Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24261 del 13/10/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 13/10/2017, (ud. 07/09/2017, dep.13/10/2017),  n. 24261

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – rel. Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6216-2014 proposto da:

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE UNIVERSITA’ E RICERCA, – C.F. (OMISSIS), in

persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

S.R., elettivamente domiciliato in ROMA, via NAZARIO

SAURO n.16, presso lo studio dell’avvocato STEFANIA REHO,

rappresentato e difeso dall’avvocato MASSIMO PISTILLI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7593/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 25/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 07/09/2017 dal Consigliere Dott. GIULIO FERNANDES.

Fatto

RILEVATO

che la Corte di Appello di Roma confermava la decisione del primo giudice di accoglimento della domanda proposta da S.R. intesa al riconoscimento a fini economici della anzianità di servizio maturata – quale docente – in forza di contratti a tempo determinato, condannando di conseguenza il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca al pagamento delle differenze retributive, maggiorate degli interessi legali;

che avverso tale decisione propone ricorso per cassazione il MIUR affidato ad un unico motivo cui lo S. resiste con controricorso;

che è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;

che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.

Diritto

CONSIDERATO

che con l’unico motivo di ricorso viene denunziata violazione e falsa applicazione della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4 e del D.M. 13 giugno 2007 del Ministro della Pubblica Istruzione anche in combinato con la L. n. 312 del 1980, art. 53 e del D.L. 13 maggio 2011, n. 70, art. 9, comma 18, come convertito con modificazioni dalla L. 12 luglio 2011, n. 106, art. 1, comma 2, violazione delle clausole 4 e 5 dell’Accordo Quadro allegato alla direttiva 99/70/CE (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) assumendosi: che i rapporti di lavoro a tempo determinato del settore scolastico sono assoggettati ad una normativa speciale di settore, sicchè agli stessi non si applica la disciplina generale dettata dal D.Lgs. n. 368 del 2001 e che il principio di non discriminazione è correlato all’abuso del contratto a termine, che nella specie deve essere escluso in quanto il ricorso alla stipula di contratti a termine del personale docente trova giustificazione in ragioni oggettive e non è maliziosamente finalizzato a consentire al datore di lavoro un risparmio di spesa; che il lavoratore assunto a tempo determinato nel settore scolastico non è comparabile al docente di ruolo, perchè ogni singolo rapporto è distinto ed autonomo rispetto al precedente;

che il motivo è infondato in quanto la sentenza impugnata è conforme al principio di diritto affermato da questa Corte (Cass. 7.11.2016 n. 22558, e 23.11.2016n. 23868 alle cui motivazioni ci si riporta integralmente in quanto del tutto condivise) per il quale ” nel settore scolastico, la clausola 4 dell’Accordo quadro sul rapporto a tempo determinato recepito dalla direttiva n. 1999/70/CE, di diretta applicazione, impone di riconoscere la anzianità di servizio maturata al personale del comparto scuola assunto con contratti a termine, ai fini dell’attribuzione della medesima progressione stipendiale prevista per i dipendenti a tempo indeterminato dai c.c.n.l. succedutisi nel tempo, sicchè vanno disapplicate le disposizioni dei richiamati c.c.n.l. che, prescindendo dalla anzianità maturata, commisurano in ogni caso la retribuzione degli assunti a tempo determinato al trattamento economico iniziale previsto per i dipendenti a tempo indeterminato “; che a dette conclusioni la Corte è pervenuta valorizzando i principi affermati dalla Corte di Giustizia quanto alla interpretazione della clausola 4 dell’Accordo Quadro ed evidenziando che l’obbligo posto a carico degli Stati membri di assicurare al lavoratore a tempo determinato “condizioni di impiego” che non siano meno favorevoli rispetto a quelle riservate all’assunto a tempo indeterminato “comparabile”, sussiste a prescindere dalla legittimità del termine apposto al contratto;

che il motivo di ricorso non prospetta argomenti che possano indurre a disattendere detto orientamento, al quale va data continuità, poichè le ragioni indicate a fondamento del principio affermato, da intendersi qui richiamate ex art. 118 disp. att. c.p.c., sono integralmente fatte proprie dal Collegio;

che, pertanto, essendo da condividere la proposta del relatore, il ricorso va rigettato;

che la novità e la complessità della questione, diversamente risolta dalle Corti territoriali e, soltanto dopo il deposito del ricorso, da questa Corte, giustificano la compensazione delle spese del presente giudizio di legittimità;

che non può trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, atteso che le stesse, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (cfr. Cass. 1778/2016).

PQM

 

La Corte, rigetta il ricorso e compensa le spese del presente giudizio.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 7 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 13 ottobre 2017

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