Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24249 del 18/11/2011

Cassazione civile sez. trib., 18/11/2011, (ud. 25/10/2011, dep. 18/11/2011), n.24249

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.A., B.R., elettivamente domiciliati in

CIAMPINO VIA MORENA 200 presso lo studio dell’avvocato BRAVI

GIUSEPPE, rappresentati e difesi dall’avvocato ZENATTO MAURO, giusta

delega in calce;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

e contro

C.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 72/2002 della COMM. TRIB. REG. di VENEZIA,

depositata il 23/01/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/10/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CARACCIOLO;

udito per il ricorrente l’avvocato DE MARCHI CORRADO per delega

avvocato ZENATTO MAURO, che si riporta;

udito per il resistente l’avvocato CASELLI GIAN CARLO che ha chiesto

il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto, che ha concluso per l’estinzione del ricorso per

B.R., il rigetto per gli altri.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Gli atti del giudizio di legittimità.

Il 19.5.2005 è stato notificato al Ministero della Economia e delle Finanze e all’Agenzia delle Entrate un ricorso di B.A. e di B.R. per la cassazione della sentenza descritta in epigrafe (depositata il 23.1.2003), che ha respinto l’appello dei predetti ricorrenti contro le sentenze riunite della Commissione tributaria provinciale di Padova n. 690/06/1999 n. 689/06/1999 e n. 688/06/1999, sentenze che avevano solo parzialmente accolto i ricorsi delle parti contribuenti avverso avvisi di rettifica parziale ai fini IVA per gli anni 1993, 1994 e 1995.

Le parti intimate si sono difese con controricorso.

La parte ricorrente ha pure depositato memoria illustrativa.

All’udienza del giorno 27.10.2009 questa Corte, rilevato che il ricorso introduttivo non era stato notificato a C. G., che pure era stata parte del processo di secondo grado, ha disposto l’integrazione del contraddittorio nei confronti di quest’ultima.

Con atto tempestivamente notificato la parte ricorrente ha provveduto ad integrare il contraddittorio nei confronti della C., che non ha svolto alcuna attività difensiva.

Alla nuova udienza del 22.6.2010 la Corte, in conformità alla richiesta del difensore di parte ricorrente, ha rinviato il processo a nuovo ruolo, atteso che risultavano essere in corso trattative di definizione della controversia.

Con istanza di data 31.5.2001 la parte ricorrente ha chiesto la nuova fissazione dell’udienza di discussione, dando atto dell’intervenuta transazione relativamente alla sola posizione di B.R., ciò che è stato poi ribadito con memoria congiunta di entrambe le parti depositata nell’imminenza dell’udienza di discussione.

Nell’imminenza della nuova udienza di discussione, la parte ricorrente ha depositato ulteriore memoria illustrativa.

La controversia è stata nuovamente discussa alla pubblica udienza del 25.10.2011, in cui il PG ha concluso per rigetto del ricorso (con estinzione de rapporto processuale afferente B.R.).

2. I fatti di causa.

Con i menzionati avvisi di rettifica parziale l’Amministrazione aveva (per come si desume dal controricorso, atteso che la parte ricorrente nulla dice sugli antefatti di causa) contestato irregolarità nella tenuta della contabilità ed emissione di fatture per operazioni commerciali parzialmente inesistenti. Gli avvisi di rettifica erano stati indirizzati sia alla “Pubblicità Bazza srl” (in persona del liquidatore B.A.) sia a B.R. (limitatamente al periodo 1.1.1993/31.1.1993) e sia a B.G. (per il periodo 1.2.1993/31.12.1993) e da ciascuno di essi erano stati impugnati, con separati ricorsi.

La CTP di Padova, con separate sentenza, ha accolto i ricorsi limitatamente alla posizione di B.R. e C. G. e per ciò che concerne le sole annualità 1994 e 1995, respingendo per il resto.

Hanno proposto appello le tre parti contribuenti avanti alla CTR del Veneto, che lo ha integralmente disatteso.

3. La motivazione della sentenza impugnata.

La sentenza della CTR, oggetto del ricorso per cassazione, è motivata nel senso che per ciò che concerne la censura afferente la nullità della notifica, doveva essere confermata la decisione della commissione di primo grado, atteso che la società risultava cancellata al momento della notifica stessa, sicchè essa non poteva che essere effettuata nei confronti della persona ultima responsabile legale.

Quanto alla censura relativa alla “carenza di motivazione” degli avvisi di accertamento, la Commissione evidenziava che nei processi verbali erano contenute numerose e determinanti ammissioni da parte del B.A..

4. Il ricorso per cassazione.

Il ricorso per cassazione è sostenuto con tre motivi d’impugnazione (il primo relativo alla posizione di B.A. e gli altri due relativi alla posizione di B.R.) e si conclude – senza previa indicazione del valore della lite – con la richiesta che sia cassata la sentenza impugnata, con ogni consequenziale statuizione.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

5. Questione preliminare.

Occorre preliminarmente disattendere l’eccezione di tardività del controricorso proposta dalla parte ricorrente.

Il controricorso risulta infatti notificato (in ragione della data di richiesta della procedura di notifica) in data 4.7.2005, ed appare perciò tempestivo alla luce della stessa cronologia delle date di proposizione della lite in questo grado così come ricostruite dalla parte ricorrente.

Preliminarmente occorre pure dare atto della cessazione della materia del contendere circa il rapporto processuale radicatosi in relazione alla parte ricorrente B.R. che – siccome è stato dato atto concordemente dalla parte ricorrente e da quella intimata – ha transatto stragiudizialmente la controversia.

6. Il motivo d’impugnazione..

Il primo ed unico motivo d’impugnazione di cui residua l’esame (in relazione alla posizione di B.A.) è collocato sotto la seguente rubrica: “Violazione dell’art. 360 c.p.c., nn.3 e 5, in relazione al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 6, e art. 56 del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60 nonchè dell’art. 137 c.p.c., e segg., circa la nullità o inesistenza della notificazione degli avvisi di rettifica”.

Con un primo profilo di doglianza la parte ricorrente prospetta che il giudice di appello ha immotivatamente omesso di motivare su uno specifico motivo di impugnazione, e “cioè l’omessa e/o errata indicazione, sulla busta chiusa contenente gli avvisi, che il destinatario di essi era il sig. B. nella sua qualità di liquidatore della srl”. E pertanto la decisione (che non aveva in nessun modo affrontato il predetto profilo di censura) ad avviso della parte ricorrente è censurabile sia sotto il profilo della omessa motivazione, sia sotto il profilo della incoerente e/o illogica motivazione, sia sotto il profilo della violazione di legge (sotto un primo rispetto, perchè non aveva tenuto conto che la notifica avrebbe dovuto essere effettuata anzitutto presso la sede della società e solo in seguito a mani de legale rappresentante;

sotto un secondo rispetto perchè non aveva tenuto conto del fatto che sul piego contenente l’atto non era stato specificato in quale veste il B.A. era stato identificato come destinatario della notifica medesima).

L’anzidetto profilo di impugnazione è inammissibile.

Ed infatti la parte ricorrente (sia pure senza farne menzione in rubrica) ha prospettato l’esistenza del vizio di omessa o illogica motivazione del provvedimento impugnato, pur avendo in concreto dedotto un asserito omesso esame del motivo di censura, ciò che rientra tipicamente tra i vizi di legge di rito, sotto il profilo della violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato (art. 112 c.p.c.).

In tema si veda Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12952 del 04/06/2007: “La decisione del giudice di secondo grado che non esamini e non decida un motivo di censura della sentenza del giudice di primo grado è impugnabile per cassazione non già per omessa o insufficiente motivazione su di un punto decisivo della controversia e neppure per motivazione “per relationem” resa in modo difforme da quello consentito bensì per omessa pronuncia su un motivo di gravame. Ne consegue, quindi, che, se il vizio è denunciato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 o n. 5 anzichè dell’art. 360 c.p.c., n. 4 in relazione all’art. 112 c.p.c., il ricorso si rivela inammissibile”.

Con il secondo profilo di doglianza la parte ricorrente si duole poi della violazione delle disposizioni di legge menzionate nella rubrica e prospetta che il giudice dell’appello le avrebbe violate nella parte in cui non ha tenuto conto sia del fatto che l’avviso destinato alla “Bazza srl” avrebbe dovuto essere notificato presso la società nella sua “sede/domicilio fiscale, sia del fatto che la notifica (diretta al B. non nella sua qualità di “legale rappresentante”) non poteva considerarsi pervenuta alla società. E ciò perchè la persona fisica che rappresenta l’ente è soggetto giuridico distinto dall’Ente medesimo.

Poichè nella specie di causa la notifica era stata effettuata al B. personalmente presso il suo domicilio fiscale, la parte ricorrente assume che il giudice del merito avrebbe dovuto dichiarare la nullità insanabile della notifica, appunto perchè rivolta a soggetto diverso da quello a cui gli atti erano destinati.

Anche detto profilo di impugnazione è inammissibile.

Ed invero la parte ricorrente non ha allegato con modalità idoneamente autosufficienti quale fosse l’esatto tenore della notifica rivolta al B.A., ciò che appare ancor più rilevante alla luce della circostanza che nella sentenza di appello si dice che “la notifica del provvedimento in questione non poteva avvenire che alla persona ultima responsabile legale della società”:

considerazioni che lasciano supporre che – invece – il piego sia stato idoneamente indirizzato, anche con la precisazione della qualità.

Non guasta peraltro rammentare l’indirizzo di questa Suprema Corte (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 16522 del 05/08/2005) secondo cui – in applicazione dell’art. 138 cod. proc. Civ., che considera valida ogni notifica effettuata a mani proprie del destinatario, indipendentemente dal luogo in cui lo stesso sia reperito – deve considerarsi valida la notifica della cartella esattoriale (o dell’avviso di mora) nei confronti di una persona giuridica effettuata a mani del legale rappresentante della stessa, a condizione che l’atto sia rivolto alla persona fisica in tale qualità. Se ne desume che ciò che in concreto è determinante è la destinazione dell’atto notificato con il piego postale e non anche la dicitura recata sul fronte di detto piego.

In definitiva, il ricorso deve respingersi per la parte che concerne la posizione specifica di B.A., a carico del quale residuano anche le spese di lite, in applicazione del principio della soccombenza.

P.Q.M.

la Corte dichiara cessata la materia del contendere per ciò che attiene alla posizione processuale di B.R.; rigetta il ricorso il ricorso di B.A..

Condanna il B.A. a rifondere le spese di lite alla parte intimata, spese liquidate in Euro 2.000,00 oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 25 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2011

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