Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24259 del 28/10/2013

Civile Sent. Sez. L Num. 24259 Anno 2013
Presidente: MAISANO GIULIO
Relatore: FILABOZZI ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 28263-2011 proposto da:
A.A.;
– ricorrente nonchè contro

2013
2069

B.C.C. DEL GARDA – BANCA DI CREDITO COOPERATIVO COLLI
MORENICI DEL GARDA S.C.A R.L. 00550290985;
– intimata –

Nonché da:

Data pubblicazione: 28/10/2013

B.C.C. DEL GARDA – BANCA DI CREDITO COOPERATIVO COLLI
MORENICI DEL GARDA S.C.A R.L. 00550290985, in persona
• del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA GUIDO RENI 56, presso lo
studio dell’avvocato GREGORIO STEFANO, che la

MARIA TERESA, giusta delega in atti;
– controricorrente e ricorrente incidentale contro

A.A.

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 299/2011 della CORTE D’APPELLO
di BRESCIA, depositata il 14/07/2011 r.g.n. 20/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 11/06/2013 dal Consigliere Dott. ANTONIO
FILABOZZI;
udito l’Avvocato BELLINI GIULIO;
udito l’Avvocato LIDIA SGOTTO CIABATTINI per delega
NORO MARIA TERESA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO, che ha concluso
per il rigetto del ricorso principale, assorbito
l’incidentale.

rappresenta e difende unitamente all’avvocato NORO

r.g. n. 28263/11
udienza del 11.6.2013

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

A.A. ha impugnato il licenziamento intimatogli dalla BCC del Garda – Banca di Credito
Cooperativo Colli Morenici del Garda Scarl in data 6.4.2007 per giustificato motivo oggettivo,

seguito di una riorganizzazione dei servizi informatici che aveva interessato tutte le Banche di
Credito Cooperativo lombarde e della creazione, in tale contesto, di una società presso la quale il
lavoratore era stato distaccato fino al momento del licenziamento.
Il Tribunale di Brescia ha accolto la domanda con sentenza che, sull’appello della Banca, è stata
riformata dalla Corte d’appello di Brescia, che ha respinto la domanda del lavoratore, ritenendo
provate l’esistenza della riorganizzazione aziendale, la mancanza, all’interno della nuova
organizzazione, di una posizione lavorativa confacente al livello professionale del A.A. e la
volontà della Banca di adempiere all’obbligo del repechage (desumibile, quest’ultima, dalla offerta
di prolungare il distacco presso la società alla quale erano stati affidati i principali servizi inerenti al
sistema informatico o in alternativa di essere impiegato presso la filiale in mansioni corrispondenti
alla sua qualifica).
Avverso tale sentenza ricorre per cassazione A.A. affidandosi a quattro motivi di ricorso
cui resiste con controricorso la BBC del Garda Banca di Credito Cooperativo Colli Morenici del
Garda scarl, che ha proposto anche ricorso incidentale fondato su un unico motivo.
Il A.A. ha depositato controricorso avverso il ricorso incidentale e, successivamente, memoria
ai sensi dell’art. 378 c.p.c.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente, deve essere disposta la riunione dei ricorsi principale e incidentale, ex art. 335
c.p.c., trattandosi di impugnazioni proposte avverso la stessa sentenza.
1.- Con il primo motivo si deduce la nullità della sentenza impugnata per difformità del dispositivo

letto in udienza rispetto a quello riportato in calce alla motivazione della sentenza (in udienza: “in
riforma della sentenza … del Tribunale di Brescia; compensa le spese”; in sentenza: “in riforma

della sentenza … del Tribunale di Brescia respinge la domanda dell’appellato; compensa le spese”),
traducendosi detta difformità in una ipotesi di insanabile contrasto tra dispositivo e motivazione.

costituito dalla mancanza in azienda di posizioni lavorative coerenti con il suo inquadramento, a

2.- Con il secondo motivo si denuncia violazione degli artt. 3 e 5 della legge n. 604/66, censurando
la sentenza impugnata per avere la Corte territoriale esteso il suo accertamento all’esistenza di
motivi che non erano stati indicati nella lettera di motivazione del licenziamento, quali la prova del
“riordino organizzativo determinato dalla creazione della piattaforma di Iside” – e cioè della società
alla quale era stata affidata la gestione dei principali servizi inerenti al sistema informatico – e per
aver ritenuto che il datore di lavoro avesse assolto l’onere di provare di non aver potuto adibire il
lavoratore ad altre mansioni.

omesso ogni pronuncia sull’appello incidentale.
4.- Con il quarto motivo il ricorrente censura la decisione impugnata sotto il profilo del vizio di
motivazione in ordine alla ricostruzione dei fatti operata dalla Corte territoriale, ovvero per aver
omesso di considerare che la posizione di Vice Responsabile dell’Ufficio Organizzazione e Sistemi
era ancora esistente al momento del licenziamento e per aver attribuito al ricorrente la richiesta, mai
avanzata, di ottenere la declaratoria di illegittimità del licenziamento perché ancora esistente la
posizione, da lui stesso ritenuta “demansionante”, di addetto alla procedura di internet banking.
5.- Con l’unico motivo del ricorso incidentale si deduce violazione dell’art. 112 c.p.c. nella parte in
cui la Corte d’appello ha omesso di pronunciare sulla domanda di restituzione formulata dalla
società in sede di gravame.
6.- Il primo motivo del ricorso principale è inammissibile.
Questa Corte ha ripetutamente affermato che, nel rito del lavoro, solo il contrasto insanabile tra
dispositivo e motivazione determina la nullità della sentenza, da far valere mediante impugnazione,
in difetto della quale prevale il dispositivo. E tale insanabilità sussiste quando dispositivo e
motivazione rechino affermazioni del tutto antitetiche tra loro. La prospettata insanabilità del
contrasto non sussiste, invece, quando la motivazione – lungi dal risultare del tutto antitetica – sia,
invece coerente rispetto al dispositivo, limitandosi a ridurne o ampliarne il contenuto, senza tuttavia
inficiarne il contenuto decisorio, e se ne possa escludere, peraltro, qualsiasi ripensamento
sopravenuto, essendo la motivazione ancorata ad elementi acquisiti al processo. In tal caso, la
divergenza tra dispositivo e motivazione non preclude il raggiungimento dello scopo – di consentire
l’individuazione del contenuto del decisum – ed esclude, di conseguenza, la nullità della sentenza (ai
sensi dell’art. 156, comma 2, c.p.c.), essendo questa configurabile solo quando l’atto risulti
inidoneo, appunto, al raggiungimento del suo scopo, e la motivazione della sentenza evidenzi un
sopravvenuto ripensamento (cfr. ex plurimis Cass. n. 10305/2011, Cass. n. 18202/2008).
7.- Siffatta inidoneità non si verifica nel caso di specie, laddove si osservi che, in realtà, la Corte
territoriale, inserendo l’espressione “respinge la domanda dell’appellato” tra le parole “in riforma

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3.- Con il terzo motivo si denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c. per avere la Corte di merito

della sentenza … del Tribunale di Brescia” e le parole “compensa le spese”, ha provveduto ad una
mera integrazione del dispositivo letto in udienza, rispetto al quale, comunque, la motivazione si
presenta del tutto coerente e non evidenzia alcun ripensamento. Né è sostenibile che il giudice
d’appello con la formula “in riforma della sentenza … del Tribunale di Brescia; compensa le spese”
avesse inteso provvedere solo a una riforma parziale della sentenza di primo grado limitatamente
alla statuizione sulle spese, giacché, in questo caso, la Corte di merito avrebbe avuto cura di
specificare, se non altro, che si trattava di una riforma “parziale” della sentenza impugnata – che

punto e virgola dopo l’espressione “in riforma della sentenza … del Tribunale di Brescia”.
8.- La divergenza prospettata, essendo nella fattispecie in esame configurabile l’ipotesi legale del
mero errore materiale, avrebbe quindi potuto essere emendata – come questa Corte ha già avuto
modo di affermare (cfr. ex plurimis Cass. n. 18090/2007, Cass. n. 11020/2007) – mediante la
procedura di correzione degli errori materiali (artt. 287 e ss. c.p.c.), essendo per contro
inammissibile l’impugnazione diretta a far valere la nullità della sentenza asseritamente dipendente
dal contrasto tra dispositivo e motivazione.
9.- Il secondo motivo è infondato. Non è vero, infatti, che la Corte d’appello abbia preso in
considerazione, come giustificato motivo di licenziamento, circostanze diverse da quelle indicate
dalla società a motivazione del suo recesso. Al riguardo, è sufficiente rilevare che il giudice
dell’appello ha preso in esame proprio la ricorrenza delle ragioni indicate dal datore di lavoro come
giustificatfici del recesso (e cioè, la mancanza di posizioni lavorative coerenti con la posizione e la
qualificazione professionale del lavoratore), verificandone la sussistenza in ragione del riassetto
organizzativo cui era stata sottoposta l’attività aziendale a seguito del processo di
“esternalizzazione” delle principali attività del servizio informatico ed osservando,
conclusivamente, che “al termine di questa operazione di esternalizzazione del servizi informatici,
l’ufficio OSI”- e cioè l’Ufficio Organizzazione e Sistemi Informatici, al quale era addetto il
ricorrente prima del periodo di distacco presso la società Iside — “si trovava ad occuparsi delle
attività informatiche residuali e di quelle meramente gestionali-operative dei servizi forniti da Iside
tramite i tre addetti … cui erano affidati servizi ormai marginali, per i quali certamente la
professionalità del Damonte non era utile e, comunque, era in esubero rispetto alle necessità, già
ampiamente colmate con i tre lavoratori sopra menzionati” ed ancora che “è risultato provato che
l’esternalizzazione di tutti i principali servizi informatici rendeva eccessivamente ridondante una
figura della preparazione tecnica dell’ing. Damonte, già, per il vero, sotto utilizzata fin dal 2003, in
quanto le residue attività nel settore, comprese quelle di assistenza all’home banking, potevano
essere espletate da tre dipendenti meno qualificati e che, nei due anni di distacco, avevano

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lasciava, quindi, ferme le altre statuizioni di merito – e non avrebbe poi certamente adoperato il

dimostrato di svolgere correttamente quel lavoro, rendendo non esigibile un nuovo riassetto per
consentire il rientro del A.A. in quella posizione”.
Sotto altro profilo, le censure del ricorrente, e così anche quelle formulate, peraltro del tutto
genericamente, in ordine alla asserita violazione dell’art. 5 della legge n. 604/66, si risolvono nella
mera critica della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito, proponendone una diversa
ricostruzione ed un giudizio valutativo parimenti diverso, e perciò in una richiesta che, in quanto
diretta all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, è estranea alla natura ed alle finalità del

10.- Anche il terzo motivo è infondato, posto che l’appello incidentale del lavoratore (che
riguardava la quantificazione del danno ex art. 18 della legge n. 300/70) è rimasto (e non poteva che
restare) assorbito dall’accoglimento dell’appello principale.
11.- Neppure il quarto motivo può trovare accoglimento. Al riguardo, deve ribadirsi che, come è
stato più volte affermato da questa Corte, la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza
impugnata con ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare
il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo esame, bensì la sola facoltà di controllo,
sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni
svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del
proprio convincimento, di assumere e valutare le prove e di scegliere, tra le complessive risultanze
del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi,
senza essere tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se
allegati dalle parti. Il vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione denunciabile con
ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., ricorre, dunque, soltanto quando nel
ragionamento del giudice di merito sia riscontrabile il mancato o insufficiente esame di punti
decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili d’ufficio, ovvero un insanabile
contrasto tra le argomentazioni adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento
logico-giuridico posto a base della decisione, mentre tale vizio non si configura allorché il giudice
di merito abbia semplicemente attribuito agli elementi valutati un valore e un significato diversi
dalle aspettative e dalle deduzioni di parte (cfr. ex plurimis Cass. n. 10657/2010, Cass. n.
9908/2010, Cass. n. 27162/2009, Cass. n. 16499/2009, Cass. n. 13157/2009, Cass. n. 6694/2009,
Cass. n. 42/2009, Cass. n. 17477/2007, Cass. n. 15489/2007, Cass. n. 7065/2007, Cass. n.
1754/2007, Cass. n. 14972/2006, Cass. n. 17145/2006, Cass. n. 12362/2006, Cass. n. 24589/2005,
Cass. n. 16087/2003, Cass. n. 7058/2003, Cass. n. 5434/2003, Cass. n. 13045/97, Cass. n. 3205/95).
12.- Nelle citate sentenze questa Corte ha già avuto modo di precisare che, in tema di prova, spetta
in via esclusiva al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di

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giudizio di cassazione.

assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere tra le
complessive risultanze del processo quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità
dei fatti ad esse sottesi, assegnando prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti,
nonché di escludere anche attraverso un giudizio implicito la rilevanza di una prova, dovendosi
ritenere, a tal proposito, che egli non sia tenuto ad esplicitare, per ogni mezzo istruttorio, le ragioni
per cui lo ritenga irrilevante ovvero ad enunciare specificamente che la controversia può essere
decisa senza necessità di ulteriori acquisizioni (cfr. ex plurimis, Cass. n. 16499/2009 cit.). E, per

valutazione delle risultanze delle prove e il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di
alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più
idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito,
il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili,
senza essere tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se
allegati dalle parti (Cass. n. 42/2009 cit., cui adde Cass. n. 21412/2006, Cass. n. 4347/99, Cass. n.
3498/94).
13.- Né può trascurarsi che per poter configurare il vizio di motivazione su un asserito punto
– decisivo della controversia, è necessario che il mancato esame di elementi probatori contrastanti con
quelli posti a fondamento della pronuncia sia tale da invalidare, con giudizio di certezza e non di
mera probabilità, l’efficacia probatoria delle risultanze sulle quali il convincimento del giudice è
fondato, onde la ratio decidendi venga a trovarsi priva di base (cfr. ex plurimis Cass. n.
14034/2005), essendo necessario, in altri termini, che sussista un rapporto di causalità fra la
circostanza che si assume trascurata e la soluzione giuridica data alla controversia, tale da far
ritenere che quella circostanza, se fosse stata considerata, avrebbe portato ad una diversa soluzione
della vertenza (Cass. n. 21249/2006).
14.- Nella specie, la Corte territoriale ha adeguatamente motivato il proprio convincimento in
relazione a tutti i fatti rilevanti nella presente controversia, osservando, per quanto riguarda in
particolare la posizione lavorativa occupata dal A.A. prima del distacco presso la società Iside,
che, completato l’affidamento della gestione dei principali servizi informatici alla stessa società,
all’Ufficio Organizzazione e Sistemi Informatici – cui era addetto il A.A. prima del periodo di
distacco – erano rimaste solo alcune attività residuali (gestione dei server locali, gestione della rete
dei client connessi al server, aggiornamento dei programmi applicativi in uso e interventi diretti
sulle singole macchine), che ben potevano essere (ed erano) svolte da altri dipendenti meno
qualificati del A.A. e che non erano comunque consone al suo profilo professionale.

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quanto riguarda specificamente la valutazione della prova testimoniale, ha affermato che la

15.- Le contrarie affermazioni del ricorrente, secondo cui la posizione lavorativa da lui ricoperta
prima del distacco sarebbe rimasta sostanzialmente immutata ed ancora esistente al momento del
licenziamento, non tengono conto delle argomentazioni svolte nella motivazione della sentenza
impugnata in ordine al rilievo delle modifiche intervenute nell’assetto organizzativo dell’impresa e
si risolvono, sostanzialmente, nella contestazione diretta (inammissibile in questa sede) del giudizio
di merito, giudizio che risulta motivato in modo sufficiente e logico con riferimento a tutte le
circostanze che vengono in rilievo ai fini della prova del giustificato motivo di licenziamento.

adeguatamente motivata e coerente sul piano logico-formale, non merita, dunque, le censure che le
sono state mosse con il motivo in esame.
17.- Il ricorso incidentale è fondato.
Questa Corte ha già affermato (cfr. ex multis Cass. n. 2662/2013, nonché Cass. n. 15461/2008) che
incorre nella violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato il giudice che,
accogliendo l’appello avverso sentenza provvisoriamente esecutiva, ometta di ordinare la
restituzione di quanto corrisposto in forza della decisione riformata, pur essendo stata ritualmente
introdotta con l’atto di impugnazione la relativa domanda restitutoria, non potendosi utilizzare la
riforma della pronuncia di primo grado, agli effetti di quanto previsto dall’art. 474 c.p.c, nonché
dell’art. 389 c.p.c., per le domande conseguenti alla cassazione, come condanna implicita.
Nella specie, la Corte territoriale ha per l’appunto omesso di pronunciare sulla domanda restitutoria
formulata dall’appellante. Questa, essendo comunque necessari ulteriori accertamenti di fatto,
andrà, dunque, riproposta davanti al giudice del rinvio.
18.- In definitiva, riuniti i ricorsi, deve essere respinto quello principale e accolto l’incidentale, con
la cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio della causa ad altro giudice d’appello, che si
designa nella Corte d’appello di Milano e che provvederà anche al regolamento delle spese del
giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi, rigetta il principale e accoglie l’incidentale; cassa la sentenza impugnata
in relazione al ricorso accolto e rinvia anche per le spese alla Corte d’appello di Milano.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 11 giugno 2013.

16.- Alla luce dei principi enunciati sub 11), 12) e 13), la sentenza impugnata, per essere

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