Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2425 del 31/01/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 31/01/2017, (ud. 28/10/2016, dep.31/01/2017),  n. 2425

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22042-2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

C.G., elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI

GRACCHI 39, presso lo studio dell’avvocato ADRIANO GIUFFRE’, che lo

rappresenta e difende unitamente agli avvocati CECILIA COMINASSI,

FRANCESCA GIUFFRE’, giusta delega in calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 82/2011 della COMM. TRIB. REG. della LOMBARDIA

depositata il 27/06/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/10/2016 dal Consigliere Dott. LA TORRE MARIA ENZA;

udito per il ricorrente l’Avvocato PISANA che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato FRANCESCA GIUFFRE’ che ha

chiesto il rigetto per infondatezza del merito;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO FEDERICO che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

L’Agenzia delle entrate ricorre per la cassazione della sentenza della CTR della Lombardia, 82/26/11 dep. 27.6.2011, che, confermando la decisione di primo grado, ha respinto l’appello dell’ufficio.

Il contenzioso ha origine dall’impugnazione di avviso di accertamento sintetico del reddito (D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 38, comma 4, in applicazione del c.d. redditometro, notificato a seguito di questionario, evaso dal contribuente), col quale veniva rideterminato il reddito di C.G. ai fini Irpef per gli anni 2002 e 2003, in relazione all’acquisto di quote societarie e al possesso di beni (autovettura, appartamento in proprietà), quali indici di capacità di spesa non compatibili con il reddito dichiarato.

In particolare la CTR ha considerato di modesta entità i beni posseduti dal contribuente e non giustificativo della maggiore redditività l’acquisizione di quote societarie, per l’importo di Euro 750.000,00, effettuata con pagamenti rateali annui di Euro 75.000,00 nell’arco di un decennio, “trattandosi di impegno a spendere un reddito da prodursi in futuro, poi regolarmente dichiarato con le dichiarazioni 2006 e 2007, prodotte dal C.”.

Si costituisce il contribuente con controricorso e deposita successiva memoria, eccependo l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Col primo motivo del ricorso l’Agenzia delle entrate deduce violazione di legge (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38 commi 4, 5 e 6, D.M. Min. Fin. 10 settembre 1992, e artt. 2728 e 2697 c.c.), costituendo gli elementi di capacità contributiva emergenti dall’acquisto delle quote societarie presunzione legale, con inversione dell’onere della prova a carico del contribuente.

2. Col secondo motivo si deduce omessa motivazione ed error in procedendo, avendo la CTR omesso di motivare sulla incongruenza del reddito dichiarato rispetto agli indici di capacità contributiva esposti in dichiarazione, a fronte della mancata dimostrazione da parte del contribuente: a) delle risorse per far fronte alle spese per l’acquisto dei beni indicatori di capacità contributiva; b) di avere acquistato le quote sociali con gli utili della società stessa.

3. I motivi, che sono ammissibili, contrariamente a quanto eccepito dal controricorrente, rispondendo al criterio di autosufficienza e non necessitando della conclusione con quesiti di diritto, stante l’inapplicabilità dell’art. 366 bis c.p.c., in relazione alla suindicata data di deposito della sentenza, possono essere esaminati congiuntamente, e vanno accolti.

Il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, legittima la presunzione, da parte dell’amministrazione finanziaria, di un reddito maggiore da quello dichiarato dal contribuente sulla base di elementi indiziari dotati dei caratteri della gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 c.c. e, in particolare, per quel che in questa sede interessa, in ragione della “spesa per incrementi patrimoniali”, la quale si presume sostenuta “salvo prova contraria, con redditi conseguiti, in quote costanti, nell’anno in cui è stata effettuata e nei cinque precedenti” (D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38, comma 5, nel testo applicabile alla fattispecie ratione temporis).

Quanto alla prova contraria – che la stessa disposizione faculta e onera il contribuente a offrire – essa è testualmente riferita, nel successivo comma 6, a fatto che “il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta”, e l’entità di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione. Sul punto questa Corte, proprio con riferimento a spese per incrementi patrimoniali, ha avuto occasione di affermare che la prova documentale contraria ammessa per il contribuente dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 6, non riguarda la sola disponibilità di redditi ovvero di redditi esenti o di redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ma anche l’essere stata la spesa per incrementi patrimoniali sostenuta proprio con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, e non già con qualsiasi altro reddito (cfr. Cass. n. 6813 del 2009; n. 8995 del 2014; n. 25104 del 2014).

La sentenza della CTR non si è attenuta a tali principi, limitandosi a qualificare l’acquisto di quote societarie quale “impegno a spendere un reddito da prodursi in futuro”: ciò in violazione delle indicate norme in tema di onere della prova e con motivazione inidonea a negare l’esistenza di una maggiore capacità contributiva del C., non avendo accertato la provenienza delle somme per far fronte al pagamento delle rate ed avendo escluso la rilevanza degli altri beni-indici di capacità contributiva, indicati in modo del tutto generico e insufficiente quali “beni di modesta entità”.

4. Conclusivamente, in accoglimento del ricorso, la sentenza va cassata con rinvio, anche per le spese, alla CTR della Lombardia, in diversa composizione.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla CTR della Lombardia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 28 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 31 gennaio 2017

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