Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24269 del 28/10/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 24269 Anno 2013
Presidente: MIANI CANEVARI FABRIZIO
Relatore: VENUTI PIETRO

SENTENZA

sul ricorso 28312-2010 proposto da:
in persona del legale

U.T.A. S.R.L. 02568990234,

rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, VIA
LIMA 28, presso lo studio dell’avvocato ALBANESE
MARIO, rappresentata e difesa dall’avvocato DIAN
RENZO, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013
contro

2519

EMILIANI
dell’impresa

FAUSTO

MLNFST54B15L196S,

individuale

G.E.

titolare

RAPPRESENTANZE

DI

EMILIANI FAUSTO, domiciliato in ROMA, VIALE GORIZIA

Data pubblicazione: 28/10/2013

25-C, presso lo studio dell’avvocato FALINI GIORGIO,
rappresentato e difeso dall’avvocato FUSCO GIANFRANCO,
giusta delega in atti;
– controri corrente –

avverso la sentenza n. 422/2010 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 18/07/2013 dal Consigliere Dott. PIETRO
VENUTI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO FRESA, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

di BOLOGNA, depositata il 29/07/2010 R.G.N. 257/06;

R.G. n. 28312/10
Ud. 18.7.2013
a.

La Corte d’Appello di Bologna, con sentenza depositata il 6
settembre 2010, ha confermato la decisione di primo grado che
aveva pressoché respinto l’opposizione proposta dalla UTA s.r.l.
avverso il decreto ingiuntivo notificatole dalla G.E.
Rappresentanze, condannando la opponente, previa revoca del
decreto ingiuntivo opposto, al pagamento della somma di €
63.217,55, con gli accessori di legge, in luogo della somma di cui al
decreto ingiuntivo (E 68.079,70).
Ha osservato la Corte di merito, per quanto ancora qui rileva,
con riguardo al primo motivo di appello, che il recesso per giusta
causa previsto dall’art. 2119 c.c. è applicabile al rapporto di
agenzia; .che nella specie il mancato pagamento delle provvigioni
nei termini contrattualmente stabiliti configurava una ipotesi di
giusta causa che giustificava il recesso; che il secondo motivo di
gravame era inammissibile siccome carente del requisito della
specificità dei motivi.
Per la riforma della sentenza ha proposto ricorso per
cassazione la UTA s.r.l. sulla base di tre motivi. Resiste con
controricorso la G. E. Rappresentanze.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo del ricorso contiene due censure.
Con la prima la ricorrente denunzia violazione o falsa
applicazione “delle norme di diritto”; nullità della sentenza o del
procedimento nonché insufficiente o contraddittoria motivazione.
Deduce che il decreto ingiuntivo avrebbe dovuto essere
preceduto dal tentativo obbligatorio di conciliazione, stante la

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

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funzione deflattiva del contenzioso cui è preposto tale istituto e
considerato altresì che, nei casi di urgenza, esso può essere
sostituito da altri rimedi alternativi, quali il ricorso all’art. 700 cod.
proc. civ., per il quale, viceversa, il tentativo obbligatorio di
conciliazione non è previsto.

violazione dell’art. 2119 cod. civ., osserva che ai fini del recesso per
giusta causa, applicabile anche al rapporto di agenzia,
l’inadempimento non deve essere di scarsa importanza. Nella
specie non ricorreva siffatta evenienza, considerato peraltro che la
ricorrente attraversava un periodo di difficoltà economiche, onde
doveva ritenersi giustificato il “breve ritardo” nel pagamento delle
provvigioni.
2. La prima censura è inammissibile.
La Corte territoriale ha rilevato che l’eccezione di
improcedibilità del ricorso per ingiunzione per mancato
esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione è stata
rigettata dal giudice di primo grado e che tale statuizione non
aveva formato oggetto di impugnazione. Sulla stessa si era
pertanto formato il giudicato.
Ha aggiunto che, peraltro, tale questione era improponibile in
grado di appello e che, in ogni caso, la Corte Costituzionale, con
sentenza n. 276 del 13 luglio 2000, ha escluso che il procedimento
monitorio dovesse essere preceduto dal tentativo obbligatorio di
conciliazione.
Tali argomentazioni sono state del tutto ignorate dalla
ricorrente, la quale ha insistito nella richiesta di improcedibilità del
ricorso per ingiunzione, con ciò venendo meno al disposto di cui
all’art. 366 cod. proc. civ., secondo cui il ricorso deve contenere,
tra l’altro, a pena di inammissibilità i motivi per i quali si chiede la
cassazione della sentenza, con l’indicazione delle norme di diritto
su cui si fondano, motivi che devono avere carattere di specificità,
completezza e riferibilità alla decisione impugnata.

Con la seconda censura la ricorrente, nel denunziare

3

3. La seconda censura è infondata.
La Corte territoriale ha accertato che il recesso è stato operato
dalla G.E. Rappresentanze in ragione del “mancato pagamento delle

provvigioni, nei termini contrattualmente stabiliti”; che, nonostante
sollecitata, la società ricorrente ha omesso il pagamento delle

procedimento monitorio era di importo considerevole; che la
società ricorrente versava in una situazione di non solvibilità per le
difficoltà economiche manifestate anche alla controparte; che era
dunque giustificato il recesso avvenuto ad opera dell’agente.
Trattasi di accertamenti di fatto non sindacabili in questa
sede, che da un lato giustificano la ritenuta giusta causa del
recesso; dall’altro danno sufficientemente conto delle ragioni di tale
convincimento.
4. Con il secondo motivo, nel denunziare “violazione art. 360,

comma 4, c.p.c.”, la ricorrente lamenta che la sentenza impugnata
ha violato il diritto di difesa, “non completando l’istruttoria con

l’audizione dei testi, nonostante la concorde e rituale richiesta dei
litiganti”.
5. Il motivo è inammissibile perché la ricorrente non precisa a
quali fini avrebbero dovuto essere sentiti gli altri testi né, tanto
meno. le circostanze sulle quali i medesimi avrebbero dovuto
deporre.
6. Con il terzo motivo, denunziando “violazione art. 360

comma 5 c.p.c.”, la ricorrente lamenta che la Corte di merito “ha
ritenuto inammissibile l’appello in quanto carente della necessaria
specificità e delle ragioni contro la sentenza impugnata”, senza però
farsi carico di precisare le argomentazioni poste a sostegno di tale
decisione.
7. Il motivo presenta profili di inammissibilità ed è comunque
infondato.
Da un lato, la sentenza impugnata ha dichiarato
inammissibile non già l’appello, bensì “il secondo motivo di

fatture relative alle provvigioni maturate; che il credito di cui al

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gravame”; dall’altro ha puntualmente specificato le ragioni di tale
statuizione, rilevando che tale secondo motivo era “carente della

necessaria specificità….risultando affatto privo dell’esposizione delle
ragioni volte a confutare le argomentazioni che sorreggono la
sentenza impugnata”.
al pagamento delle spese di questo giudizio, come in dispositivo.
P. Q . M .
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento
delle spese di questo giudizio a favore della resistente, che liquida
in E 50,00 per esborsi ed E 4.000,00 per compensi professionali,
oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma in data 18 luglio 2013.

8. Il rigetto del ricorso comporta la condanna della ricorrente

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