Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24247 del 08/09/2021

Cassazione civile sez. VI, 08/09/2021, (ud. 15/04/2021, dep. 08/09/2021), n.24247

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34-2020 proposto da:

FONDAZIONE CLAUDI, in persona del Presidente e legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CIVININI 105,

presso lo studio dell’avvocato FIORETTI ENRICO, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato MASSEI MARCO;

– ricorrente –

contro

ROMA CAPITALE, GIA’ COMUNE DI ROMA, in persona della Sindaca pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEL TEMPIO DI GIOVE,

21, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO CIAVARELLA, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3012/1/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DEL LAZIO, depositata il 16/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ESPOSITO

ANTONIO FRANCESCO.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

Con sentenza in data 16 maggio 2019 la Commissione tributaria regionale del Lazio accoglieva l’appello proposto da Roma Capitale avverso la decisione di primo grado che aveva accolto il ricorso proposto dalla Fondazione Claudi contro l’avviso di accertamento ai fini IMU per l’anno 2012, relativamente ad immobili di proprietà della contribuente, sul presupposto che non fosse stato provato il diritto all’esenzione.

Avverso la suddetta sentenza, la Fondazione Claudi ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

Resiste con controricorso Roma Capitale.

Sulla proposta del relatore ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. risulta regolarmente costituito il contraddittorio camera le.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

Vanno anzitutto disattese le eccezioni di inammissibilità del ricorso formulate da Roma Capitale. Ed invero la sentenza impugnata – come si vedrà in prosieguo – non ha deciso questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte, né il ricorso è volto ad ottenere un riesame del merito della controversia.

Con il primo motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i), per avere la CTR ritenuto l’insussistenza del requisito oggettivo per usufruire dell’esenzione.

La censura è fondata.

L’orientamento di questa Corte è saldamente ancorato al concetto di utilizzazione diretta del bene da parte dell’ente possessore come condizione necessaria perché a quest’ultimo spetti il diritto all’esenzione prevista dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7 comma 1, lett. i), nel caso di esercizio delle attività considerate normativamente “esentabili”. E’ infatti insegnamento di questa Corte, quello secondo cui “In materia di ICI, l’esenzione di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i) – che costituisce, al pari delle altre norme che prevedono trattamenti agevolati in materia tributaria, una deroga alla regola generale ed è perciò di stretta interpretazione – opera alla duplice condizione dell’utilizzazione diretta degli immobili da parte dell’ente possessore e dell’esclusiva loro destinazione ad attività peculiari che non siano produttive di reddito” (Cass. n. 7385/2012). L’esenzione non spetta, pertanto, nel caso di utilizzazione indiretta, ancorché assistita da finalità di pubblico interesse (cfr. Cass. nn. 18838/2006, 8496/2010, 2821/2012, più recentemente, Cass. n. 10483/2016). In particolare, secondo Cass. n. 4502/2012, “In tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), l’esenzione prevista dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. i), è subordinata alla compresenza di un requisito oggettivo, rappresentato dallo svolgimento esclusivo nell’immobile di attività di assistenza o di altre attività equiparate, e di un requisito soggettivo, costituito dal diretto svolgimento di tali attività da parte di un ente pubblico o privato che non abbia come oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali (D.P.R.. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 87, comma 1, lett. c), cui il citato art. 7 rinvia). La sussistenza del requisito oggettivo deve essere accertata in concreto, verificando che l’attività cui l’immobile è destinato, pur rientrando tra quelle esenti, non sia svolta con le modalità di un’attività commerciale”.

Nel caso di specie la CTR non ha escluso né il fine istituzionale, né l’utilizzazione diretta degli immobili ma richiamando il contenuto della sentenza n. 691/15/17 resa dalla medesima commissione tributaria in relazione alle annualità 2008-2011, decisione poi riformata da questa Corte con ordinanza n. 3193/2020 – ha ritenuto che “l’utilizzo dei due immobili in questione per le riunioni decisionali e preparatorie dell’attività culturale organizzata dalla Fondazione non integra, a parere del collegio, i requisiti di destinazione esclusiva all’attività culturale”, con ciò introducendo un elemento non richiesto ai fini dell’esenzione, senza accertare, invece, i presupposti dell’esenzione medesima.

Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Lamenta la ricorrente che la CTR avrebbe omesso di esaminare la dedotta insufficienza della motivazione dell’atto impugnato.

Il motivo è inammissibile, non avendo la ricorrente riprodotto la motivazione dell’avviso di accertamento né allegato l’atto impugnato al ricorso per cassazione. Ed invero, in base al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, sancito dall’art. 366 c.p.c. nel giudizio tributario, qualora il ricorrente censuri la sentenza di una commissione tributaria regionale sotto il profilo del vizio di motivazione nel giudizio sulla congruità della motivazione dell’avviso di accertamento, è necessario che il ricorso riporti testualmente i passi della motivazione di detto avviso, che si assumono erroneamente interpretati o pretermessi, al fine di consentire la verifica della censura esclusivamente mediante l’esame del ricorso (Cass. n. 16147/2017).

In conclusione, in accoglimento del primo motivo di ricorso, dichiarato inammissibile il secondo, la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione, la quale provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara inammissibile il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 15 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 settembre 2021

 

 

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