Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24266 del 18/11/2011

Cassazione civile sez. trib., 18/11/2011, (ud. 27/10/2011, dep. 18/11/2011), n.24266

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. D’ALONZO Michele – rel. Consigliere –

Dott. MERONE Antonio – Consigliere –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

s.p.a. INDIPENDENZA, con sede in

(OMISSIS), in persona del liquidatore pro tempore,

elettivamente

domiciliata in Roma al Viale Regina Margherita n. 262/264 presso lo

studio dell’avv. TAVERNA Salvatore che la rappresenta e difende in

forza della procura speciale rilasciata in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

l’Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma alla Via dei Portoghesi n. 12

presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 62/36/06 depositata il 2 maggio 2006 dalla

Commissione Tributaria Regionale del Lazio.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 27 ottobre 2011

dal Cons. Dr. Michele D’ALONZO;

sentite le difese della ricorrente, perorate dall’avv. Salvatore

TAVERNA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dr.

SORRENTINO Federico, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La spa INDIPENDENZA (in liquidazione) – premesso che: (1) con atto rogato il 27 gennaio 2000 aveva venduto un “fabbricato destinato a magazzino sito nel Comune di Salemi (TP) … al prezzo … di L. 510.000.000”; (2) per tale immobile essa, “in data 30 luglio 1993”, aveva presentato “dichiarazione” INVIM “per decorso del decennio” (“nella quale veniva riportato il solo valore iniziale, pari a L. 89.100.000 …, essendo questo superiore al valore finale”); (3) con apposito “avviso” il competente Ufficio dell’Agenzia delle Entrate, rettificato “il valore finale alla data del 31 dicembre 1992 da L. 89.100.000 … a L. 360.000.000”, aveva liquidato la “maggiore INVIM” -, in forza di tre motivi, chiede di cassare la sentenza indicata in epigrafe che ha disatteso il suo appello avverso la decisione di primo grado la quale ha respinto il ricorso con cui essa aveva eccepito la “illegittimità della pretesa erariale stante la mancata considerazione … che l’immobile ceduto aveva già formato oggetto della dichiarazione presentata ai fini dell’INVIM decennale”.

L’Agenzia resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. La Commissione Tributaria Regionale – esposto aver la contribuente lamentato (nel “ricorso” del “19 gennaio 2001”): “nell’operare la rettifica l’Ufficio non aveva considerato che l’immobile venduto …

aveva già formato oggetto della dichiarazione … in data 30 luglio 1993, ai fini dell’INVIM decennale” – ha disatteso il gravame osservando:

(1) “il valore di L. 89.100.000 si riferisce … all’ottobre 1991” (“dichiarato in tale misura in occasione dell’INVIM straordinaria disposta dal D.L. 13 settembre 1991, n. 299…”);

(2) poichè “la dichiarazione prodotta dalla contribuente per decorso decennio” (“che fa riferimento al valore dell’immobile al 31 dicembre 1992”) “non ha efficacia probatoria perchè la tempestività della sua presentazione non è validamente comprovata”, “si conferma …

come valore iniziale l’importo di L. 89.100.00 … denunciato dalla società dichiarazione straordinaria … al 31 ottobre 1991, mentre come valore finale, riferito al 31 dicembre 1992, l’importo di L. 360.000.00, … valore che l’Ufficio ha ricostruito, a norma del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51, richiamato dal D.P.R. n. 643 del 1972, art. 31, tenendo conto dei dati emersi dell’atto di trasferimento dell’immobile …e dei valori medi di mercato praticati per immobili similari nel periodo intercorrente tra il 31 ottobre 1991 e il 31 dicembre 1992”: “il valore finale accertato, attestandosi su un livello intermedio fra il valore iniziale e il prezzo di vendita …, è da ritenersi congruo”.

2. La società censura la decisione per tre motivi:

– con il primo denunzia “violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato” (“art. 112 c.p.c.”) nonchè “violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19”, chiedendo (“quesito di dirittò” ex art. 366 bis c.p.c.) “se… l’aver i giudici di secondo grado pronunciato sulla questione della (presunta) inefficacia probatoria della dichiarazione INVIM per decorso del decennio” (“questione mai sollevata in precedenza nè costituente fondamento dell’impugnato atto impositivo”) “costituisca vizio di extrapetizione tale da inficiare … l’intera sentenza”;

– nel successivo la contribuente denunzia “violazione e falsa applicazione dell’art. 17, commi sesto e settimo, del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504” nonchè “insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo”, sintetizzata nel “quesito ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c.” se “essendo avvenuta la cessione dell’immobile in data 27 gennaio 2000, il valore finale di detto immobile debba essere determinato ai fini dell’applicazione dell’INVIM nel periodo transitorio 1 gennaio 1993-31 dicembre 2002, unicamente con riferimento alla data del 31 dicembre 1992, a norma dell’art. 17, commi” detti;

– con la terza (ultima) censura la ricorrente denunzia “violazione e falsa applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 6 e del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 51” nonchè “insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo”, sintetizzata nel “quesito ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c.” se “dovendo fare riferimento, ai fini INVIM, al valore finale assunto al 31 dicembre 1992, non risulta rilevante il diverso e più elevato valore dichiarato all’atto di compravendita (avvenuta il 27 gennaio 2000) valore, quest’ultimo, da considerare solo ai fini dell’imposta di registro, attesa la diversità dei presupposti temporali riconducibili alle due fattispecie impositive”.

3. Il ricorso è infondato.

A. La “questione” oggetto del primo motivo, come riconosce la stessa società (la quale espone di aver eccepito, con il ricorso di primo grado, la “mancata considerazione, da parte dell’ente impositore, che l’immobile ceduto aveva già formato oggetto della dichiarazione presentata ai fini dell’INVIM decennale”) è stata sollevata proprio dalla contribuente per cui correttamente il giudice di appello (il quale nel “fatto” della sentenza impugnata ricorda aver la contribuente lamentato “che nell’operare la rettifica l’Ufficio non aveva considerato che l’immobile venduto … aveva già formato oggetto della dichiarazione … in data 30 luglio 1993, ai fini dell’INVIM decennale”) ha tenuto conto della inefficacia “probatoria” della stessa ai fini della sua decisione.

L’eventuale fondamento della “questione”, poi, non assume nessun concreto rilievo perchè il fatto oggetto della stessa (come riconosce anche la società) non costituisce motivo, nè fattuale nè giuridico, della pretesa tributaria contenuta nell’atto impositivo e perchè la sentenza impugnata è basata sulle osservazioni censurate con i successivi due motivi di ricorso.

B. L’infondatezza di questi, da scrutinare congiuntamente per la loro intima connessione, discende evidente ed univoca dalla considerazione che, come riconosce anche la ricorrente, il giudice di appello (con apprezzamento di fatto ormai irreversibile perchè avverso lo stesso non risulta formulata nessuna censura) ha espressamente esposto di ritenere il “valore finale” (indicato dall’Ufficio in L. 360.000.000) “congruo” rispetto ai “valori medi di mercato praticati per immobili similari nel periodo intercorrente tra il 31 ottobre 1991 e il 31 dicembre 1992”, sostenendo che quel “valore” si attesta (“attestandosi”) “su un livello intermedio fra il valore iniziale e il prezzo di vendita”: il giudice di appello, quindi, non ha affatto considerato il valore del bene successivo al 31 dicembre 1992.

4. Per la sua integrale soccombenza la società, ai sensi dell’art. 91 c.p.c., deve essere condannata a rifondere all’Agenzia le spese di questo giudizio di legittimità, liquidate (nella misura indicata in dispositivo) in base alle vigenti tariffe professionali forensi, tenuto conto del valore della controversia e dell’attività difensiva svolta dalla parte vincitrice.

P.T.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere all’Agenzia le spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 3.500,00 (tremilacinquecento/00), oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2011

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