al creditore del diritto di “sottoporre ad esecuzione immobiliare” tutti gli immobili confluiti nel fondo patrimoniale”, atteso che l’effetto dell’azione revocatoria è “l’inefficacia relativa degli atti di disposizione e non il diritto di procedere ad esecuzione immobiliare” mentre “il diritto a procedere ad esecuzione forzata è pronuncia tipica del Giudice dell’esecuzione”.

9.1. Il motivo è inammissibile per le medesime ragioni, mutatis mutandis, già espresse al p. 8.1. in relazione al terzo motivo (v. ratio decidendi espressa sul punto a p. 15-16 della sentenza impugnata).

10. Con il quinto motivo, rubricato “Violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’art. 112 c.p.c. e art. 1283 c.c., con riferimento al computo degli interessi anatocistici nei confronti di L.”, si censura la sentenza impugnata per aver quantificato “l’obbligazione assunta dal L…. nella stessa misura fissata dalla Corte di Torino a carico di (OMISSIS) srl” in quanto, ad avviso dei ricorrenti incidentali, nessuna domanda giudiziale volta ad ottenere gli interessi anatocistici sarebbe stata proposta nei confronti del L., essendo stata tale domanda avanzata unicamente nei confronti di (OMISSIS) S.r.l..

10.1. Anche il motivo ora all’esame è inammissibile per difetto di specificità e conseguente violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 3, non essendo stata riportata, nei suoi esatti termini, nel mezzo in scrutinio, la domanda proposta da B. nei confronti di L. nè essendo stato trascritto, come già evidenziato, il tenore letterale della scrittura privata con cui il L. ha assunto in proprio l’obbligazione di (OMISSIS) S.r.l..

Conclusioni.

11. Conclusivamente, vanno accolti i primi tre motivi del ricorso principale, assorbito il quarto motivo del medesimo ricorso; va dichiarato inammissibile il ricorso incidentale; la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti e la causa va rinviata, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Torino in diversa composizione.

12. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte dei ricorrenti incidentali, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso incidentale.

PQM

La Corte accoglie i primi tre motivi del ricorso principale, assorbito il quarto motivo del medesimo ricorso; dichiara inammissibile il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Torino in diversa composizione; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte dei ricorrenti incidentali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 1 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 3 novembre 2020

 

 

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