Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24254 del 08/09/2021

Cassazione civile sez. VI, 08/09/2021, (ud. 15/07/2021, dep. 08/09/2021), n.24254

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE I

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 15379/2020 R.G. proposto da:

A.U., rappresentato e difeso dall’Avvocato Staccioli Carlo

presso il cui studio elettivamente domicilia in Roma, Piazza Amerigo

Capponi, n. 16, come da procura in atti;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma Via dei Portoghesi 12 presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende;

– resistente –

Avverso il decreto n. 2680/2020 del TRIBUNALE di FIRENZE, depositato

il 11/05/2020.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15 luglio

2021 dal Consigliere Laura Tricomi.

 

Fatto

RITENUTO

Che:

ALEFH UCHE, nato in Nigeria (Delta State), impugnava la decisione della Commissione Territoriale, con cui era stata respinta la sua domanda di protezione internazionale e di permesso di soggiorno per ragioni umanitarie.

Con il decreto in epigrafe indicato, il Tribunale di Firenze ha rigettato il ricorso avverso tale decisione.

Il ricorrente aveva riferito di essere fuggito a seguito delle minacce di morte subite dagli zii, che volevano indurlo a separarsi dalla moglie, e per timore di essere costretto ad entrare a far parte della setta degli Ogboni.

Il Tribunale ha illustrato le ragioni per cui ha ritenuto non circostanziate tale esposizione ed ha escluso la ricorrenza dei presupposti per ogni forma di protezione internazionale richiesta.

Il richiedente ha proposto ricorso per cassazione con un mezzo. Il Ministero dell’Interno ha depositato mero atto di costituzione.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Il ricorrente ha proposto un unico motivo di ricorso, lamentando il vizio di motivazione apparente in relazione alla violenza cultista in Nigeria.

Il motivo è manifestamente infondato, posto che la motivazione c’e’ ed è espressa in termini rispondenti al minimo costituzionale richiesto: il Tribunale, infatti, ha esaminato le fonti internazionali e ne ha tratto una serie di informazioni in merito alla società degli Ogboni ed alle modalità di reclutamento (fol. 7/8 del decr. imp.), evidenziando l’incongruenza dei timori prospettati dal ricorrente, che, sul punto non deduce nulla di specifico, ma si limita a contestare – erroneamente la apparenza della motivazione. In proposito, trova conferma anche il principio secondo il quale è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass. Sez. U. n. 3449eblazione 08/09/2021 27/12/2019) così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass. n. 8758 del 04/04/2017). Con il ricorso per cassazione – anche se proposto con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – la parte non può, invero, rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito, poiché la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi è preclusa in sede di legittimità (Cass. n. 29404 del 07/12/2017; Cass. n. 19547 del 04/08/2017; Cass. n. 16056 del 02/08/2016).

2. Va, infine, osservato che l’infondatezza della censura proposta dal ricorrente, giustificando il rigetto del ricorso, conformemente alla proposta formulata dal Relatore ed in applicazione del criterio della ragione più liquida, esclude la necessità di soffermarsi, in questa sede, sulla questione concernente l’invalidità della procura ad litem per mancanza di certificazione della data di rilascio, risolta in senso affermativo da una recente pronuncia di questa Corte (cfr. Cass. Sez. Un., 1/06/2021, n. 15177), seguita dalla rimessione alla Corte costituzionale della questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35-bis, comma 13, introdotto dal D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, art. 6, comma 1, lett. g), convertito con modificazioni dalla L. 13 aprile 2017, n. 46 (cfr. Cass., Sez. III, 23/06/2021, n. 17970).

3. In conclusione, il ricorso va rigettato.

Non si provvede sulle spese in assenza di attività difensiva del resistente.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis (Cass. Sez. U. n. 23535 del 20/9/2019 e Sez.U.4315/2020).

PQM

– Rigetta il ricorso;

– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 15 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 settembre 2021

 

 

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