Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24264 del 28/10/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 24264 Anno 2013
Presidente: LAMORGESE ANTONIO
Relatore: DI CERBO VINCENZO
Data pubblicazione: 28/10/2013

SENTENZA

sul ricorso 23364-2008 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. 97103880585, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo
studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la
rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013

contro

2205

VITALE BIANCA;
– intimata –

Nonché da:

VITALE BIANCA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
FLAMINIA 195, presso lo studio dell’avvocato VACIRCA
SERGIO, che lo rappresenta e difende unitamente
all’avvocato LALLI CLAUDIO, giusta delega in atti;
– controricorrente e ricorrente incidentali contro

POSTE ITALIANE S.P.A.;
– intimata –

avverso la sentenza n. 7704/2007 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 27/05/2008 r.g.n.
9632/04;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 19/06/2013 dal Consigliere Dott. VINCENZO
DI CERBO;
udito l’Avvocato BONFRATE FRANCESCA per delega
verbale FIORILLO LUIGI;
udito l’Avvocato VACIRCA SERGIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO FRESA, che ha concluso per il
rigetto del ricorso principale, inammissibile ricorso
incidentale.

23364.08

Udienza 19 giugno 2013

Pres. A. Lamorgese
Rel. V. Di Cerbo

SENTENZA
La Corte
Rilevato che
1.

La Corte d’appello di Roma, in riforma della sentenza di prime cure, ha dichiarato, in
particolare, l’illegittimità del termine apposto al contratto di lavoro con decorrenza 1
luglio 2002 stipulato da Poste Italiane s.p.a. con Bianca Vitale.

2.

Per la cassazione di tale sentenza Poste Italiane s.p.a. ha proposto ricorso; la lavoratrice
ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale illustrato da memoria.

3.

Il Collegio ha disposto che sia adottata una motivazione semplificata.

4.

Preliminarmente deve essere disposta la riunione dei ricorsi in quanto proposti avverso
la stessa sentenza (art. 335 cod. proc. civ.).

5.

Come si evince dalla sentenza impugnata Bianca Vitale è stata assunta con contratto a
termine protrattosi dal 1 luglio 2002 al 30 settembre 2002; il contratto conteneva la
seguente clausola giustificatrice dell’apposizione del termine: ai sensi della vigente

normativa, per esigenze tecniche, organizzative e produttive anche di carattere
straordinario conseguenti a processi di riorganizzazione, ivi ricom prendendo un più
funzionale riposizionamento di risorse sul territorio, anche derivanti da innovazioni
tecnologiche, ovvero conseguenti all’introduzione e/o sperimentazione di nuove
tecnologie, prodotti o servizi, nonché all’attuazione delle previsioni di cui agli accordi del
17, 18 e 23 ottobre, 11 dicembre 2001, 11 gennaio 2002, congiuntamente alla necessità
di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie contrattualmente
dovute a tutto il personale nel periodo estivo.
6.

La Corte territoriale ha osservato che la formulazione della suddetta clausola la rendeva
priva del requisito di specificità previsto dall’art. 1 d.lgs. n. 368 del 2001, sia per la
pluralità delle ragioni giustificatrici in essa richiamate, sia perché “il rinvio a numerosi
accordi collettivi non risolve la carenza in questione”. Il termine apposto al suddetto
contratto doveva pertanto considerarsi illegittimo. Quanto alle conseguenze derivanti
dalla illegittimità del termine, dichiarava applicabile alla fattispecie la conversione del
rapporto in rapporto a tempo indeterminato e condannava Poste Italiane s.p.a. al
risarcimento del danno in misura pari alle retribuzioni spettanti dalla data di messa in
mora (febbraio 2003) alla scadenza del termine triennale decorrente dalla data di
cessazione del rapporto a termine (30 settembre 2005).
3

7.

Con il primo motivo la società, ricorrente principale, denuncia violazione, in particolare,
dell’art. 112 cod. proc. civ. nonché vizio di motivazione assumendo che la sentenza
impugnata si sarebbe pronunciata oltre i limiti della domanda avendo applicato al
contratto a termine in esame la disciplina di cui al d.lgs. n. 368 del 2001 non invocata
dal lavoratore.

8.

Il motivo è infondato alla luce del costante insegnamento di questa Corte di legittimità
(cfr., in particolare, Cass. 13 dicembre 2010 n. 25140) secondo cui, in materia di
procedimento civile, sussiste vizio di ultra o extra petizione ex art. 112 cod. proc. civ.
quando il giudice pronunzia oltre i limiti della domanda e delle eccezioni proposte dalle
parti, ovvero su questioni non formanti oggetto del giudizio e non rilevabili d’ufficio
attribuendo un bene non richiesto o diverso da quello domandato. Tale principio va
peraltro posto in immediata correlazione con il principio iura novit curia di cui all’art.
113, primo comma, cod. proc. civ., rimanendo pertanto sempre salva la possibilità per il
giudice di assegnare una diversa qualificazione giuridica ai fatti e ai rapporti dedotti in
lite nonché all’azione esercitata in causa, ricercando le norme giuridiche applicabili alla
concreta fattispecie sottoposta al suo esame e ponendo a fondamento della sua
decisione principi di diritto diversi da quelli erroneamente richiamati dalle parti. Nel
caso di specie la Corte di merito ha correttamente applicato al rapporto la disciplina
vigente al momento della stipula del contratto.

9.

Col terzo motivo di ricorso, che per ragioni di ordine logico deve essere esaminato
prima del secondo, la società ricorrente principale denuncia violazione e falsa
applicazione degli artt. 1 e 11 del d.lgs. n. 368 del 2001 e degli artt. 1362 e segg. cod.
civ. nonché vizio di motivazione in ordine a un punto decisivo della controversia.
Deduce l’erroneità delle conclusioni alle quali la Corte di merito è pervenuta circa la
carenza di specificità della clausola giustificatrice dell’apposizione del termine.

10. La censura è fondata.
11. Con riferimento alla pluralità delle ragioni giustificatrici dell’apposizione del termine è
stato chiarito (cfr., per tutte, Cass. 17 giugno 2008 n. 16396) che l’indicazione di due o
più ragioni legittimanti l’apposizione di un termine ad un unico contratto di lavoro non
è in sé causa di illegittimità del termine per contraddittorietà o incertezza della causa
giustificatrice dello stesso, restando tuttavia impregiudicata la valutazione di merito
dell’effettività e coerenza delle ragioni indicate.
12. Per quanto concerne il profilo del rispetto del requisito di specificità della clausola in
relazione al richiamo, in essa contenuto, ad accordi collettivi, devono essere ribaditi, in
Con
questa sede, i principi più volte enunciati da questa Corte di legittimità.
riferimento a fattispecie nelle quali erano state adoperate clausole giustificatrici di
contenuto analogo a quello utilizzato nel caso in esame, questa Corte di legittimità (cfr.
Cass. 1 febbraio 2010 n. 2279; Cass. 27 aprile 2010 n. 10033; Cass. 25 maggio 2012 n.
8286) premesso che, in tema di apposizione del termine al contratto di lavoro, il
legislatore, richiedendo l’indicazione da parte del datore di lavoro delle “specificate
ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo”, ha inteso stabilire,
in consonanza con la direttiva 1999/70/CE, come interpretata dalla Corte di Giustizia
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h

(cfr. sentenza del 23 aprile 2000, in causa C-378/07 ed altre; sentenza del 22 novembre
2005, in causa C-144/04), un onere di specificazione delle ragioni oggettive del termine
finale, vale a dire di indicazione sufficientemente dettagliata della causale nelle sue
componenti identificative essenziali, sia quanto al contenuto, che con riguardo alla sua
portata spazio-temporale e più in generale circostanziale, perseguendo in tal modo la
finalità di assicurare la trasparenza e la veridicità di tali ragioni, nonché
l’immodificabilità delle stesse nel corso del rapporto, ha precisato che tale
specificazione può risultare anche indirettamente nel contratto di lavoro attraverso il
riferimento “per relationem” ad altri testi scritti accessibili alle parti. (Nella specie,
sostanzialmente analoga a quella in esame, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di
merito, la quale – in controversia promossa da taluni lavoratori assunti dalle Poste
Italiane s.p.a. con contratto a termine – non aveva adeguatamente valutato, al fine di
verificare la sussistenza delle “specificate ragioni” dell’assunzione, la rilevanza degli
accordi collettivi richiamati dallo stesso contratto individuale).
13. La sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazione dei suddetti principi avendo
ritenuto la mancanza di specificità della clausola, oltre che per la pluralità delle ragioni
giustificatrici in essa richiamate, senza aver previamente esaminato il contenuto degli
accordi ai quali la clausola stessa faceva riferimento.
14.1n relazione alle suddette conclusioni devono considerarsi assorbite le ulteriori
doglianze proposte nel secondo, quarto e quinto motivo di ricorso, atteso che tali
motivi attengono a profili (concernenti rispettivamente l’onere della prova, la
conversione del rapporto e il risarcimento del danno), logicamente subordinati a quello
concernente la specificità della clausola giustificatrice del termine. Per le stesse ragioni
deve ritenersi assorbito il ricorso incidentale, attinente unicamente al profilo
risarcitorio.
15. La sentenza deve essere pertanto cassata in relazione al motivo accolto con
conseguente rimessione della causa ad altro giudice, indicato in dispositivo, che
provvederà sulla base dei sopra indicati principi di diritto. Lo stesso giudice provvederà
altresì alla liquidazione delle spese del giudizio di cassazione (art. 385, terzo comma,
cod. proc. civ.).

P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi; accoglie il terzo motivo del ricorso principale, rigettato il primo
motivo e assorbiti gli altri motivi del ricorso principale nonché il ricorso incidentale; cassa in
relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Roma in diversa
composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 19 giugno 2013.

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