Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2424 del 29/01/2019

Cassazione civile sez. trib., 29/01/2019, (ud. 29/11/2018, dep. 29/01/2019), n.2424

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. ANDRONIO Alessandro – Consigliere –

Dott. VENEGONI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

META S.R.L., in liquidazione, in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via L.G. Faravelli

n. 22 presso la studio dell’Avv. Arturo Maresca che la rappresenta e

difende unitamente all’Avv. Filippo Valcanover per procura a margine

del ricorso.

– ricorrente-

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12 presso gli

uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato dalla quale è

rappresentata e difesa.

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza n. 64/02/11 della Commissione

tributaria di 2 grado di Trento, depositata il giorno 1 agosto 2011.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

29 novembre 2018 dal relatore Cons. Dott.ssa Crucitti Roberta.

Fatto

Fatti di causa

L’Agenzia delle entrate di Trento, a seguito di processo verbale-con il quale veniva contestato alla Lapiana S.p.a. (oggi Meta s.r.l.), società svolgente attività di trasporto merci su strada, il fatto che, nelle buste paga dei dipendenti, l’importo che era stato indicato come “maggiorazione retributiva” era stato cumulato con l’indennità di trasferta per viaggio all’estero e, quindi, il reddito complessivo non era stato assoggettato a ritenuta d’acconto/bensì ritenuto sussumibile alla “franchigia” applicabile D.P.R. n. 917 del 1986, ex art. 51, comma 5″ emise ai danni della Società atto di irrogazione sanzioni per violazione del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 4, procedendo, contestualmente, al recupero a tassazione le ritenute d’acconto sui redditi da lavoro dipendente corrisposti nell’anno 2004.

Il ricorso proposto dalla Società avverso l’atto di irrogazione sanzioni e i relativi atti prodromici venne accolto dall’adita Commissione tributaria di primo grado sul presupposto che gli autotrasportatori non potevano essere considerati “trasfertisti”, con assoggettamento alla disciplina del comma sei dell’art. 51 TUIR, ma che le indennità corrisposte fossero state correttamente assoggettate dalla Società al regime di cui al comma quinto della citata disposizione.

La decisione, appellata dall’Agenzia delle Entrate, veniva, integralmente riformata, con la sentenza indicata in epigrafe, dalla Commissione di secondo grado di Trento.

In particolare, il Giudice di appello – premesso che il solo punto controverso fosse quello relativo alla disciplina fiscale applicabile alle somme corrisposte dalla Società ai propri dipendenti a titolo dí maggiorazioni retributive e di premio e ritenuto irrilevante ai fini fiscali il “patto di conglobamento” previsto dal CCNL del settore e invocato dalla Società- riteneva che le somme corrisposte ai dipendenti a titolo di maggiorazioni retributive e di premio concorressero a formare il reddito nella misura per il 50% del loro ammontare in quanto tali somme non avevano natura risarcitoria, bensì incentivante e, quindi, non potevano essere assimilate o associate alle indennità di trasferta, con conseguente non applicabilità del diverso regime di cui all’art. 51, comma 5 citato.

Avverso la sentenza ricorre, affidandosi a unico articolato motivo, Meta s.r.l., in liquidazione (già LAPIANA s.p.a.).

L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

Diritto

Ragioni della decisione

1.Con unico, articolato, motivo la ricorrente deduce sub 1) omessa ed illogica motivazione sul fatto decisivo del giudizio consistente:

a) nella valutazione che lavoratori dell’impresa di autotrasporto debbono considerarsi lavoratori trasfertisti e quindi vada applicato del TUIR, art. 51, comma 6, art. 360 c.p.c., n. 5;

b) delle disposizioni contenute nel contratto collettivo in materia di trasferta in contrasto con non meglio precisare norme imperative tributarie: art. 360 c.p.c., n. 5.

sub 1c) violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 51, commi 5 e 6, anche in relazione all’assoggettabilità delle indennità e delle maggiorazioni retributive nella misura del 50% del loro ammontare (pag.6 della sentenza): art. 360 c.p.c., n. 3.

1.1. La ricorrente, in sostanza, si duole che il Giudice di appello non aveva stabilito, pur essendo questo il punto decisivo della controversia, se i dipendenti (autotrasportatori) fossero o meno “trasfertisti” ai sensi della normativa di riferimento e, con violazione di legge, aveva erroneamente applicato alle somme corrisposte (oggetto di contenzioso) la disciplina prevista dal TUIR, art. 51, comma 6 citato. Secondo la Società la Commissione di secondo grado avrebbe dovuto accertare che il lavoratore delle imprese di autotraporto non può essere considerato lavoratore non trasfertista e, quindi, applicare la normativa del TUIR, ex art. 51, comma 5, che prevede il non assoggettamento ad imponibile fiscale di tutte le somme corrisposte a tale titolo al lavoratore fino alla concorrenza della somma massima prevista dalla norma. In sintesi, secondo l’assunto difensivo, la distinzione del citato art. 51, commi 5 e 6, non dipende dal nomen iuris attribuito dal datore di lavoro all’indennità che viene corrisposta al lavoratore nel caso in cui venga inviato in trasferta, ma semplicemente dalla tipologia di lavoratore.

2. Le censure attinenti a dedotti vizi motivazionali sono inammissibili.

2.1. Quella rubricata sub 1 a), infatti, pur articolata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non riguarda uno specifico accadimento ovvero una precisa circostanza in senso storico-naturalistico (cfr. Cass. n. 21152/2014) ma individua la stessa questione di diritto oggetto di ricorso.

2.1. Egualmente inammissibile è la censura formulata sub 1 b), sempre ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, giacchè il CCNL è parificato sul piano processuale a norme di diritto (cfr. Cass. n. 19507/2014) per cui la sua non corretta interpretazione può essere fatta valere con vizio di violazione di legge.

3. Con riferimento, invece, alla dedotta violazione di legge va rilevato che, in materia, è sopravvenuto il D.L. n. 193 del 2016, art. 7 quinques (convertito con modificazioni in L. 1 dicembre 2016, n. 225) ai sensi del quale:

1. Il TUIR, art. 51, comma 6, di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, si interpreta nel senso che i lavoratori rientranti nella disciplina ivi stabilita sono quelli per i quali sussistono contestualmente le seguenti condizioni:

a) la mancata indicazione, nel contratto o nella lettera di assunzione, della sede di lavoro;

b) lo svolgimento di un’attività lavorativa che richiede la continua mobilità del dipendente;

c) la corresponsione al dipendente, in relazione allo svolgimento dell’attività lavorativa in luoghi sempre variabili e diversi, di un’indennità o maggiorazione di retribuzione in misura fissa, attribuite senza distinguere se il dipendente si è effettivamente recato in trasferta e dove la stessa si è svolta.

2. Ai lavoratori ai quali, a seguito della mancata contestuale esistenza delle condizioni di cui al comma 1, non è applicabile la disposizione di cui al testo unico di cui al citato D.P.R. n. 917 del 1986, art. 51, comma 6, è riconosciuto il trattamento previsto per le indennità di trasferta di cui al medesimo D.P.R. art. 51, comma 5.

3.2. Trattasi di norma con la quale sono stati dettati criteri univoci per distinguere ai fini fiscali e contributivi, la situazione dei “trasfertisti abituali” da quella dei “trasfertisti occasionali” superando il precedente criterio distintivo legato alla – variabile -ricostruzione della singola fattispecie di volta in volta esaminata, come già rilevato dalle Sezioni Unite di questa Corte le quali, con sentenza n. 27093 del 16 novembre 2017, hanno statuito che “la predetta disposizione, che ha introdotto una norma retroattiva autoqualificata di interpretazione autentica, è conforme ai principi costituzionali di ragionevolezza e di tutela del legittimo affidamento nella certezza delle situazioni giuridiche, oltre che all’art. 117 Cost., comma 1, sotto il profilo del principio di preminenza del diritto e di quello del processo equo di cui all’art. 6 CEDU. Infatti tale norma retroattiva ha attribuito alla norma interpretata un significato compatibile con il suo tenore letterale ma più aderente alla originaria volontà del legislatore, con la finalità di porre rimedio ad una situazione di oggettiva incertezza del dato normativo, determinata da un persistente contrasto tra la giurisprudenza di legittimità, le Pubbliche amministrazioni del settore e la variegata giurisprudenza di merito”.

3.3.Con la stessa sentenza le Sezioni Unite hanno, altresì, statuito il seguente principio di diritto: “l’espressione “anche se corrisposta con carettere di continuità” – presente sia nella L. 4 agosto 1984, n. 467, art. 11, sia nel vigente TUIR, art. 51,comma 6, (così come nel TUIR, art. 48, comma 6, nel testo risultante dalle modifiche introdotte dal D.Lgs. 2 settembre 1997, n. 314) – deve essere intesa, nel senso che l’eventuale continuatività della corresponsione del compenso per la trasferta non ne modifica l’assoggettabilità al regime contributivo (e fiscale) meno gravoso (di quello stabilito in via generale per la retribuzione imponibile) rispettivamente previsto dalle citate disposizioni”.

3.4.Così ricostruito l’attuale quadro normativo di riferimento, la sentenza impugnata che ha ritenuto che i premi erogati dalla società ai propri dipendenti, non avendo natura risarcitoria ma incentivante, avessero natura retributiva e, come tali, rientrassero nel regime fiscale del TUIR, art. 51, comma 6, del più volte citato non appare conforme al disposto normativo come autenticamente interpretato onde merita cassazione sul punto.

4.In conclusione, in parziale accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va cassata con rinvio al giudice del merito il quale provvederà al riesame, adeguandosi ai principi sopra esposti, oltre a regolare le spese processuali.

PQM

Accoglie parzialmente il ricorso;

cassa, nei termini di cui cui in motivazione, la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria di 2 grado di Trento, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 29 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 29 gennaio 2019

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