Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2426 del 04/02/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 3 Num. 2426 Anno 2014
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: STALLA GIACOMO MARIA

SENTENZA

sul ricorso 18955-2010 proposto da:
DI MURO FRANCESCO DMRFNC45DO9D615Y, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA COSSERIA 5, presso lo studio
dell’avvocato TRICERRI LAURA, rappresentato e difeso
dall’avvocato VISCONTI CESARE giusta delega in atti;
– ricorrente
2013

2378

contro

DI MARTINO EMILIO DMRMLE50S12H703F, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA PALERMO 43, presso lo studio
dell’avvocato FIMIANI NICOLA, rappresentato e difeso
dall’avvocato CACCIATORE FORTUNATO giusta delega in

1

Data pubblicazione: 04/02/2014

atti;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 542/2009 della CORTE D’APPELLO
di SALERNO, depositata il 28/05/2009, R.G.N.
1047/2006;

udienza del 10/12/2013 dal Consigliere Dott. GIACOMO
MARIA STALLA;
udito l’Avvocato CESARE VISCONTI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO CELENTANO che ha concluso per
il rigetto del ricorso;

2

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Ric.n. 18955/10 rg.

Svolgimento del processo.
1. Con ricorso ex articolo 447 bis cpc in data 27 novembre 01, Di
Muro Francesco – nell’asserita qualità di conduttore continuativo
dal l^ agosto ’85 al luglio ’01 di locali ad uso abitativo in

condannato a restituirgli la somma di complessive lire
100.434.857, oltre rivalutazione monetaria, a titolo di canoni di
locazione da lui corrisposti in eccedenza rispetto all”equo
canone’; e ciò nello svolgimento di un rapporto di locazione
sostanzialmente unitario, ancorché negli anni articolatosi nella
pattuizione simulata di una sublocazione, e di un contratto
locativo con un altro soggetto (la DIM Studio sas), avente ad
oggetto la destinazione a studio professionale di uno dei vani
dell’appartamento già destinato ad uso abitativo.
Nella costituzione del Di Martino Emilio – e previa chiamata in
giudizio

iussu judicis

della DIM Studio sas – interveniva la

sentenza n. 1624/06 con la quale il tribunale di Salerno:

revocava preliminarmente l’integrazione del contraddittorio nei
confronti della DIM Studio sas (cancellata dal registro delle
imprese fin dal 12 febbraio 97); – respingeva la domanda del
ricorrente, con condanna del medesimo alle spese.
Interposto appello, interveniva la sentenza n.

542 del 28

maggio 2009 con la quale la corte di appello di Salerno, in
parziale accoglimento del gravame: – determinava in euro 6144,76
l’importo effettivamente corrisposto dal Di Muro al Di Martino in
eccedenza rispetto all’equo canone (limitatamente al contratto di
3

proprietà di Di Martino Emilio – chiedeva che quest’ultimo venisse

Ric.n. 18955/10 rg.

locazione intercorso direttamente tra le parti dal l” gennaio 87
al 31 dicembre 90); – condannava conseguentemente il Di Martino
alla restituzione della somma in oggetto, oltre agli interessi
legali dalla domanda; – compensava integralmente le spese del
doppio grado di giudizio.

cassazione sulla base di quattro motivi, ai quali resiste il Di
Martino con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art.378
cod.proc.civ.
Motivi della decisione.
2.1 Con il primo motivo di ricorso, il Di Muro lamenta violazione
e falsa applicazione di norme di diritto ex articolo 360, lAco.,
n.3) cpc con riferimento agli articoli 7 1. 27 luglio 1978 n.392 e
1414 cc; nonché, ex articolo 360, l’s co.n.5) cod.proc.civ.,
contraddittorietà della motivazione su un punto essenziale della
controversia, avendo il giudice di appello ritenuto non provata nonostante la inequivoca corrispondenza intercorsa tra le parti e
versata in causa – la simulazione relativa soggettiva in ordine al
periodo dell’apparente

Avverso tale decisione, il Di Muro propone ricorso per

sublocazione a nome dell’originario

conduttore Sebastiano Alfredo (1 agosto 85 – 31 dicembre 86). Il
motivo è assistito dal seguente quesito di diritto ex art.366 bis
cpc:

“può dirsi correttamente e coerentemente motivata una

decisione nella quale viene dichiarata insufficiente la prova 4
sull’accordo simulatorio relativo alla pattuizione contra legem di
canoni superiori a quelli determinati al sensi degli articoli 127
4

Ric.n. 18955/10 rg.

26 legge 392/78 in presenza di una locazione dall’inizio
concordata per uso abitativo, qualora vi sia un contestuale
contratto di locazione, o ancora qualora le parti abbiano
sottoscritto un diverso contratto di locazione parziale dello
stesso immobile ad uso studio professionale, e riconoscersi

governato dal contratto di locazione apparentemente regolare,
intermedio rispetto ai due precedenti ?”
Con il secondo motivo viene denunciata violazione e falsa
applicazione di norme di diritto ex articolo 360, 1^co., n.3) cpc
con riferimento all’art.79 1.392/78 cit., dal momento che la
sublocazione ad uso di studio doveva ritenersi

certamente

fittizia, e che non poteva concepirsi la stipulazione di un altro
contratto sullo stesso immobile per lo svolgimento di un’attività
che la società apparente locataria svolgeva in un altro
appartamento nel medesimo fabbricato. Viene formulato il seguente
quesito di diritto:

“possono ritenersi leciti e non sono, al

contrario, nulli per contrarietà a norma imperativa, un contratto
di sublocazione ed un contratto di locazione ad uso diverso da
quello abitativo, qualora sia evidente che la causa degli stessi è
l’attribuzione di un ingiusto vantaggio al locatore di un immobile
destinato ad uso abitativo, in violazione dell’articolo 79 legge
392/78 ?”
Questi due motivi di ricorso sono suscettibili di trattazione
unitaria, in quanto entrambi relativi – nella prospettiva della
violazione delle norme di riferimento e di vizio motivazionale 5

l’illegittimità delle maggiori somme percepite per il solo periodo

Ric.n. 18955/10 rg.

al mancato riconoscimento della simulazione della sublocazione e
della locazione ad uso diverso a favore della DIN Studio sas e,
conseguentemente, della reale unicità e continuità del rapporto
locativo nel cui ambito sarebbero stati corrisposti i maggiori
canoni oggetto di ripetizione.

Si osserva in primo luogo che i quesiti di diritto così
formulati a loro corredo non rispondono ai parametri desumibili
dall’art.366 bis cod.proc.civ. cit., qui applicabile

ratione

temporis.
E’ orientamento consolidato di legittimità (tra le tante: Cass.
, sez. un., 5 febbraio 2008, n. 2658; Cass. 17 luglio 2008, n.
19769; Cass. 30 settembre 2008, n. 24339; Cass. 25 marzo 2009, n.
7197; Cass. 8 novembre 2010, n. 22704) che il quesito di cui
all’art.366 bis cit. – dovendo costituire un momento di
congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e
l’enunciazione del principio generale – non può esaurirsi nella
mera enunciazione di una regola astratta, dovendo invece
presentare uno specifico collegamento con la fattispecie concreta.
Esso deve in altri termini raccordare la prima alla seconda, ed
entrambe alla decisione impugnata; di cui deve indicare la
discrasia con riferimento alle specifiche premesse di fatto. Deve
pertanto ritenersi inammissibile il ricorso che contenga quesiti
di carattere generale ed astratto, privi di qualunque indicazione
sul tipo della controversia, sugli argomenti dedotti dal giudice

6

I motivi sono per più versi inammissibili.

Ric.n. 18955/10 rg.

‘a quo’ e sulle ragioni per le quali non dovrebbero essere
condivisi.
Si è in particolare affermato (Cass. 19 novembre 13 n. 25903)
che il quesito di diritto “deve essere formulato in modo tale da
esplicitare una sintesi logico-giuridica della questione, cosi da

suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori
rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata; in altri
termini, esso deve compendiare: a) la riassuntiva esposizione
degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito (siccome
da questi ritenuti per veri, altrimenti mancando la critica di
pertinenza alla ratio decidendi della sentenza impugnata); b) la
sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal quel
giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad avviso del
ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie. Sicché,
il quesito non deve risolversi in un’enunciazione di carattere
generale ed astratto, priva di qualunque indicazione sul tipo
della controversia e sulla sua riconducibilità alla fattispecie in
esame, tale da non consentire alcuna risposta utile a definire la
causa nel senso voluto dal ricorrente, non potendosi altresi
desumere il quesito stesso dal contenuto del motivo o integrare il
primo con il secondo, pena la sostanziale abrogazione del suddetto
articolo (Cass., sez. un., 11 marzo 2008, n. 6420) (…)”.
Tanto premesso, risulta evidente come i quesiti qui in esame
non rispondano ai criteri anzidetti, risolvendosi
nell’enunciazione di interrogativi apodittici; scollegati dalla
7

consentire al giudice di legittimità di enunciare una regula iuris

Ric.n. 18955/10 rg.

concreta fattispecie sostanziale e processuale a cui essi
pretendono di riferirsi, ma della quale non riproducono termini e
modalità essenziali. Dalla loro lettura – che, come detto, ha
rilevanza autonoma, non potendo trovare integrazione o
specificazione nella narrativa di illustrazione del motivo – non è

sarebbe incorso il giudice di appello; e nemmeno la regola di
diritto che si assume violata e la cui corretta applicazione
sostitutiva dovrebbe indurre ad una decisione diversa.
Va poi considerato che entrambi i quesiti in esame – proprio
perché avulsi dalla concretezza del

decisum,

che ha escluso il

raggiungimento della prova della simulazione – danno per scontato
ciò che scontato non può dirsi; vale a dire, proprio l’avvenuta
simulazione soggettiva dei contratti collaterali a quello ‘base’
intercorso direttamente tra le parti. Ciò è reso eclatante dai
‘insufficienza della prova’;

richiami alla

al fatto che tale

prova, al contrario, dovesse reputarsi bastante per la sola
circostanza obiettiva rappresentata dalla consecuzione dei
contratti relativi al medesimo immobile; alla

‘evidenza’

di una

causa contrattuale invalida perché finalizzata ad attribuire un
‘ingiusto vantaggio’

al locatore, con conseguente ‘evidente’

violazione dell’art.79 legge 392/78.
Nemmeno,

le

censure

in

questione

potrebbero

trovare

accoglimento sotto il profilo del vizio di contraddittorietà
motivazionale ex articolo 360, 1^ co.n.5) cod.proc.civ..

8

dato di individuare lo specifico errore di diritto nel quale

Ric.n. 18955/10 rg.

Esse sono innanzitutto prive di un idoneo momento di sintesi o
‘quesito di fatto’ (omologo al quesito di diritto), così come
prescritto dalla seconda parte del primo co.dell’art.366 bis cit.;
inoltre, non vengono trascritte le proposizioni che si assume
siano “contraddittorie”, ovvero tra loro inconciliabili e tali da

Ove tutto ciò non bastasse, va poi evidenziato come esse non
confutino il ragionamento seguito dalla corte di appello – con
motivazione del tutto congrua e lineare: pagg.9/11 – in ordine al
fatto che: – la prova della simulazione poteva nella specie essere
fornita dal Di Muro con ogni mezzo ex art.1417 cc, in quanto volta
a far emergere l’illiceità del contratto dissimulato;
cionondimeno, tale prova non poteva nella specie ritenersi
raggiunta né in considerazione delle modalità di versamento dei
canoni, né sulla base della pluralità dei contratti e della
corrispondenza tra le parti (tra cui anche la missiva 6 aprile 87,
richiamata nell’odierno ricorso); – dal compendio probatorio
poteva al più emergere una riserva mentale del locatore, non già
una comune volontà simulatoria.
Orbene, in tale situazione non è dato riscontrare – né viene
altrimenti specificata in ricorso alcuna contraddittorietà
logica.
Vero è invece che le doglianze qui in esame mirano – attraverso
il ‘filtro’ della violazione di legge e, soprattutto, della
carenza motivazionale – a suscitare una riconsiderazione di merito
dell’intero quadro probatorio (da qui la censura di erronea
9

elidersi a vicenda (Cass. Sentenza n. 3248 del 2 marzo 2012).

Ric.n. 18955/10 rg.

valutazione di ‘insufficienza’ del medesimo, ovvero di ‘evidenza’
della dedotta simulazione in danno del conduttore); il che è
inammissibile nell’ambito del sindacato di legittimità.
Alla cassazione della sentenza per vizio della motivazione
può infatti pervenirsi solo se risulti che il ragionamento del

incoerente ed illogico, non quando il giudice del merito abbia
semplicemente attribuito agli elementi considerati un valore ed un
significato difformi dalle aspettative e dalle deduzioni di parte
(Cass. 15 aprile 2004 n. 7201; Cass. 14 febbraio 2003 n. 2222;
SSUU 27 dicembre 97 n. 13045). Ne deriva che il controllo di
legittimità da parte della corte di cassazione non può riguardare
il convincimento del giudice di merito sulla rilevanza probatoria
ed efficacia dimostrativa degli elementi considerati, ma solo che
questi abbia indicato le ragioni del proprio convincimento con una
motivazione immune da vizi logici e giuridici.
Ciò va parimenti detto per l’ipotesi in cui la motivazione sul
raggiungimento della prova abbia specificamente ad oggetto la
simulazione contrattuale, il cui accertamento integra indagine di
fatto riservata al giudice del merito (Cass. n. 5765 del 17 marzo
2005).
2.2

Con il terzo motivo, ci si duole di violazione e falsa

applicazione di norme di diritto ex articolo 360, 1^co., n.3) cpc
con riferimento agli articoli 1346 e il 1418.2 cc stante la
nullità del contratto l gennaio 91 per impossibilità o inesistenza
dell’oggetto, là dove venne concesso in locazione un vano già
10

giudice di merito, come risultante dalla sentenza, sia incompleto,

Ric.n. 18955/10 rg.

compreso nella diversa locazione ad uso abitativo iniziata il 1
gennaio 87 e successivamente prorogata. Viene formulato il
seguente quesito di diritto:

“può ritenersi valido, e non è al

contrario nullo, il contratto di locazione ad uso studio di un
bene già costituente oggetto di un diverso contratto di locazione

diversa destinazione d’uso ?”
Ricorrono in proposito considerazioni di inammissibilità del
tutto analoghe a quelle testè svolte.
Il quesito dà per scontata l’illegittimità della successiva
locazione, nonostante che il regolamento negoziale possa essersi
basato – come argomentato dalla corte di appello – sulla mera
successione dei contratti nell’ambito di una diversa e ‘reale’
estrinsecazione dell’autonomia negoziale delle parti (sent.,
pag.12); stante anche, in fatto, la ravvisata individualità del
vano fatto oggetto del contratto ad uso studio professionale (di
mq.35.50) e la sua obiettiva idoneità ad essere effettivamente
impiegato per l’uso dichiarato. Anche in proposito, la corte di
appello ha pertanto posto in evidenza, ad escludere la dedotta
causa di invalidità (che doveva comunque essere fatta valere anche
nei confronti della società conduttrice) come, nell’ambito del
quadro istruttorio, lo scorporo di un vano dal precedente rapporto
ad uso abitativo non equivalesse

ex se a prova della simulazione.

E si tratta di valutazione che non può per le già indicate
ragioni – trovare qui sindacato.

11

ad uso abitativo stipulato con diverso soggetto giuridico e

Ric.n. 18955/10 rg.

2.3

Nel quarto motivo, il ricorrente deduce violazione e falsa

applicazione di norme di diritto con riferimento all’art.447 bis
co.2 cpc, dal momento che la corte di appello non si era
pronunciata sulla mancata considerazione da parte del tribunale di
quanto dichiarato in giudizio dalla signora Capozzoli, legale
della

DIM Studio

sas,

nonostante

che:

quest’ultima fosse stata chiamata in causa iussu judicis (chiamata
poi revocata dal tribunale); – la valutazione probatoria di tali
dichiarazioni non fosse esclusa dalla pregressa cancellazione
della società dal registro delle imprese (12 febbraio 97); – essa
fosse doverosamente attingibile anche d’ufficio dal giudice ex
articolo 447.2 cpc.
Viene formulato il seguente quesito di diritto: “è pienamente
utilizzabile, e quindi valutabile, la dichiarazione resa dal
legale rappresentante della società chiamata in causa per ordine
del giudice anche se la società stessa sia stata nelle more posta
in liquidazione ?”
In effetti, il tribunale, revocata l’ordinanza di integrazione
del contraddittorio nei confronti della DIM Studio sas, aveva
ritenuto inutilizzabile la dichiarazione della Capozzoli perché
resa nella qualità di legale rappresentante di una società già
estinta; inoltre, aggiungeva il primo giudice, la stessa non
poteva valere come testimonianza, poiché la donna non era stata
indicata tra i testi.
Anche questo motivo è inammissibile.

12

rappresentante

Ric.n. 18955/10 rg.

Rileva qui, segnatamente, che la censura ha ad oggetto la
mancata valutazione di una prova da parte del giudice di merito,
senza peraltro che: – il contenuto di tale prova sia stato
specificamente riportato nella esplicitazione del motivo;

vengano illustrate le ragioni per cui l’assunzione di tale prova

soluzione della lite (Cass. n. 24221 del 17 novembre 2009).
Va anzi rilevato come tale evenienza venga a ben vedere esclusa
dallo stesso ricorrente – con conseguente autoevidenza della causa
di inammissibilità del motivo – nella parte in cui deduce che la
valutazione di tale prova non avrebbe inciso su un quadro
probatorio ‘In

ogni caso ben definito’;

e che la prova in

questione si sarebbe in realtà limitata a fornire

conferma’

‘ulteriore

di determinate circostanze di fatto, così da

‘corroborare’

l’assunto difensivo della parte. Il che equivale ad

ammettere che la prova di cui si lamenta la mancata valutazione si
sarebbe – al più – limitata a rafforzare una determinata
ricostruzione fattuale (già motivatamente disattesa, come detto,
dal giudice di merito), senza però assumere carattere dirimente
nel senso voluto dal ricorrente.
La non decisività della prova si ripercuote necessariamente
sulla non decisività della omessa pronuncia sulla stessa da parte
della corte di appello, così come fatta oggetto della presente
doglianza.
Ne segue, in definitiva, l’inammissibilità del ricorso, co
condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese del
13

assumerebbe carattere decisivo al fine di ottenere una diversa

Ric.n. 18955/10 rg.

presente giudizio liquidate, come in dispositivo, ai sensi del

DM

Giustizia 20 luglio 2012 n.140.
Co CZ-rr-^

P qm

dichiara inammissibile il ricorso;
condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del

per esborsi; oltre accessori di legge.
Così deciso nella camera di consiglio della terza sezione civile
in data 10 dicemb e 13.

giudizio di cassazione che liquida in euro 4.300,00, di cui 200,00

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA