Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24239 del 28/10/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 24239 Anno 2013
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: GARRI FABRIZIA

ORDINANZA
sul ricorso 23207-2011 proposto da:
BURLI MAURIZIO BRLMRZ 45T12H 501Q, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 38, presso lo studio
dell’avvocato ANGELOZZI GIOVANNI, che lo rappresenta e
difende, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente contro
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE 80078750587 in persona del Presidente e legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA CENTRALE
DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati
CLEMENTINA PULLI, MAURO RICCI, giusta procura speciale in
calce al controricorso;

Data pubblicazione: 28/10/2013

- controricorrente avverso la sentenza n. 1423/2011 della CORTE D’APPELLO di
ROMA del 15.2.2011, depositata il 25/05/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
03/10/2013 dal Consigliere Relatore Dott. FABRIZIA GARRI;

udito per il ricorrente l’Avvocato Giovanni Angelozzi che insiste per
l’accoglimento del ricorso;
udito per il controricorrente l’Avvocato Emanuela Capannolo (per
delega avv. Mauro Ricci) che si riporta agli scritti.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. GIULIO
ROMANO che si riporta alla relazione scritta.
FATTO E DIRITTO
La Corte d’appello di Roma, decidendo sugli appelli proposti sia da
Maurizio Burli che dall’Inps avverso la sentenza del Tribunale di
Velletri che aveva accolto in parte la domanda del Burli e dichiarato il
suo diritto a percepire la pensione di invalidità dal marzo 2007, in esito
alla consulenza medico legale dichiarava, invece, il diritto del Burli a
percepire l’assegno di invalidità dal 1.9.2006.
Propone ricorso per Cassazione il Burli sulla base di due motivi.
Si è costituito l’Inps con controricorso insistendo per la conferma della
sentenza.
Tanto premesso, pur discostandosi in parte dalle argomentazioni
contenute nella relazione depositata ai sensi dell’art. 375 e 380 bis
c.p.c., il ricorso deve essere respinto perché manifestamente infondato.
La sentenza della Corte territoriale è censurata perché in violazione e
falsa applicazione dell’art. 112 e 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 3,
e con omessa ed insufficiente motivazione in ordine ad un fatto non
controverso avrebbe ritenuto dovuto l’assegno di invalidità ex art. 1

Ric. 2011 n. 23207 sez. ML – ud. 03-10-2013
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g

della 1. n. 222/1984 dal marzo 2007 laddove invece la domanda
riguardava il diritto dell’assicurato a percepire la pensione ai sensi
dell’art. 2 della citata legge posto che, peraltro, il Burli era già titolare
dell’assegno di invalidità, in godimento dal mese di ottobre del 2004, e
la controversia era limitata al solo accertamento dei presupposti per il

avrebbe errato allora nel pronunciare su una domanda mai proposta ed
in relazione ad una circostanza di fatto che non era sub iudice in quanto
mai contestata evidenziando che l’eventuale passaggio in giudicato
della sentenza, legittimerebbe la ripetizione da parte dell’Istituto dei
ratei della prestazione già pagati dalla data di riconoscimento in via
amministrativa (1.10.2004) a quella di accertamento da parte della corte
territoriale (marzo 2007).
La censura è infondata.
Va in primo luogo rammentato che, secondo l’orientamento
consolidato di questa Corte, il principio di corrispondenza tra chiesto e
pronunciato, fissato dall’art. 112 C.P.C. – che implica il
divieto per il giudice di attribuire alla parte un bene non richiesto o
comunque di emettere una statuizione che non trovi corrispondenza
nella domanda – deve ritenersi violato ogni qualvolta il giudice,
interferendo nel potere dispositivo delle parti, alteri uno degli elementi
obiettivi di identificazione dell’azione

(causa petendi e petitum),

attribuendo o negando ad uno dei contendenti un bene diverso da
quello richiesto e non compreso, neppure implicitamente o
irritualmente, nella domanda (…) oppure ponga a fondamento della
decisione fatti e situazioni estranei alla materia del contendere,
introducendo nel processo un titolo (causa petendi)
nuovo e diverso da quello enunciato dalla parte a sostegno della
domanda (in questo senso tra le altre Cass. n. 8845 del 2005, Cass.
Ric. 2011 n. 23207 sez. ML – ud. 03-10-2013
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riconoscimento della pensione di invalidità. La Corte territoriale

n.5599 del 1998; Cass. n. 3604 del 1995; Cass. n. 532 del 1990).
Nessuna di tale ipotesi si riscontra nella fattispecie in esame.
Per entrambi i casi uguale è la natura e la finalità dell’indagine
demandata al giudice del merito per accertare la fondatezza della
domanda, trattandosi di “conseguenze” giuridiche, che la legge

riconosciuta.
In concreto, qualora l’attore chieda il riconoscimento del diritto
alla pensione di invalidità e il giudice adito accerti il
riconoscimento del diritto all’assegno (o nell’ipotesi inversa) non
si attribuisce affatto un bene sostanzialmente diverso da quello
richiesto, né, comunque, si pongono a fondamento della decisione fatti
e situazioni estranei alla materia del contendere, introducendo nel
processo un titolo

(causa petendz)

nuovo e diverso da quello

enunciato dalla parte a sostegno della domanda: ma, all’evidenza, viene
riconosciuto il diritto dell’assicurato alla periodica corresponsione di
somme di denaro, qualificanti la prestazione previdenziale come atta a

compensare” la diminuita idoneità al lavoro produttivo,

giuridicamente rilevante, e null’altro.
Peraltro dagli atti non risulta che la circostanza di fatto del godimento
dell’assegno di invalidità, perché riconosciuto in via amministrativa, sia
stato allegato nei gradi di merito. Al riguardo nessun elemento di
valutazione in tal senso è desumibile dalla sentenza di appello che
evidentemente non ne aveva contezza. Né il ricorrente allega
specificatamente in che sede tale circostanza sia stata introdotta. Ne
consegue l’inammissibilità, per tardività, dell’allegazione in questa
sede.
Alla stregua degli esposti principi va rigettata l’eccezione di ultra o
extra petizione sollevata dal ricorrente.
Ric. 2011 n. 23207 sez. ML – ud. 03-10-2013
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ricollega all’una o all’altra prestazione previdenziale, una volta

Quanto al secondo motivo di ricorso, anch’esso è inammissibile poiché
si chiede alla Corte una rivalutazione delle circostanze di fatto già
esaminate con motivazione che non presenta profili di incoerenza o di
insufficienza rispetto alle emergenze istruttorie ed in particolare alle

Il ricorso, in conclusione, deve essere respinto.
In considerazione della peculiarità della vicenda processuale si reputa
equo compensare tra le parti le spese del presente giudizio.
PQM
LA CORTE
Rigetta il ricorso.
Compensa tra le parti le spese del giudizio.
Così deciso in Roma il 3.10.2013

indagini peritali svolte.

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