Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24245 del 04/10/2018

Cassazione civile sez. II, 04/10/2018, (ud. 20/04/2018, dep. 04/10/2018), n.24245

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 24454/2014 R.G. proposto da:

S.M., e T.M., rappresentati e difesi

dall’avv. Fabrizio Brochiero Magrone, con domicilio eletto in Roma,

via Bettolo n. 4;

– ricorrenti –

contro

A.L., rappresentata e difesa dall’avv. Claudio Pesce e

dall’avv. Stefano Spinelli, con domicilio eletto presso quest’ultimo

in Roma, Corso Vittorio Emanuele II, n. 173;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Genova, n. 360/2014,

depositata il 13.3.2014;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20.4.2018 dal

Consigliere Dot. Giuseppe Fortunato.

Fatto

FATTI DI CAUSA

S.M. e T.M. hanno proposto ricorso avverso la sentenza della Corte d’appello di Genova, n. 360/2014.

I ricorrenti, proprietari di immobili facenti parte del (OMISSIS), avevano convenuto in giudizio la condomina A.L., esponendo che quest’ultima aveva costruito nel cortile comune, nello spazio sottostante all’appartamento dei ricorrenti, una veranda in ferro e lamiera in violazione delle distanze legali e lesiva del diritto di veduta degli attori; che, con scrittura privata del 20.5.1971, la A. aveva preventivamente ottenuto il consenso di P.L., dante causa degli attori, per la realizzazione di una struttura precaria destinata ad esser rimossa a semplice richiesta, con esclusione della possibilità di usucapione del diritto a tenere il manufatto nel cortile comune; che, nonostante le richieste dei ricorrenti, l’opera non era stata ancora demolita.

A.L. aveva eccepito che la struttura era stata realizzata negli anni ‘50 e che il diritto a mantenerla nella posizione in cui essa si trovava era stato usucapito.

Il Tribunale di Imperia ha rigettato la domanda e la pronuncia e stata confermata dalla Corte d’appello di Genova, la quale ha stabilito che l’opera era diversa da quella autorizzata con l’accordo del 20.5.1971, poichè realizzata in muratura e stabilmente ancorata al suolo, ed ha ritenuto che, pertanto l’ A. aveva iniziato ad esercitare da epoca anteriore al 1971 un possesso pieno, acquistando per usucapione il diritto la costruzione nel cortile comune.

Il ricorso si sviluppa in 2 motivi, illustrati con memoria.

La resistente ha depositato controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo censura la violazione dell’art. 1141 c.c., comma 2 e art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non aver la sentenza considerato che il potere di fatto era iniziato a titolo di detenzione, avendo erroneamente asserito che la realizzazione dell’opera con caratteristiche diverse da quelle concordate costituisse imposizione di un possesso idoneo all’usucapione del diritto a mantenere la costruzione sullo spazio comune; che, per contro, ai sensi l’art. 1141 c.c., stante il contenuto del titolo in base al quale era stata autorizzata la costruzione, occorreva, ai fini dell’usucapione, il compimento di atti di interversione. La Corte di merito avrebbe inoltre trascurato che le modifiche apportate alla struttura non interessavano la copertura ma solo la chiusura laterale e le tramezzature interne e non erano percepibili dai ricorrenti, essendo peraltro conformi agli accordi intercorsi.

Il secondo motivo censura l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per aver la sentenza omesso di stabilire la data di realizzazione della costruzione: difatti, avendo le parti stabilito già con una precedente scrittura del 9.6.1966, che qualunque opera realizzata nel cortile dovesse essere comunque rimossa, la sentenza avrebbe dovuto rilevare che la costruzione era stata edificata dopo il perfezionamento di detto accordo ed avrebbe dovuto disporne la demolizione.

2. Il primo motivo è infondato.

La Corte distrettuale ha accertato che la struttura risultante dalle foto acquisite al processo corrispondeva a quella oggetto di giudizio ed ha evidenziato che essa era costituita da una struttura in muratura stabilmente ancorata al suolo e tutt’altro che precaria, diversa da quella autorizzata da P.L., dante causa dei ricorrenti.

Ha quindi ritenuto che, l’ A., nel realizzare la costruzione con le descritte caratteristiche, aveva iniziato ad esercitare un possesso utile per la maturazione dell’usucapione da epoca anteriore al 1971, reputando, inoltre, di dover prescindere dall’esame (e dalla stessa qualificazione) dell’accordo del 20.5.1971.

Di conseguenza, la deduzione formulata in ricorso – secondo cui il potere di fatto era iniziato a titolo di detenzione in quanto riconducibile alla suddetta scrittura privata – non si confronta con il reale contenuto della pronuncia impugnata.

Il ricorrente dà – inoltre – per pacifico che tale accordo fosse idoneo a conferire all’ A. la sola detenzione dell’area, ma deve osservarsi che, sebbene la concessione “ad aedificandum” possa in taluni casi conferire solo un diritto personale (trovando la sua fonte in un contratto atipico con effetti meramente obbligatori non soggetto a rigori di forma o di pubblicità), tuttavia, per poter interpretare in tal senso la pattuizione intervenuta fra le parti, occorre che emergano i peculiari indici rivelatori di una simile configurazione giuridica, il cui accertamento è devoluto al giudice di merito, cui istituzionalmente compete l’interpretazione del contenuto degli atti negoziali (Cass. 29.5.2001, n. 7300; Cass. 12.2.1998, n. 1392; Cass. s.u., 2.6.1984, n. 3351).

Di conseguenza il fatto che l’ A. avesse realizzato la costruzione quale mera detentrice profila – anzitutto – un problema di interpretazione degli accordi intercorsi, che non risulta scrutinato nei gradi di merito e da cui la Corte distrettuale ha ritenuto di dover prescindere, avendo concluso, con accertamento in fatto, che la realizzazione della costruzione, con le caratteristiche strutturali che si sono descritte, era idonea, di per sè, a dar luogo al possesso ad usucapionem.

3. Il secondo motivo è assorbito.

Il rigetto del primo motivo del ricorso, cui consegue il passaggio in giudicato del capo di pronuncia con cui è stata accertato l’acquisto per usucapione del diritto a tenere la costruzione sul cortile comune, rende irrilevante stabilire se l’opera sia stata realizzata dopo che le parti, con la scrittura privata del 9.6.1966, avevano previsto la rimozione di qualunque opera fosse stata realizzata in loco, poichè la definitività dell’acquisto del diritto ne impedisce comunque la sua demolizione.

Il ricorso è quindi respinto, con aggravio di spese come da liquidazione in dispositivo.

Sussistono le condizioni per dichiarare che i ricorrenti sono tenuti a versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1-quater al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento solidale delle spese processuali, pari ad Euro 200,00 per esborsi ed Euro 1300,00 per compenso, oltre ad iva, cnap e rimborso forfettario spese generali, in misura del 15%.

Si dà atto che i ricorrenti sono tenuti a versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1-quater al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13.

Così deciso in Roma, il 20 aprile 2018.

Depositato in Cancelleria il 4 ottobre 2018

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