Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2424 del 04/02/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 2424 Anno 2014
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: AMATUCCI ALFONSO

SENTENZA

sul ricorso 19572-2009 proposto da:
D’ADDA PIERLUIGI DDDPLG4ORO5B157R, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA AREZZO 38, presso lo
studio dell’avvocato MESSINA MAURIZIO, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato
CASTELLI TULLIO giusta delega in atti;
– ricorrente contro

BERTOLA

ITALO

BRTTLI39M04A060J,

elettivamente

domiciliato in ROMA, V.LE MAZZINI 6, presso lo
studio dell’avvocato SCRIVO PASQUALE,

che lo

Data pubblicazione: 04/02/2014

rappresenta e difende unitamente all’avvocato
IOLITA MASSIMO giusta delega in atti;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1111/2008 della CORTE
D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 19/12/2008,

udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 05/12/2013 dal Consigliere
Dott. ALFONSO AMATUCCI;
udito l’Avvocato ANTONIO MATONTI per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO SGROI che ha concluso per il
rigetto del ricorso;

R.G.N. 658/08;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
l.

Il locatore (Italo Bertola) di un immobile di due piani, il

cui piano terra era condotto in locazione (da Pierluigi D’Adda)
per uso di abitazione secondaria, intimò al conduttore sfratto
per morosità nel pagamento dei canoni dal luglio al dicembre del

notificato il 23.12.2005.
Il conduttore resistette e, costituendosi nel febbraio del
2006, affermò di aver già tempestivamente corrisposto i canoni
per il trimestre da luglio a settembre del 2005 e che, comunque,
il 31.1.2006 aveva provveduto al pagamento dei canoni
richiestigli e di quanto fino a quella data dovuto. Chiese in
riconvenzione la restituzione di quanto pagato dall’1.7.2005
fino al termine dell’esecuzione dei lavori di ripristino
dell’immobile, sostenendo che il locatore aveva tardato ad
eseguirli dopo i gravi eventi atmosferici .che il 3.9.2005
avevano danneggiato il tetto dell’immobile. Domandò per questo
anche la riduzione dei canoni ed il risarcimento dei danni per
l’ammaloramento dei propri beni mobili.
Con sentenza n. 973 del 26.3.2008 il Tribunale di Brescia,
espletata c.t.u., rigettò tutte le domande e compensò le spese.
2.

Con sentenza n. 1111 del 19.12.2008 la Corte d’appello di

Brescia ha respinto l’appello principale del conduttore D’Adda
ed ha accolto quello incidentale del locatore Bertola,
dichiarando risolto il contratto per inadempimento del
conduttore, che ha condannato alle spese del doppio grado.

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2005 e lo citò contestualmente per la convalida con atto

3.

Avverso la sentenza ricorre per cassazione, con ricorso

notificato il 9.9.2009, il conduttore Pierluigi D’Adda,
affidandosi a tre motivi illustrati anche da memoria.
Resiste con controricorso il locatore Italo Bertola.
MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo investe la decisione – denunciando

violazione

degli

artt.

1455,

1460

e

1475

c.c.,

falsa

applicazione degli artt. 55 della legge n. 392 del 1978 e 1453
c.c., nonché insufficiente motivazione su fatto decisivo
anzitutto per avere la Corte d’appello ritenuto non sanata la
morosità, in relazione al mancato pagamento di quanto dovuto
anche per capitale ed interessi, in applicazione dell’art. 55
della legge n. 392/1978 invece estraneo al caso di specie,
giacché non era stato mai concesso un termine di grazia; e per
come avrebbe invece dovuto,

avere omesso di valutare,

l’importanza dell’inadempimento del conduttore ai fini
risolutivi.
La Corte non avrebbe inoltre considerato che il conduttore
aveva sostenuto di aver già pagato il primo trimestre e che
aveva a sua volta eccepito l’inadempimento del locatore in
ordine al ritardo nel ripristinare l’immobile (anche
all’interno) dopo gli eventi atmosferici che lo avevano reso
inidoneo all’uso.
1.1.

La Corte d’appello, dopo aver ritenuto per le ragioni

appena dette che il conduttore non avesse ottemperato al
disposto di cui all’art. 55 citato, ha altresì

4

“osservato,

1.

nell’ottica della valutazione del comportamento complessivo,
anche successivo, del conduttore, che secondo quanto dedotto dal
Bertola

(locatore)

e non contestato dal D’Adda

(conduttore),

nel

corso del giudizio di primo grado costui si è reso nuovamente
moroso nel pagamento dei canoni relativi al periodo 01.07.06-

7.3.07, precedente la pronuncia del Tribunale, di una seconda
intimazione di sfratto’.
La valutazione imposta dall’art. 1455 c.c., lungi dall’essere
stata pretermessa, è stata dunque espressamente compiuta, con
implicito positivo apprezzamento della gravità
dell’inadempimento del conduttore anche in relazione al
comportamento tenuto in corso di causa, com’è senz’altro
consentito nei contratti di durata e, in particolare, in quello
di locazione (cfr.,

ex multis,

per la dovizia delle

argomentazioni, Cass. nn. 5902 e 24207 del 2006). Il che rende
del tutto superflua l’indagine sull’ambito applicativo dell’art.
55 della legge n. 392 del 1978 in riferimento al rilievo a tale
disposizione conferito dalla Corte d’appello in ordine al
pagamento di canoni comunque diversi da quelli non corrisposti
per i sei mesi compresi tra 1’1.7.2006 ed il 31.12.2006.
Quanto all’omessa considerazione dell’eccezione di
inadempimento formulata dal conduttore, escluso che l’affermato
doppio pagamento da parte sua possa essere addirittura
riguardato come inadempimento del locatore (come è presupposto
dal quesito di cui a pag. 9 del ricorso, righe da 17 a 21), va

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30.09.06 e 01.10.06-31.12.06, dando luogo alla notifica, in data

rilevato che la Corte d’appello ha decisamente escluso, con
apprezzamento di merito del tutto esauriente sotto il profilo
della motivazione, che al locatore fossero imputabili ritardi di
sorta.
Che poi questi non avesse ripristinato anche l’interno dei

punto da giustificare il mancato pagamento del canone da parte
del conduttore, è questione che il ricorrente conduttore non
afferma – in violazione del principio di autosufficienza – di
aver espressamente posto in grado di appello (in un contesto
connotato dalla conclusione della non imputabilità al locatore
dei ritardi ascrittigli e del danno derivatone al conduttore,
per essersi il primo tempestivamente attivato in relazione alle
caratteristiche del caso di specie e per essere il secondo
rimasto invece inerte).
2.

Il secondo motivo (violazione degli artt. 1575, 1583 e 1584

c.c., nonché omessa motivazione su fatto decisivo per non essere
stato considerato che il locatore avrebbe dovuto ripristinare
non solo il tetto ma anche l’interno impregnatosi d’acqua) è per
tale ragione inammissibile.
Perché una sentenza sia censurabile per omessa considerazione
di un fatto controverso e decisivo occorre, invero, che del
fatto si sia discusso in relazione al rilievo che era
suscettibile di assumere ai fini della decisione. In ricorso non
si afferma dove, come, in quale senso tanto fosse avvenuto.

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locali e che per tale ragione fosse a sua volta inadempiente al

E sarebbe stato tanto più necessario in relazione alla
difficoltà di cogliere come, rovinatosi un tetto per un evento
meteorico eccezionale, una volta escluso il ritardo
nell’intervento del locatore nella riparazione del tetto ed
essendo comunque entrata acqua nell’immobile anche per le forti

essere imputato di aver provocato la rovina dei mobili del
conduttore per non essere tempestivamente intervenuto non solo
sul tetto, ma anche sulla muratura impregnatasi d’acqua.
Non è detto, in particolare, che cosa il locatore (invece del
conduttore stesso) avrebbe in concreto dovuto fare e non aveva
fatto, costituendo dato di comune esperienza che una muratura
impregnata d’acqua con non altro si asciuga che col passare del
tempo. Né si afferma cosa diversa da questa nei passi riportati
in ricorso della relazione del c.t.u. circa la genesi, le cause
e la stima dei danni.
La censura di violazione di legge è invece inammissibile non
costituendo quaestio luris ma di fatto lo stabilire se, nel caso
di specie, l’obbligo del locatore di mantenere la cosa locata in
stato da servire all’uso convenuto (l’unica disposizione cui si
fa riferimento nel quesito è appunto l’art. 1575 c.c.) fosse
stato adempiuto o no a seguito dell’intervenuta riparazione del
solo tetto.
3.- Col terzo motivo la sentenza è denunciata, in relazione
all’art. 360, n. 4, c.p.c., omessa pronunzia in ordine alla
domanda di restituzione dei canoni relativi al trimestre

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piogge verificatesi nei giorni successivi, al locatore possa

1.7.2005-30.9.2005, che il conduttore sosteneva di aver pagato
due volte.
Col quesito di diritto si domanda

“se il giudice debba

pronunciarsi su tutte le domande proposte dalle parti e in
particolare se debba pronunziarsi circa la domanda di

relativamente a quanto versato due volte per lo stesso titolo”.
3.1.

Nella illustrazione del motivo si afferma che la Corte

d’appello dopo aver avuto riguardo alla “affermazione del D’Adda
di aver pagato due volte il rateo di canone del trimestre 1.730.9.2005”,

ha ritenuto che tanto fosse stato fatto

“a

prescindere dalla dedotta duplicazione di pagamento” e, invece,
“in ragione del dedotto inadempimento da parte del locatore
dell’obbligazione di mantenere l’immobile locato in condizioni
idonee all’uso pattuito”,

escludendo che si vertesse in ipotesi

di “ripetizione di indebito” in ordine alla domanda di condanna
del locatore alla “restituzione dei canoni versati dall’1.7.2005
sino all’esecuzione del lavori di ripristino dell’immobile
locato”.
Così effettivamente ha motivato la Corte di merito (a pagina 10
della sentenza).
Ebbene, con sentenza n. 8077 del 22.5.2012 le Sezioni unite di
questa corte hanno stabilito che “quando col ricorso per
cassazione venga denunciato un vizio che comporti la nullità del
procedimento o della sentenza impugnata, sostanziandosi nel
compimento di un’attività deviante rispetto ad un modello legale

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restituzione dei canoni che il conduttore abbia svolto

rigorosamente prescritto dal legislatore, ed in particolare un
vizio afferente alla nullità dell’atto introduttivo del giudizio
per indeterminatezza dell’oggetto della domanda o delle ragioni
poste a suo fondamento, il giudice di legittimità non deve
limitare la propria cognizione all’esame della sufficienza e

vagliato la questione, ma è investito del potere di esaminare
direttamente gli atti ed i documenti sui quali il ricorso si
fonda, purché la censura sia stata proposta dal ricorrente in
conformità alle regole fissate al riguardo dal codice di rito
(ed oggi quindi, in particolare, in conformità alle prescrizioni
dettate dagli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo
comma, n. 4, cod. proc. civ.)”.
Il principio è suscettibile di ricevere applicazione anche nel
caso in esame, in quanto concernente la portata della domanda;
domanda che risulta invece inequivocamente formulata (in primo
grado e in appello) nell’unico senso possibile, che è appunto
quello indicato dal ricorrente, essendo del tutto privo di
logica intrinseca che la domanda di restituzione di canoni
pagati due volte possa non costituire ripetizione di indebito
della metà di quanto si assuma complessivamente versato.
Il motivo va dunque accolto.
4.- La sentenza è cassata in relazione, con rinvio alla stessa

Corte d’appello in diversa composizione, perché decida
esclusivamente in ordine alla domanda di restituzione della
sopraindicata rata trimestrale di canone. Restano ferme le

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logicità della motivazione con cui il giudice di merito ha

ulteriori statuizioni della sentenza impugnata, con esclusione
di quella sulle spese.
Il giudice del rinvio regolerà anche quelle del giudizio di
legittimità.
P.Q.M.

rigetta il primo ed il secondo motivo di ricorso ed accoglie il
terzo, cassa in relazione e rinvia, anche per le spese, alla
Corte d’appello di Brescia in diversa composizione.
Roma, 5 dicembre 2013

LA CORTE DI CASSAZIONE

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