Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24261 del 04/10/2018

Cassazione civile sez. VI, 04/10/2018, (ud. 26/06/2018, dep. 04/10/2018), n.24261

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14615/2017 proposto da:

M.D., titolare della omonima Impresa Individuale,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 95, presso lo

studio dell’avvocato SABRINA MAGRINI, rappresentato e difeso

dall’avvocato MAURO MENGUCCI;

– ricorrente –

contro

IMPRESA INDIVIDUALE P. IMPIANTI DI P.G.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 449/2017 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 24/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 26/06/2018 dal Consigliere Dott. ANTONELLO

COSENTINO.

Fatto

RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

M.D. ricorre per la cassazione della sentenza n. 449/2017 con cui la corte di appello di Ancona, confermando sul punto la decisione della sez. Fabriano dei tribunale della stessa città, lo ha condannato a pagare all’artigiano elettricista P.G. l’importo di Euro 2.159,60 – detratte dal corrispettivo convenuto le spese necessarie per eliminare i vizi delle opere effettuate – previa revoca del decreto ingiuntivo emesso nei confronti del medesimo M. per la maggior somma di Euro 5.319,60.

La corte ha ritenuto giustificata la somma richiesta dal signor P., in eccedenza rispetto al consuntivo da costui redatto, argomentando che tale consuntivo rappresentava un sottocomputo parziale dell’opera complessivamente eseguita dal P..

Il giudice di secondo grado ha peraltro riformato la sentenza di primo grado nella parte in cui il signor M. era stato condannato alle spese, disponendo la compensazione delle spese di primo grado sul rilievo dell’intervenuta revoca del decreto ingiuntivo e dei minor importo del pronunciato rispetto al chiesto. La corte di appello infine ha disposto la compensazione delle spese di secondo grado per 1/3, condannando il signor M. per la parte restante.

Il signor P. non ha depositato controricorso.

Il ricorso per cassazione si fonda su due motivi.

La causa è stata chiamata all’adunanza in Camera di consiglio del 26 giugno 2018 per la quale il ricorrente ha depositato una memoria.

Con il primo motivo di ricorso, riferito all’art. 360 c.p.c., n. 5, il ricorrente denuncia l’omesso esame del fatto – ritenuto decisivo che il menzionato consuntivo non rappresentava l’intero computo delle opere relative al “progetto di ristrutturazione della casa di riposo”, ma si riferiva esclusivamente alle opere relative all’impianto elettrico e quindi comprendeva tutte le opere realizzate dal signor P., volte appunto alla realizzazione di opere elettriche.

Il motivo va rigettato perchè il fatto storico dell’esistenza di un computo metrico consuntivo (comprovato dal documento che lo contiene, allegato alla citazione in opposizione, e sulla cui portata è stata acquisita la deposizione del teste B.) è stato esaminato nella sentenza gravata (pagg. 4/5). Lo stabilire se tale computo metrico avesse ad oggetto la totalità dei lavori relativi alla parte elettrica della ristrutturazione della casa di riposo appaltata alla odierna ricorrente (come sostenuto in ricorso) o se, per contro, il medesimo rappresentasse solo parzialmente il prezzo di realizzazione dell’impianto elettrico (come si legge nel secondo capoverso di pagina

6 della sentenza gravata) non costituisce un fatto storico (il cui omesso esame possa integrare il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5) ma un giudizio di fatto (relativo alla valutazione del contenuto del computo metrico), non sindacabile in sede di legittimità se non, appunto, sotto il profilo dell’omesso esame di fatti decisivi che abbiano formato oggetto di discussione tra le parti. Nè ha pregio l’assunto svolto nella memoria del ricorrente secondo cui i fatti storici di cui il ricorrente lamenta l’omesso esame andrebbero identificati nelle singole voci riportate nel ripetuto consuntivo; le voci di un documento contabile non sono fatti storici, ma risultanze documentali il cui apprezzamento da partte del giudice di merito non è censurabile in sede di legittimità (cfr. Cass. 11892/16: “Il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (che attribuisce rilievo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio), nè in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132 c.p.c., n. 4 – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante”).

Con il secondo motivo di ricorso, riferito all’art. 360 c.p.c., n. 3, si censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c., comma 2, della statuizione di compensazione delle spese del secondo grado solo per 1/3, invece che per l’intero; secondo il ricorrente la corte territoriale non avrebbe tenuto debito conto della reciproca soccombenza e del principio di causalità degli oneri processuali, dato dal fatto che proprio in appello sono state respinte le eccezioni in rito della controparte, e, nel merito, che l’impugnazione è stata accolta quanto alla riforma delle spese di primo grado.

Anche il secondo motivo di ricorso va giudicato infondato, perchè la pretesa dell’odierno ricorrente di censurare l’omessa compensazione integrale delle spese di lite urta contro il rilievo che lo stesso deve giudicarsi soccombente in ragione dell’esito finale della controversia, che l’ha visto condannato al pagamento di una somma, ancorchè inferiore di quella domandata, in favore della controparte. D’altra parte il rigetto delle eccezioni di rito sollevate dalla parte vittoriosa non implica soccombenza parziale, in quanto le eccezioni non costituiscono capo di domanda (cfr. Cass. 12629/06: “Il concetto di soccombenza reciproca, che consente la compensazione tra le parti delle spese processuali (art. 92 c.p.c., comma 2), sottende una pluralità di pretese contrapposte, rigettate dal giudice a svantaggio di entrambi gli istanti, mentre la resistenza del convenuto alla pretesa attorea perchè eccessiva o comunque solo in parte fondata, anche quando trova successo nella statuizione del giudice che accolga solo in parte la domanda, non per questo si trasforma in pretesa (riconvenzionale) rispetto alla quale sia ravvisabile nell’attore una posizione di reciproca soccombenzà).

In definitiva il ricorso va rigettato.

Non vi è luogo a regolazione di spese, in mancanza di attività difensiva dell’intimato.

Deve darsi atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, del raddoppio del contributo unificato D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Si dà atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, del raddoppio del contributo unificato D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, il 26 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 4 ottobre 2018

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