Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24267 del 03/11/2020

Cassazione civile sez. III, 03/11/2020, (ud. 01/07/2020, dep. 03/11/2020), n.24267

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. OLIVIERI Stefano – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – rel. Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22377/2018 proposto da:

S.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

GIUSEPPE MAZZINI 15, presso lo studio dell’avvocato ENRICO

GABRIELLI, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati

GIORGIO DE NOVA, FRANCESCO DELFINI;

– ricorrenti –

contro

ZURICH INSURANCE PUBLIC LIMITED COMPANY – RAPPRESENTANZA GENERALE PER

L’ITALIA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FEDERINO CESI 72,

presso lo studio dell’avvocato DOMENICO BONACCORSI DI PATTI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIANCARLO FALETTI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 721/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 09/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

01/07/2020 dal Consigliere Dott. MARIO CIGNA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

S.G., titolare dell’Azienda Agricola Case Basse di S.G., convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Milano la Zurich Insurance Public Limited Company per sentirla condannare al pagamento della somma di Euro 2.400.000,00, a titolo di indennizzo assicurativo.

A sostegno della domanda, premesso di avere stipulato con la detta Compagnia una polizza assicurativa “(OMISSIS)”, espose che tra il (OMISSIS) alcuni soggetti si erano introdotti nella cantina dell’azienda agricola di cui era titolare, aprendo le valvole delle botti nelle quali era conservato il vino atto a divenire “(OMISSIS)” e causando la dispersione nello scolo fognario di 626 ettolitri di prodotto; per detto fatto fu individuato il responsabile nella persona di D.G.A., ex dipendente dell’Azienda, che fu imputato e tratto a giudizio, tra l’altro, per il reato di sabotaggio (giudizio poi concluso con sentenza penale di condanna 61/2013 del Tribunale di Siena).

Si costituì la Compagnia, sostenendo l’indennizzabilità solo entro i limiti (30%) fissati dall’art. 13, lett. K delle condizioni particolari di polizza, ed offrendo “banco iudicis” il ridotto importo di Euro 990.000,00; somma che fu trattenuta dall’attore a titolo di acconto sul maggior credito.

Con sentenza 4039/2016 il Tribunale di Milano, tenuto conto del già avvenuto pagamento di Euro 990.000,00 da parte della Compagnia, rigettò ogni ulteriore richiesta attorea e compensò tra le parti le spese di lite.

Con sentenza 721/2018 del 9-2-2018 la Corte d’Appello di Milano ha rigettato il gravame principale proposto dal S., con assorbimento di quello incidentale della Compagnia; in particolare la Corte territoriale:

1)ha ritenuto che l’effettuata perizia contrattuale, con la quale il danno era stato quantificato in Euro 2.400.000,00, era vincolante per le parti, ai sensi dell’art. 4 delle condizioni generali di polizza, solo in ordine alla stima del danno subito dall’assicurato, ma non precludeva alla Compagnia di opporre all’assicurato “qualsivoglia azione od eccezione inerente all’indennizzabilità dei danni”; nello specifico, di contestare l’indennizzabilità dell’intero danno per effetto della limitazione dell’indennizzo ex art. 13, lett. K delle condizioni particolari di polizza;

2) nella specie ha ritenuto operante detta limitazione; al riguardo ha evidenziato: che la Compagnia era tenuta, in base alla previsione di cui all’art. 1 delle condizioni particolari di polizza ed in deroga a quanto previsto dall’art. 2 delle condizioni generali, ad indennizzare anche i danni alle cose assicurate verificatisi in occasione di tumulti popolari, scioperi, sommosse, atti di terrorismo o di sabotaggio organizzato, atti vandalici o dolosi; che, ai sensi dell’art. 13, lett. K, delle condizioni particolari di polizza, applicabile per tutti i danni indennizzabili (e quindi prescindendo dalla causa degli stessi), la Compagnia non era tenuta ad indennizzare una somma superiore al 30% della partita merci “a seguito colaggio e fuoriuscita del vino”, e cioè a seguito di un processo lento e graduale di perdita del vino; che, nella specie, come desumibile anche dalla menzionata sentenza penale, in conseguenza dell’apertura dei rubinetti delle botti, si era in effetti verificata proprio una graduale fuoriuscita di liquido, secondo un processo tendenzialmente lento, o comunque graduale, e non immediato (come nell’ipotesi di una esplosione delle botti contenenti il vino);

3) che siffatto limite di cui all’art. 13, lett. K, delle condizioni particolari di polizza, applicabile (come detto) a tutte le ipotesi di colaggio e fuoriuscita del vino (da qualsiasi causa determinati), non era in contrasto con l’ulteriore limite di cui all’art. 13, lett. a (70% della S.A. per ubicazione per scioperi, tumulti, sommosse etc.”), fissato genericamente per tutti gli eventi dannosi conseguenti ai detti eventi;

4) che il limite di cui all’art. 13, lett. K delle condizioni particolari di polizza non comportava alcun abbattimento del rischio assicurato, atteso che il vino non era l’unica merce assicurata e che comunque detto limite era operante solo nell’ipotesi di colaggio e fuoriuscita del vino (e non in altre ipotesi, quale adulterazione o contaminazione dovuta a fatti accidentali o dolosi);

5) che, in base ad una lineare interpretazione delle richiamate clausole contrattuali, doveva ritenersi che, ferma la copertura dei su menzionati eventi sociopolitici di cui all’art. 1 delle condizioni particolari, era consentito alla Compagnia recedere dalla garanzia del “costo di ricostruzione e di rimpiazzo” (evidentemente riferibile a tali eventi sociopolitici), con diritto al rimborso di una quota di premio imponibile; quota di premio che, dunque, non poteva che riferirsi alla sola garanzia per cui il recesso era consentito, e quindi alla garanzia per “costo di ricostruzione e di rimpiazzo”;

6) che, come evidenziato dal primo Giudice (il quale si era comunque pronunciato sulla relativa eccezione, nonostante la ritenuta tardività della stessa), la citata clausola di cui all’art. 13, lett. K delle condizioni particolari di polizza, definendo l’oggetto del contratto e del rischio garantito, era limitativa dell’oggetto del contratto, e non della responsabilità dell’Assicuratore, e pertanto era da ritenersi efficace anche se non approvata specificatamente per iscritto.

Avverso detta sentenza S.G. propone ricorso per Cassazione affidato a sei motivi ed illustrato anche da successiva memoria.

Zurich Insurance Public Limited Company resiste con controricorso, anch’eso illustrato da successiva memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente, denunciando – ex art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione degli artt. 1362,1363,1364,1229,1341 e 1342 c.c., si duole che la Corte territoriale, nel rigettare l’eccezione di nullità della clausola di cui all’art. 13 delle condizioni particolari di polizza, abbia ritenuto siffatta clausola limitativa dell’oggetto del contratto; la clausola in questione, invece, era da considerarsi limitativa della responsabilità dell’assicuratore, e quindi, come tale vessatoria e nulla per difetto di specifica approvazione per iscritto.

Con il secondo motivo il ricorrente, denunziando – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – violazione e falsa applicazione degli artt. 1362,1364,1366,1369 e 1370 c.c., si duole che la Corte territoriale, nel ritenere applicabile la limitazione di cui all’art. 13 (B (K) delle Condizioni Particolari Comuni di Polizza (CPCP), e cioè” il 30% della partita merci a seguito colaggio e fuoriuscita del vino”, e non invece (come richiesto, sia pure in via subordinata) la limitazione di cui all’art. 13 (A) (a), e cioè il 70% della somma assicurata a seguito di “sabotaggio”, abbia fatto non corretto uso delle su indicate regole di ermeneutica; in base a dette regole, invero, ai fini della ricerca della comune intenzione dei contraenti, il principale strumento è rappresentato dal senso delle parole e delle espressioni utilizzate, valutando le singole clausole alla luce dell’intero contesto contrattuale e del principio di buona fede o correttezza, avendo riguardo allo scopo pratico perseguito dalle parti con il contratto, e quindi alla causa concreta; in particolare il ricorrente lamenta che l’impugnata sentenza, facendo rientrare l’evento occorso (sabotaggio delle botti) nella nozione semantica di “colaggio”, abbia travisato il senso letterale della parola “colaggio”, che rimanda ad una “fuoriuscita lenta e graduale del liquido per imperfetta tenuta del recipiente che lo contiene”; nella specie l’apertura di un rubinetto (con diametro di circa 5 cm) poste alla base di botti riempite ciascuna con oltre 60 ettolitri di vino aveva generato una vera esplosione di liquido, con completa inondazione della cantina ed intasamento di tutti i flussi di scolo; in ogni modo, secondo il ricorrente, anche ammesso che il termine “colaggio” potesse avere più sensi, l’eventuale polisemia doveva essere risolta accogliendo il senso della parola “colaggio” più conveniente alla natura ed all’oggetto del contratto ed al canone di buona fede interpretativa, e comunque il senso più favorevole a chi aveva predisposto la clausola.

Con il terzo motivo il ricorrente, denunziando – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, sostiene che la Corte d’Appello abbia omesso il corretto esame, e quindi la corretta valutazione, di in fatto – il colaggio – decisivo per il giudizio ed oggetto di discussione tra le parti; in particolare il ricorrente lamenta il mancato esame di quanto si era in concreto verificato, e cioè “una subitanea ed esplosiva fuoriuscita di liquido, e non già un percolamento graduale (cioè un colaggio)”.

Con il quarto motivo il ricorrente, denunziando – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – violazione e falsa applicazione degli artt. 1362,1363 e 1366 c.c., si duole che la Corte territoriale non abbia ritenuto prevalente la limitazione di cui all’art. 13, lett. A (a) su quella di cui all’art. 13, lett. B (k); prevalenza, da un lato, implicita ed imprescindibile, posto che le parti avevano espressamente negoziato ed inserito tra i danni indennizzabili quello derivante da atto vandalico (previsione di indennizzo per la quale l’assicurato aveva anche pagato un incremento di premio); dall’altro lato, comunque desumibile dal rapporto tra “limitazioni in via generale relative alla cosa danneggiata” (art. 13, lett. B (k) delle condizioni particolari) ed eccezioni a tali limitazioni, previste in caso di danni derivanti da specifiche cause (art. 1 condizioni particolari di polizza); in base a detto rapporto la limitazione in via generale doveva ritenersi non operante in ipotesi di sinistro derivato da una specifica causa dalle parti espressamente considerata coperta (nella specie l’atto vandalico); al riguardo il ricorrente evidenzia che l’assicuratore aveva inteso escludere in misura pressochè radicale (cioè per il 70% del valore) il danno derivante da “colaggio e fuoriuscita del vino”, in quanto l’evenienza che le botti non abbiano un’affidabile completa tenuta stagna, e dunque vi siano percolamenti e cali di volume, è ritenuta troppo frequente e normalmente imputabile alla sfera di controllo dell’assicurato, sicchè si era voluto in larga misura escludere il rischio, essendone difficilmente accertabile una causa accidentale.

Con il quinto motivo il ricorrente, denunziando – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – violazione e falsa applicazione degli artt. 1370 e 1366 c.c., si duole, in subordine rispetto alla precedente doglianza, che la Corte territoriale, in applicazione dell’art. 1370 c.c., non abbia quanto meno riconosciuto la sussistenza di un dubbio interpretativo, essendo stato l’art. 13 CPCP unilateralmente predisposto da Zurich, e quindi quantomeno dichiarare l’indennizzabilità del sinistro nei limiti del 70% della somma assicurata, così come previsto dall’art. 13 lett. A -a); si duole, inoltre, che la Corte territoriale non abbia tenuto in considerazione la finalità concreta del contratto (causa in concreto), e in particolare che l’Azienda agricola, peraltro con un proprio autonomo e considerevole costo, aveva inteso procurarsi una polizza che coprisse il rischio del suo bene centrale e primario (il vino) anche a seguito di atti vandalici e di sabotaggio; l’esclusione del 70% del danno comportava l’inutilità della polizza per la funzione economica concreta per la quale l’Azienda l’aveva stipulata.

Con il sesto motivo il ricorrente, denunziando – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – violazione e falsa applicazione degli artt. 1363,1367 e 1895 c.c., si duole che la Corte territoriale non abbia considerato la sollevata eccezione di nullità (riproposta in appello) della polizza ex art. 1895 c.c., per inesistenza del rischio assicurato; inesistenza indotta dall’erronea (per quanto su precisato) applicazione della “falcidia” del 70% rispetto all’indennizzo dovuto.

Il primo motivo è infondato.

Al fine di una migliore comprensione delle questioni trattate va precisato che nella polizza in questione l’art. 1 delle Condizioni Generali prevede che “la Società indennizza i danni materiali e diretti causati alle cose assicurate, anche se di proprietà di terzi, da un evento improvviso ed accidentale, qualunque ne sia la causa, non espressamente escluso dagli artt. 2 e segg.”; l’art. 2 delle Condizioni Generali di polizza riporta espressamente i danni esclusi, e, tra questi, include i danni verificatasi in occasione di “tumulti popolari, scioperi, sommosse, atti di terrorismo o di sabotaggio organizzato, atti vandalici o dolosi…”; in deroga a tale ultima previsione, l’art. 1 delle Condizioni Particolari di Polizza prevede che “la Società risponde dei danni materiali e diretti causati alle cose assicurate, verificatisi in occasione di tumulti popolari, scioperi, sommosse, atti di terrorismo o di sabotaggio organizzato, atti vandalici o dolosi”.

Alla stregua di siffatte previsioni è, quindi, indubbio che, come sostenuto da entrambi i giudici di merito e (in ultima analisi) anche dalle parti in causa, la Società, essendosi verificato un atto di sabotaggio delle botti (o, comunque, un atto vandalico o doloso), è tenuta a rispondere dei danni materiali e diretti causati dal detto atto alle cose assicurate.

L’art. 13 delle “Condizioni Particolari -operanti per tutte le sezioni di polizza” (Condizioni Particolari Comuni di Polizza -CPCP), fissa tuttavia alcuni “limiti di risarcimento”, prevedendo, per quanto qui rileva, che la Società non indennizzerà per sinistro somma superiore al 70% della S.A. per ubicazione per scioperi, tumulti, sommosse etc. (art. 13 punto A) lett. a), e, per uno o più sinistri e per periodo di assicurazione, somma superiore al 30% della partita MERCI a seguito colaggio e fuoriuscita del vino (art. 13, punto B lett. k).

La Corte territoriale ha ritenuto tale ultima clausola (art. 13, punto B lett. k) come attenente all’oggetto del contratto, mentre secondo il ricorrente siffatta clausola è limitativa di responsabilità, e come tale necessita della specifica approvazione per iscritto (insussistente nella specie).

Orbene, come ripetutamente statuito da questa S.C., “nel contratto di assicurazione sono da considerare clausole limitative della responsabilità, agli effetti dell’art. 1341 c.c. (con conseguente necessità di specifica approvazione preventiva per iscritto), quelle che limitano le conseguenze della colpa o dell’inadempimento o che escludono il rischio garantito, e cioè escludono una responsabilità che, rientrando nell’oggetto del contratto, sarebbe altrimenti (in mancanza appunto della clausola) insorta; mentre attengono all’oggetto del contratto – e non sono, perciò, assoggettate al regime previsto dalla suddetta norma le clausole che riguardano il contenuto ed i limiti della garanzia assicurativa e, pertanto, specificano il rischio garantito, allo scopo di stabilire gli obblighi concretamente assunti dalle parti (Cass. 15558/2019; conf. 17783/2014; 8235/2010; 23741/2009; 395/07; 12804/2006; 5158/05; 249/04; 1473/02; 1430/2002, v. anche Cass. 17783/2014; Cass. S.U. 9140/2016).

La clausola in questione, la quale prevede che l’Assicuratore,per un evento previsto in polizza, rimanga esposto al suo obbligo di pagamento dell’indennizzo, ma solo per un importo inferiore al valore del bene assicurato, è una clausola che, prescindendo da ogni riferimento alla sussistenza di colpa o inadempimento (e quindi senza in alcun modo limitare la responsabilità), specifica solo il rischio garantito, riducendo la garanzia assicurativa al pagamento di un indennizzo solo per una somma non superiore al 30% della partita merci.

Gli altri motivi, da esaminare congiuntamente in quanto tra loro connessi, sono invece fondati.

Come più volte precisato da questa S.C., in tema di interpretazione del contratto la comune intenzione dei contraenti deve essere ricercata avendo riguardo al senso letterale delle parole da verificare alla luce dell’intero contesto negoziale ai sensi dell’art. 1363 c.c., nonchè ai criteri d’interpretazione soggettiva di cui agli artt. 1369 e 1366 c.c., e volti, rispettivamente, a consentire l’accertamento del significato dell’accordo in coerenza con la relativa ragione pratica o causa concreta e ad escludere – mediante comportamento improntato a lealtà ed a salvaguardia dell’altrui interesse – interpretazioni cavillose deponenti per un significato in contrasto con gli interessi che le parti hanno voluto tutelare mediante la stipulazione negoziale; interpretazione secondo buona fede ex art. 1366 c.c., che si specifica nel significato di lealtà e si concreta nel non suscitare falsi affidamenti e nel non contestare ragionevoli affidamenti ingenerati nella controparte (Cass. 6675/2018; Cass. 7927/2017).

Nella specie la Corte territoriale non ha rispettato siffatti criteri, attribuendo al termine “colaggio” contenuto nella clausola in questione un significato in contrasto col senso letterale della parola e non valutando detta espressione nel contesto dell’intero contratto di assicurazione ed alla luce del criterio della buona fede.

Ed invero il termine “colaggio”, come risulta dalla definizione contenuta in alcuni vocabolari della lingua italiana (Treccani, Hoepli, Zingarelli etc.), sta ad indicare una lenta perdita di liquido per chiusura imperfetta di recipienti, e giammai può quindi comprendere una fuoriuscita di liquido determinata (come pacificamente avvenuto nella specie) dall’apertura volontaria di un rubinetto (di ampio diametro) posto alla base di grandi botti riempite ciascuna con oltre 60 ettolitri di vino (in tale ultima ipotesi, invero, il liquido “scorre” e non “cola”).

Tanto appare, inoltre, in linea anche con la “ratio” del limite di indennizzo di cui all’art. 13, lett. B) punto k) delle CPCP (30% della partita MERCI a seguito colaggio e fuoriuscita del vino) che, proprio per l’entità di tale limitazione, non può che essere riferita all’ipotesi (frequente nella pratica) in cui le botti non abbiano un’affidabile e completa tenuta stagna e dunque vi siano dei cali di volume (evenienza così frequente da indurre la Compagnia ad indennizzare solo sino al 30% della partita Merci).

Erroneamente la Corte territoriale non ha, inoltre, valutato che l’ipotesi di “sabotaggio” era stata espressamente considerata come coperta (art. 1 Condizioni particolari di polizza) e che la polizza in questione già prevedeva, all’art. 13, lett. A) punto a), per tale ipotesi, un limite di indennizzo (70h della S.A.), e che quindi l’applicazione anche del limite di indennizzo (30%) previsto dalla clausola di cui all’art. 13, lett. B) punto k), comportava una sostanziale esclusione (e comunque una notevole diminuzione) della garanzia assicurativa, in contrasto con la definizione “(OMISSIS)” della detta polizza e con il principio di lealtà e correttezza tra le parti contrattuali.

In conclusione, quindi, va rigettato il primo motivo di ricorso ed accolti invece gli altri; di conseguenza va cassata l’impugnata sentenza in relazione ai motivi accolti, con rinvio per nuovo esame alla Corte d’Appello di Milano, diversa composizione, che provvederà anche alla regolamentazione delle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo di ricorso; accoglie gli altri; cassa l’impugnata sentenza in relazione ai motivi accolti, con rinvio per nuovo esame alla Corte d’Appello di Milano, diversa composizione, che provvederà anche alla regolamentazione delle spese di lite.

Così deciso in Roma, il 1 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 3 novembre 2020

 

 

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