Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24247 del 02/11/2020

Cassazione civile sez. VI, 02/11/2020, (ud. 22/09/2020, dep. 02/11/2020), n.24247

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 32742-2019 proposto da:

NAPOLI 2000 SOCIETA’ COOPERATIVA EDILIZIA, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

CRESCENZIO 58, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO TOGNA,

rappresentata e difesa dall’avvocato ANTONIO IZZO;

– ricorrenti –

contro

D.C.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIUNIO

BAZZONI 15, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCA RICCIARDI,

rappresentata e difesa dall’avvocato MASSIMO CAPUTO;

– Controricorrenti –

per regolamento di competenza avverso l’ordinanza N. R.G. 19772/2018

del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata il 25/09/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/09/2020 dal Consigliere Dott. TERRUSI FRANCESCO;

lette le conclusioni scritte del PUBBLICO MINISTERO in persona del

SOSTITUTO PROCURATORE GENERALE DOTT. DE MATTEIS STANISLAO che chiede

che la Corte, riunita in camera di consiglio, accolga il ricorso e

dichiari la competenza arbitrale a decidere sulla domanda di

liquidazione della quota sociale promosso dall’ex socia

D.C.A. nei confronti Napoli 2000 Società Cooperativa Edilizia.

Conseguenze di legge.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con l’ordinanza impugnata il tribunale di Napoli, sezione specializzata in materia di imprese, ha respinto l’eccezione di arbitrato che era stata proposta dalla cooperativa edilizia Napoli 2000 nella causa promossa dalla socia receduta, D.C.A., per la liquidazione della sua quota.

Ha motivato la decisione osservando che oggetto del giudizio era esclusivamente la liquidazione della quota, non essendovi stata contestazione in ordine alla qualità di socio nè in ordine alla legittimità del recesso; cosicchè la domanda esulava dall’ambito della clausola compromissoria, essendo intesa a tutela del diritto di credito di un soggetto che già aveva dismesso la qualità di socio.

La cooperativa ha impugnato il provvedimento con regolamento di competenza.

L’intimata ha depositato una memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

I. – La D.C. ha avanzato tre eccezioni di inammissibilità dell’avverso ricorso.

Nessuna di queste è meritevole di accoglimento.

In ordine alla prima – che postula che il tribunale di Napoli si sia già pronunciato nel senso di escludere la competenza arbitrale con una prima ordinanza (in data 19-11-2018) non impugnata – è da osservare (essendo la Corte, sulle questioni processuali, giudice del fatto) che, tutt’al contrario, quell’ordinanza, pur ponendo il problema del rapporto tra la sezione specializzata per le imprese e la sezione ordinaria del medesimo tribunale di Napoli, conteneva un’esplicita riserva in ordine all’eccezione di arbitrato. Cosicchè non può affermarsi che la stessa, seppur adottata con identica motivazione rispetto a quella di cui qui si discorre, abbia inteso implicitamente disattendere l’eccezione medesima.

E’ poi infondato affermare che la notifica del regolamento sia inesistente. Essa è stata eseguita presso il domicilio anteriormente eletto, ma ciò non determina l’inesistenza della notificazione quanto piuttosto la sua nullità, che è stata sanata con effetto ex tunc dalla costituzione del destinatario (v. Cass. Sez. U n. 1491616).

Infine, diversamente da quanto ancora eccepito dalla controricorrente, il presente ricorso deve tener conto della data di deposito dell’ordinanza gravata, e in base a questa non è soggetto al cessato art. 366-bis c.p.c. (L. n. 69 del 2009, artt. 47 e 58).

II. – Il ricorso per regolamento di competenza è fondato nel senso che segue.

Lo statuto della cooperativa, per quel che si evince, contiene una clausola compromissoria (art. 33) che devolve in arbitrato rituale, “secondo le disposizioni del D.Lgs. n. 5 del 2003”, tra le altre “a) tutte le controversie insorgenti tra soci o tra soci e Società che abbiano ad oggetto diritti disponibili, anche quando sia oggetto di controversia la qualità di socio”.

Come reso evidente dal riferimento alle norme del D.Lgs. n. 5 del 2003, si tratta di clausola per arbitrato societario, naturalmente attinente (per implicito) a controversie aventi a oggetto “diritti disponibili relativi al rapporto sociale”.

III. – Contrariamente a quanto opinato dal tribunale di Napoli, la locuzione “relativi al rapporto sociale” non ottiene affatto, nel D.Lgs. n. 5 del 2003, che la controversia debba riguardare il rapporto sociale ancora in atto tra le parti. E quindi non è incisa dalla circostanza che la parte attrice – avendo esercitato il recesso – non sia più socia al momento della domanda (sul che cfr. Cass. n. 5836-13).

IV. – A tal proposito è vano richiamare – come invece ha fatto la resistente – il principio affermato da Cass. n. 21036-17, perchè diversa è la fattispecie che rileva.

Lì si trattava di stabilire l’opponibilità o meno di vicende di trasformazione societaria successive al recesso, stante l’inserimento della clausola compromissoria nello statuto della società di capitali risultante dalla trasformazione della società di persone di cui il receduto era socio.

E tale opponibilità la Corte ha condivisibilmente escluso.

Qui viceversa si tratta di stabilire quale sia l’estensione del concetto di diritti disponibili “relativi al rapporto sociale”, onde verificare se la controversia sulla liquidazione della quota sia o meno attratta dalla clausola compromissoria inserita nello statuto della società dalla quale è receduto il socio.

V. – La risposta a tale ultimo quesito non può che essere affermativa.

Questa Corte ha in generale avuto modo di considerare che la clausola compromissoria, contenuta nello statuto di una società, la quale preveda la devoluzione ad arbitri delle controversie connesse al contratto sociale, deve ritenersi estesa, tra l’altro, “alla controversia riguardante il recesso del socio dalla società” (Cass. n. 15697-19).

La controversia riguardante il recesso – che è controversia relativa al rapporto sociale – comprende anche quella in cui sia controverso il (solo) valore della quota, poichè l’esercizio del recesso coinvolge nel contempo sia lo status di socio sia il diritto (di natura patrimoniale) a esso conseguente, qual è quello alla liquidazione del valore della partecipazione (cfr. in tema Cass. n. 10399-18).

Specularmente ciò sta a significare (nel caso concreto) che, in quanto attinente alla liquidazione della quota conseguente all’avvenuto recesso, la controversia doveva essere devoluta in arbitrato societario.

E ciò per due concorrenti ragioni:

(i) per la portata specifica della clausola, nella quale assume valore esplicativo l’avverbio “anche” (“tutte le controversie insorgenti tra soci o tra soci e Società che abbiano ad oggetto diritti disponibili, anche quando sia oggetto di controversia la qualità di socio”) – il che implica doversi annoverare tra quelle oggetto di devoluzione ogni controversa che comunque presupponga il rapporto sociale nella causa petendi, a prescindere dall’essere o meno in contestazione la (perdurante) qualità di socio (e v. d’altronde, analoga necessità esegetica per l’arbitrato ordinario, Cass. n. 3795-19 e Cass. n. 3523-20);

(ii) per la stessa portata del D.Lgs. n. 5 del 2003, art. 34, cui la clausola de qua esplicitamente rinvia.

E difatti l’espressione generale di cui al D.Lgs. n. 5 del 2003, art. 34, che riferisce l’arbitrato societario ai “diritti disponibili relativi al rapporto sociale”, è idonea a comprendere non solo le controversie che investono direttamente il rapporto sociale (id est, il rapporto in atto), ma anche quelle che abbiano a oggetto diritti comunque nascenti da (e presupponenti il) rapporto sociale, visto che nell’oggetto del processo rientra il rapporto sociale anche quando si discuta (solo) delle utilità concrete che vedono nel rapporto la fattispecie costitutiva.

VI. – In conclusione, va affermata la competenza arbitrale.

Gli arbitri, dinanzi ai quali il giudizio verrà riassunto, provvederanno anche sulle spese del presente regolamento.

P.Q.M.

La Corte dichiara la competenza arbitrale e rimette agli arbitri di provvedere anche sulle spese del regolamento di competenza.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 22 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 novembre 2020

 

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