Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24246 del 18/11/2011

Cassazione civile sez. trib., 18/11/2011, (ud. 20/10/2011, dep. 18/11/2011), n.24246

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 1554/2008 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

B.G.F.;

– intimato –

sul ricorso 4822/2008 proposto da:

B.G.F., elettivamente domiciliato in ROMA LARGO

SOMALIA 67, presso lo studio dell’avvocato GRADARA RITA,

rappresentato e difeso dagli avvocati FALSITTA GASPARE, PANSIERI

SILVIA, giusta delega a margine;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 61/2006 della COMM.TRIB.REG. di PALERMO,

depositata il 21/11/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/10/2011 dal Consigliere Dott. SALVATORE BOGNANNI;

udito per il ricorrente l’Avvocato TIDORE, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il resistente l’Avvocato PANSIERI, che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso per

quanto di ragione, con assorbimento ricorso incidentale che in

subordine va rigettato.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’agenzia delle entrate impugna con ricorso per cassazione, sulla base di due motivi, la sentenza della CTR della Sicilia n. 61/35/06, depositata il 21 novembre 2006, con la quale, accolto l’appello di B.G.F. contro la decisione di primo grado, osservava che egli era residente a (OMISSIS), dove anche gestiva un locale di antiquariato e possedeva una casa di abitazione, sicchè non era tenuto a dichiarare gli utili da partecipazione nella società Atlas Cementi srl. con sede a (OMISSIS) per Irpef, Irap ed addizionali relativamente al 1998, atteso che è in vigore la disciplina speciale di cui alla convenzione italo-svizzera ex L. n. 943 del 1978, concernente il divieto di doppia imposizione, anche perchè l’appellata non aveva fornito la prova che il centro degli affari e degli interessi del contribuente fosse nel territorio nazionale piuttosto che all’estero, in cui questi figurava residente.

B. resiste con controricorso, svolgendo a sua volta quello incidentale con un unico motivo.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

In via pregiudiziale va disposta la riunione dei ricorsi, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., atteso che essi sono stati proposti contro la stessa sentenza.

A) Ricorso incidentale.

Innanzitutto va esaminato il motivo addotto a sostegno del ricorso incidentale, avente carattere preliminare, e col quale il ricorrente per incidente deduce violazione di norme di legge, nonchè omessa motivazione, in quanto la CTR non delibava la questione sottopostale col ricorso in appello in ordine alla carenza di motivazione dell’avviso di accertamento, relativamente alla mancata indicazione che B. avesse il domicilio fiscale in Italia.

Il motivo è inammissibile per mancanza di autosufficienza, posto che il ricorrente non ha riportato il contenuto dell’atto impositivo oggetto di critica. Inoltre ha prospettato la censura come mancanza di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, anzicchè nella forma esatta prevista di carenza di pronuncia su un vizio che sarebbe stato proposto al giudice di secondo grado, e ciò a norma dell’art. 112, e art. 360, n. 4 del codice di rito, con la conseguenza perciò che tale motivo non può essere delibato.

B) Ricorso principale.

1) Col primo motivo la ricorrente lamenta violazione di norme di legge e vizio di motivazione, poichè il giudice del gravame non considerava che doveva essere la parte contribuente a fornire la prova che il centro degli interessi fosse in Svizzera, dove aveva soltanto una casa e la gestione di un antiquariato, per giunta di non grandi dimensioni, mentre invece aveva acquistato più di trenta immobili in pochi anni in Italia; vi svolgeva importanti attività lavorative e di affari anche in società, di cui era socio o amministratore, nell’ambito agroalimentare, dei trasporti e dell’edilizia, con acquisto anche di immobili intestati alla moglie e alle figlie, senza che peraltro il giudice di appello avesse indicato le ragioni, per cui credeva di privilegiare la tesi di B. piuttosto che quella dell’agenzia, nonostante le prove addotte, mentre invece quelle proposte dalla controparte spesso erano insignificanti ai fini della dimostrazione del domicilio fiscale in Svizzera, senza che mai avesse prodotto la dichiarazione dei redditi che avrebbe presentata in quel Paese. Peraltro negli acquisti pubblici di beni dichiarava di avere residenza o domicilio in Italia, ed inoltre si faceva accreditare qualche bonifico dai conti svizzeri presso la BNL di (OMISSIS), come uno di L. 14.000.000, con ciò dimostrando che il centro di affari ed interessi era in Italia.

La doglianza è fondata. La CTR osservava che l’agenzia non aveva fornito la prova che il contribuente risiedesse in Italia o qui avesse il centro di interessi secondo il riparto dell’onere della prova, mentre questi aveva prodotto nutrita documentazione inerente alla sua residenza in Svizzera, fornendone in tal modo la dimostrazione.

L’assunto è apodittico, posto che si tratta di giudizio generico, senza che la CTR avesse dato conto del procedimento logico argomentativo seguito per addivenire a tale convincimento, avendo solo enunciato che B. aveva dimostrato di risiedere in Svizzera come “…risultava dagli atti processuali”, atteso che la residenza anagrafica non è determinante ai fini dell’imposizione fiscale, dovendosi invece avere riguardo al domicilio come centro d’interessi e di relazioni sociali. Del resto, com’è noto, in tema d’imposte sui redditi, il del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 2, comma 2, richiede, per la configurabilità della residenza fiscale nello Stato, tre presupposti, indicati in via alternativa, il primo, formale, rappresentato dall’iscrizione nelle anagrafi delle popolazioni residenti, e gli altri due, di fatto, costituiti dalla residenza o dal domicilio nello Stato ai sensi del codice civile. Ne consegue che l’iscrizione del cittadino nell’anagrafe dei residenti all’estero non è elemento determinante per escludere la residenza fiscale in Italia, allorchè il soggetto abbia nel territorio dello Stato il proprio domicilio, inteso come sede principale degli affari ed interessi economici, nonchè dei le proprie relazioni personali, non risultando determinante, a tal fine, il carattere soggettivo ed elettivo della “scelta” dell’interessato, rilevante solo quanto alla libertà dell’effettuazione della stessa, ma non ai fini della verifica del risultato di quella scelta, ma dovendosi contemperare la volontà individuale con le esigenze di tutela dell’affidamento dei terzi, sicchè il centro principale degli interessi vitali del soggetto va individuato dando prevalenza al luogo in cui la gestione di detti interessi viene esercitata abitualmente in modo riconoscibile dai terzi (Cfr. anche Cass. Sentenze n. 14434 del 15/06/2010, n. 12259 del 19/05/2010). Nè a diversa conclusione conduce la Convenzione tra l’Italia e la Confederazione elvetica per evitare le doppie imposizioni (ratificata e resa esecutiva con la L. 23 dicembre 1978, n. 943), atteso che, ai sensi dell’art. 4 del testo dell’accordo, il concetto di residenza fiscale ben può essere ricollegato, ove non sia possibile l’utilizzazione di altri criteri, al centro degli interessi vitali, ossia al luogo con il quale il soggetto ha il più stretto collegamento sotto il profilo degli interessi personali e patrimoniali.

2) Col secondo motivo la ricorrente denunzia violazione della L. n. 943 del 1978, art. 10, comma 4, nonchè vizi di motivazione, perchè il giudice di secondo grado non considerava che si trattava di utili da partecipazione distribuiti in Italia, dove B. svolgeva varie attività indicate anche dalla Camera di commercio, ed in particolare era legale rappresentante della società Olio Verde srl., con attività stabilmente organizzata e firma sociale, società di cui erano soci anche la moglie e il fratello Filippo, sicchè quanto meno il contribuente era tenuto alla dichiarazione di tali redditi ed al pagamento dell’imposta, non nella misura prevista dalla Convenzione non eccedente il 15; in caso di mancanza di stabile organizzazione, bensì per l’intero.

La censura va condivisa, dal momento che in tema di distribuzione di dividendi societari, in tema di imposte sul dividendi azionari, l’art. 10 della Convenzione Italo – Svizzera, contro le doppie imposizioni, stipulata il 3 ottobre 1974 e ratificata e resa esecutiva il Italia con L. 26 luglio 1975, n. 386, prevede una competenza impositiva dello Stato in cui essi vengano corrisposti, concorrente con quella principale dello Stato di residenza del percipiente, con il limite dell’aliquota massima del quindici per cento. A tal riguardo appare più aderente allo spirito ed agli scopi della suddetta Convenzione ritenere, in forza della disposizione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 75, che la disciplina di cui all’art. 27 del medesimo decreto non trovi applicazione in materia, ed interpretare perciò la norma convenzionale in questione nel senso che la minore imposta ivi prevista è applicabile per il solo fatto della soggezione del dividendo alla potestà impositiva principale dell’altro Stato, indipendentemente dall’effettivo pagamento dell’imposta. La sufficienza del solo fattore in sè della esistenza del potere impositivo principale dell’altro Stato, deve ritenersi infatti coerente con le finalità delle convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni, le quali hanno la funzione di eliminare la sovrapposizione dei sistemi fiscali nazionali, onde evitare che i contribuenti subiscano un maggior carico fiscale sui redditi percepiti all’estero ed agevolare l’attività economica e d’investimento internazionale (Cfr. anche Cass. Sentenze n. 1231 del 29/01/2001, n. 12458 del 1999). Peraltro ove si tratti di impresa avente una stabile organizzazione nel paese di residenza in tema di distribuzione di dividendi, questi allora vanno tassati per intero secondo la legge nazionale, in virtù dell’art. 10, comma 4 della Convenzione tra gli Stati in argomento e di cui alla legge di ratifica n. 943/78. Nel caso di specie B. rientrava addirittura in tale ipotesi, essendo amministratore di diverse imprese, ed in particolare legale rappresentante della società Olio Verde srl., giusta certificato storico della Camera di commercio in atti.

Ne discende che il ricorso incidentale va dichiarato inammissibile;

quello principale va accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla CTR della Sicilia, altra sezione, per nuovo esame, e che dovrà uniformarsi ai suindicati principi di diritto.

Quanto alle spese dell’intero giudizio, se ne demanda il regolamento al giudice del rinvio stesso.

P.Q.M.

LA CORTE Riuniti i ricorsi, dichiara inammissibile quello incidentale;

accoglie l’altro principale; cassa la sentenza impugnata in relazione a questo, e rinvia, anche per le spese dell’intero giudizio, alla CTR della Sicilia, altra sezione, per nuovo esame.

Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2011

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