Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24246 del 29/11/2016


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Cassazione civile sez. II, 29/11/2016, (ud. 04/10/2016, dep. 29/11/2016), n.24246

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7576-2013 proposto da:

C.C., elettivamente domiciliato in ROMA, V. MAZZINI 55,

presso lo studio dell’avvocato PAOLO PETRELLA TIRONE, rappresentato

e difeso dall’avvocato CARLO TAGARIELLO in virtù di procura in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

CI.GI., D.E., D.S.G., DO.CA.,

F.M.A., quale erede di F.C., G.F.

anche quale erede di G.A., L.A., M.B.,

T.F. anche quale erede di M.P., N.A.

P.A., P.G., PA.AN. e R.A. quali

eredi di P.F. elettivamente domiciliati in ROMA, VIA XX

SETTEMBRE 1, presso lo studio UGHI e NUNZIANTE, rappresentati e

difesi dall’avvocato AGOSTINO CLEMENTE, in virtù di procura in

calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 880/2012 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 30/07/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/10/2016 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;

udito l’Avvocato Roberto Leccese per delega dell’Avvocato Clemente

per i controricorrenti;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. CELESTE Alberto, che ha concluso per l’accoglimento

del secondo motivo, assorbito il primo.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 2.6.89 il condominio di (OMISSIS) ed alcuni condomini, convennero dinanzi al Tribunale di Taranto C.C., proprietario dell’intero piano interrato e la Soc. Coop. a r.l. “(OMISSIS)” dante causa degli attori, perchè fosse dichiarata la nullità delle clausole contrattuali, ove esistenti, in base alle quali la titolarità del bene de quo era pervenuto al C., con esclusione del vincolo di asservimento di cui alla L. n. 765 del 1967, ex art. 18; e fosse ordinato il ripristino dello stato dei luoghi.

Assumevano, infatti, gli attori che con atto di asservimento del (OMISSIS), intervenuto fra la Coop. “(OMISSIS)” s.r.l. ed il Comune di Taranto, era stato destinato a parcheggio parte del lotto interessato alla costruzione dell’edificio e che C.C., attuale proprietario dell’area asservita, già adibita a garage, ne aveva mutato la destinazione. Costituitisi i convenuti, la cooperativa contestava la propria legittimazione passiva ed il C. chiedeva il rigetto della domanda asserendo che l’area asservita a parcheggio in favore dei condomini della stabile non era quella di sua proprietà sita nel piano sottostrada ed acquistata libera da ogni vincolo; ma, se mai, quella circostante l’immobile a livello del piano stradale, così identificata nella pratica esistente presso il Comune di Taranto.

Espletata C.T.U. ed acquisiti documenti, il Tribunale di Taranto con sentenza 27.11.98 dichiarava privi di legittimazione passiva il Condominio e quei condomini che non avevano provato la loro qualità di condomini; respingeva la domanda di nullità delle clausole relative al vincolo d’uso perchè inesistenti; individuava nell’area di proprietà del C. quella asservita a parcheggio.

Su impugnazione principale del C. ed incidentale degli attori, la Corte di appello di Lecce, con sentenza 6.12.2001 rigettava entrambe le impugnazioni compensando integralmente le spese processuali. Affermava la Corte d’Appello, riferendosi alla tesi dell’appellante secondo cui non risulterebbe allegata alcuna planimetria nè al titolo, nè alla nota di trascrizione, che il C.T.U. non ha detto che l’atto di asservimento era privo di planimetria; ma che nella planimetria allegata all’atto di asservimento non erano indicati gli accessi carrabili a detta area; o che il grafico allegato non era fedele allo stato di fatto; o che l’area libera, di pertinenza condominiale, non aveva le caratteristiche e l’estensione necessaria a soddisfare i requisiti ex L. n. 765 del 1967; sicchè, per la corte, l’allegata planimetria costituiva parte integrante del contratto e non rendeva nullo il negozio per indeterminatezza dell’oggetto; inoltre essendo stata individuata l’area destinata a parcheggio e non essendovi state doglianze specifiche in ordine al gravame principale, sul punto deve ritenersi sussistere il giudicato.

Proposto ricorso in cassazione, la Corte con la sentenza n. 5028 del 5 marzo 2007 accoglieva il ricorso rinviando la causa alla Corte d’Appello di Bari.

Il giudice del rinvio con la sentenza n. 880 del 30 luglio 2012, rigettava l’appello principale e gli appelli incidentali, confermando la sentenza impugnata.

Rilevava che il Tribunale aveva affermato che la destinazione ad uso parcheggio per le abitazioni site nel condominio, del piano cantinato del C. non derivava dall’atto di asservimento del (OMISSIS), intercorso tra la Cooperativa ed il Comune di Taranto, in quanto a tale atto non risultava allegata alcuna planimetria, così come del pari non risultava allegata alcuna planimetria alla nota di trascrizione del detto vincolo presso la Conservatoria, nè alla pratica edilizia esistente presso il Comune.

Tuttavia, per individuare il vincolo di destinazione d’uso del detto piano cantinato era possibile fare ricorso a due riscontri documentali e precisamente alla tavola n. (OMISSIS) allegata alla concessione edilizia che riporta la planimetria del piano cantinato individuata come area garage, e la domanda di concessione edilizia a firma congiunta del proprietario, del costruttore, del progettista e del direttore dei lavori, recante la data del 21/5/1968 laddove nell’individuazione della superficie minima da destinare a parcheggio si fa riferimento all’intero piano cantinato oltre alle relative rampe di accesso.

Quindi richiamata la ratio che è sottesa alle previsioni di cui alla L. n. 765 del 1967, art. 18 e ribadito che la destinazione a parcheggio non impediva la trasferibilità autonoma delle aree a tal fine riservate purchè fosse mantenuta la destinazione, ha ribadito la costante affermazione giurisprudenziale in base alla quale sono nulli gli atti con i quali vengono sottratti gli spazi destinati a parcheggio alla loro inderogabile destinazione.

Per l’effetto doveva ritenersi che gli acquirenti degli appartamenti avessero acquistato altresì il diritto d’uso a parcheggio degli spazi all’uopo asserviti.

Tuttavia una volta ritenuta la nullità dell’atto di asservimento per la sua indeterminatezza, quanto all’individuazione delle aree in esame, l’atto stesso era superfluo, in presenza di indici certi per l’individuazione delle aree, come sopra indicati, e non essendo necessaria l’annotazione nei RR.II posto che il vincolo a parcheggio è una limitazione legale della proprietà che si trasferisce senza bisogno di trascrizione.

Per l’effetto l’appello principale andava rigettato, ribadendosi il diritto in favore degli appellati sul cantinato appartenente al C..

C.C. ha proposto ricorso per la cassazione di tale sentenza sulla base di due motivi.

Gli intimati hanno resistito con controricorso.

Nell’imminenza dell’udienza i controricorrenti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2643 e 2645 c.c. ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4 in riferimento alla pretesa mancanza di necessità della trascrizione ai fini della costituzione del vincolo di destinazione a parcheggio ed ai fini dell’esatta individuazione dell’area sottoposta a quella destinazione.

Assume il ricorrente che la Corte barese ha ritenuto superflua la mancata annotazione nei RR.II. del vincolo a parcheggio, in quanto limitazione legale della proprietà, assumendo anche la superfluità della trascrizione della domanda giudiziale volta al trasferimento delle relative aree.

In realtà erano stati gli stessi attori a dedurre che il titolo dell’asservimento andava individuato nella scrittura del (OMISSIS) intercorso tra la società costruttrice ed il Comune di Taranto. Inoltre l’affermazione posta a fondamento della decisione gravata contrasta con quanto affermato dalla stessa Corte di Cassazione nella sentenza n. 5028 del 2007, dalla quale è scaturito il giudizio di rinvio.

Peraltro la necessità della trascrizione si ricava anche dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 318/09, essendo quindi necessario, difformemente da quanto sostenuto dai giudici in sede di rinvio, che il vincolo dovesse emergere dalla nota di trascrizione.

Con il secondo motivo si denunzia la violazione falsa applicazione degli artt. 112 e 115 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4 nonchè l’inesistente ovvero insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in relazione al presunto giudicato formatosi con la sentenza di primo grado sull’individuazione dell’area asservita.

Invero, la sentenza della Corte di Cassazione n. 5028/07 aveva affermato che l’individuazione dell’oggetto del contratto per il quale sia prevista la forma scritta ad substantiam non può essere desunta da elementi estranei al negozio, affermazione che aveva portato alla cassazione della decisione della Corte d’Appello di Taranto. Nel momento in cui la Corte barese perviene all’individuazione delle aree asservite sulla base di documenti esterni all’atto di asservimento ma altresì estranei al contratto con il quale il C. aveva acquistato l’area in esame, la stessa viola il principio al quale doveva attenersi.

Inoltre erra il giudice del rinvio nella parte in cui afferma che i documenti sulla scorta dei quali aveva individuato le aree asservite a parcheggio non fossero stati oggetto di contestazione, essendo invece stati reiteratamente interessati dalle censure di cui all’atto di appello, il che, anche per tale ragione, aveva portato la Corte ad annullare la prima sentenza di appello.

2. Il ricorso è fondato e pertanto deve essere accolto.

Rileva il Collegio che con i due motivi, da esaminare in maniera congiunta, sostanzialmente si denunzia la violazione ad opera del giudice del rinvio del principio di diritto che questa Corte aveva pronunziato con la sentenza n. 5028 del 2007, principio di diritto che vincola non solo il giudice di rinvio, ma anche la Corte successivamente adita per l’impugnazione della pronunzia emessa all’esito del giudizio di rinvio (cfr. ex multis Cass. n. 11716/2014).

Appare a tal fine utile riassumere il contenuto della precedente decisione di questa Corte la quale aveva accertato che non risultava allegata alcuna planimetria nè alla nota di trascrizione del vincolo di asservimento presso la conservatoria dei di Lecce, nè alla pratica edilizia esistente presso il Comune di Taranto, così come del pari che la planimetria prodotta dal C., che asseriva consegnatagli dal suo dante causa, non conteneva alcun elemento che potesse collegarla all’atto di asservimento.

Per l’effetto ha ritenuto erronea la prima decisione della corte (l’appello sia quando afferma che una planimetria (quella presa in esame dal C.T.U.) era allegata all’atto di asservimento e, quindi, alla nota di trascrizione costituendone parte integrante, perchè ciò contrasta con il giudicato interno formatosi sul punto; sia quando afferma che l’individuazione dell’area da destinare a parcheggio, così come determinata dal Tribunale, non fosse stata contestata nell’atto di appello dal ricorrente; perchè questi ha contestato, nel suddetto atto, e la localizzazione dell’area fatta nella sentenza di 1 grado ed i criteri utilizzati dal Tribunale per individuarla. Il C., altresì, sempre con l’atto di appello, aveva denunciato l’inopponibilità dell’atto di asservimento nei suoi confronti (in quanto terzo) perchè nullo per indeterminatezza dell’oggetto.

Quindi, e passando all’individuazione del principio di diritto espresso, ha affermato che aveva errato, ancora, la corte territoriale quando ha affermato che l’individuazione dell’oggetto di un contratto per il quale sia necessaria la forma scritta ad substantiam, possa essere desunta da elementi estranei al negozio; essendo noto che, perchè l’oggetto di un contratto formale elementi idonei ad identificarlo comunque, dallo scritto debbono lasciare dubbi sulla identità di riferimento ad una planimetria sottoscritta dalle parti) deve essere sia determinato o determinabile, gli devono risultare dallo scritto; o, risultare dati oggettivi idonei a non esso; ed ove il contratto faccia allegata, questa oltre ad essere espressamente indicata nel contratto come facente parte integrante del contenuto dello stesso (v. sent. 2900/89; 1165/2000).

Nella presente fattispecie non solo non poteva ritenersi allegata all’atto di asservimento ed alla nota di trascrizione alcuna planimetria, come sopra detto; ma nella descrizione della ritenuta (in sentenza) allegata planimetria, del tutto insufficiente era la motivazione della corte d’appello nell’indicare gli elementi che dovrebbero servire ad individuare con certezza l’area vincolata.

Inoltre, ed in riferimento all’eccepita inopponibilità dell’atto di asservimento al C., ha evidenziato che per stabilire se ed in quali limiti un atto trascritto sia opponibile ai terzi, bisogna guardare esclusivamente alle indicazioni riportate nella nota di trascrizione, che devono essere tali da individuare senza incertezze gli estremi del negozio, i beni ai quali esso si riferisce, il diritto che si è voluto costituire (nella specie il diritto reale d’uso).

Ne consegue, nella specie, che solo una nota di trascrizione dalla quale possa evincersi con certezza l’individuazione dell’area sulla quale è stato costituito il diritto reale di uso, può rendere opponibile al terzo il vincolo.

Per l’effetto in accoglimento del ricorso per quanto di ragione, ha cassato la decisione dei giudici tarantini con rinvio affinchè la Corte d’Appello di Bari provvedesse ad un nuovo esame della controversia in applicazione dei principi esposti.

Emerge quindi in maniera evidente dalle argomentazioni della precedente sentenza della Corte che il principio di diritto che ha dettato, e sul quale dovevano parametrarsi le ulteriori indagini della Corte distrettuale, era nel senso che la opponibilità del vincolo di cui alla L. n. 765 del 1967, art. 18 nei confronti del successivo acquirente delle aree che si assumono allo stesso sottoposte, e la specifica individuazione delle aree asservite, debbano emergere dalla nota di trascrizione dell’atto con il quale il vincolo è stato costituito (nel caso di specie individuato nell’atto di asservimento).

La sentenza oggi gravata, nel ritenere che la nascita del vincolo, e quindi la sua opponibilità al ricorrente, non derivavano dall’atto di asservimento e dalle indicazioni contenute nella relativa nota di trascrizione, ma da altri documenti, individuati ai nn. 1 e 2 di cui alla pag. 5, e nonostante il richiamo ad un orientamento giurisprudenziale, pure seguito da questa Corte, per il quale il vincolo de quo discende direttamente dalla legge e prescinde dalla trascrizione ai fini della sua opponibilità (cfr. Cass. n. 18691/2007) ha tuttavia violato il vincolo scaturente dal principio di diritto enunciato dalla sentenza della Corte che ha cassato la prima pronuncia di appello, dovendosi per l’effetto disporre la cassazione anche della sentenza adottata in sede di rinvio, con nuovo rinvio ad altra Sezione della Corte d’Appello di Bari affinchè faccia applicazione del principio di diritto a suo tempo pronunziato da questa Corte e provveda alle statuizioni relative alle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Bari, anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 4 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 29 novembre 2016

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