Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24238 del 28/10/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 24238 Anno 2013
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: GARRI FABRIZIA

ORDINANZA
sul ricorso 18822-2011 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE 80078750587, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA
17, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO,
rappresentato e difeso dagli avvocati CALIULO LUIGI, GIANNICO
GIUSEPPINA, PREDEN SERGIO, PATTERI ANTONELLA
giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente contro
BATTAGLIA ROBERTA BITRRT46C59F205Q, SARI
RICCARDO SRARCR47P06F205W, STURNIOLO SANTO
STRSNT47H23F158L,

CORDARA

LUISA

CARLA

CRDLCR45R60F205K, elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA

Data pubblicazione: 28/10/2013

CAVOUR presso la CASSAZIONE, rappresentati e difesi
dall’avvocato NICOLETTI VALFREDO giusta procura in calce al
controricorso;

conttaricorrend

MILANO del 9/04/2010, depositata il 05/07/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
03/10/2013 dal Consigliere Relatore Dott. FABRIZIA GARRI;
udito l’Avvocato Antonella Patteri difensore del ricorrente che si
riporta agli scritti;
è presente il P.G. in persona del Dott. GIULIO ROMANO che si
riporta alla relazione.
Fatto e diritto

Con ricorso avviato in data 4 luglio 2011 alla notifica a mezzo
del servizio postale, l’INPS chiede, con un unico motivo relativo
alla violazione dell’art. 47 D.P.R. 30 aprile 1970 n. 639 e
successive modificazioni, la cassazione della sentenza depositata il
5 luglio 2012, con la quale la Corte d’appello di Milano, riformando
la decisione del giudice di prime cure, l’aveva condannato a pagare
a Riccardo Sani, a Santo Sturniolo, a Roberta Battaglia e a Carla
Cordara determinate somme a titolo integrazione, ex D.L. n. 501/95
(maggiorazione della anzianità contributiva) della pensione in
godimento.
Gli intimati resistono alle domande con controricorso.
Il procedimento è regolato dagli artt. 360 e segg. c.p.c. con le
modifiche e integrazioni successive, in particolare quelle apportate
dalla legge 18 giugno 2009 n. 69.
Il ricorso è manifestamente infondato e va pertanto trattato in
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avverso la sentenza n. 546/2010 della CORTE D’APPELLO di

camera di consiglio per essere respinto.
Va premesso che l’originario testo dell’art. 47 del D.P.R. 30
aprile 1970 n. 639 stabiliva quanto segue.
“Esauriti i ricorsi in via amministrativa, può essere proposta
l’azione dinanzi all’autorità giudiziaria, ai sensi degli artt. 459 e ss.

L’azione giudiziaria può essere proposta entro il termine di
dieci anni dalla data di comunicazione della decisione definitiva del
ricorso pronunziata dai competenti organi dell’istituto o dalla data di
scadenza del termine stabilito per la pronunzia della decisione
medesima, se trattasi di controversie in materia di trattamenti
pensionistici.
L’azione giudiziaria può essere proposta entro il termine di
cinque anni dalle date di cui al precedente comma se trattasi di
controversie in materia di prestazioni a carico dell’assicurazione
contro la tubercolosi e dell’assicurazione contro la disoccupazione
involontaria”.
Col successivo art. 6 del D.L. 29 marzo 1991 n. 103,
convertito con modificazioni nella legge 10 giugno 1991 n. 166,
ritenuto da Corte Cost., con la sent. n. 246 del 1992, di
interpretazione autentica dell’art. 47 D.P.R. n.639/70, venne poi
stabilito:
“1 — I termini previsti dall’art. 47, commi secondo e terzo del
D.P.R. 30 aprile 1970 n. 639 sono posti a pena di decadenza per
l’esercizio del diritto alla prestazione previdenziale . la decadenza
determina l’estinzione del diritto ai ratei pregressi delle prestazioni
previdenziali e l’inammissibilità della relativa domanda giudiziale.
In caso di mancata proposizione del ricorso amministrativo, i
Ric. 2011 n. 18822 sez. ML – ud. 03-10-2013
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cod. proc. civ.

termini decorrono dall’insorgenza del diritto ai singoli ratei.
2 — Le disposizioni di cui al comma precedente hanno
efficacia retroattiva, ma non si applicano ai processi che sono in
corso alla data di entrata in vigore del presente decreto”.
Con l’art. 4 del D.L. 19 settembre 1992 n. 384, i commi
sostituiti dai seguenti:
“Per le controversie in materia di trattamenti pensionistici,
l’azione giudiziaria può essere proposta, a pena di decadenza, entro
il termine di tre anni dalla data di comunicazione della decisione
del ricorso pronunziata dai competenti organi dell’istituto o dalla
data di scadenza del termine stabilito per la pronunzia della
predetta decisione ovvero dalla data di scadenza dei
termini prescritti per l’esaurimento del procedimento
amministrativo, computati a decorrere dalla data di presentazione
della richiesta di prestazione.

Per le controversie in materia di prestazioni della gestione
di cui all’art. 24 della legge 9 marzo 1989 n. 88, l’azione giudiziaria
può essere proposta, a pena di decadenza, entro il termine di un
anno dalle date di cui al precedente comma”.
L’ultimo comma dell’art. 4 ha poi stabilito che le disposizioni
indicate “non si applicano ai procedimenti istaurati anteriormente
alla data di entrata in vigore del presente decreto ancora in corso alla
medesima data”.
Infine, recentemente, l’art. 38, primo comma, lett. d) del D.L.
6 luglio 2011 n. 98, convertito in legge n. 111 del medesimo anno,
ha aggiunto al citato art. 47 un ultimo comma, del seguente tenore:
“Le decadenze previste dai commi che precedono si applicano anche
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secondo e terzo del citato art. 47 sono stati successivamente

alle azioni giudiziarie aventi ad oggetto l’adempimento di
prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accessori
del credito. In tal caso il termine di decadenza decorre dal
riconoscimento parziale della prestazione ovvero dal pagamento
della sorte”, precisando al quarto comma che “Le disposizioni di
in primo grado alla data di entrata in vigore del presente decreto”.
Questo essendo il quadro di riferimento normativo, la
giurisprudenza consolidata, pur tra frequenti contrasti, di questa
Corte (da ultimo, sulla base di Cass. S.U. 29 maggio 2009 n. 12720
– che ribadisce le tesi della precedente Cass. S.U. 18 luglio 1996 n.
6491-, cfr., ad es., Cass. 20 gennaio 2010 n. 948 e 26 gennaio 2010
n. 1580) era, per quanto qui interessa e fino alla citata recente
novella del 201 1, nel senso della inapplicabilità della decadenza
alle domande di adeguamento di prestazioni previdenziali già
riconosciute e liquidate solo parzialmente dall’ente previdenziale.
Infatti le sezioni unite di questa Corte, con la sentenza n.
12720 del 29 maggio 2009, componendo un contrasto di
giurisprudenza insorto nell’ambito
della sezione lavoro, avevano affermato che “La decadenza di cui
al D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47 – come interpretato dal
D.L. 29 marzo 1991, n. 103, art. 6, convertito, con modificazioni,
nella L. 1 giugno 1991, n. 166- non può trovare applicazione in tutti
quei casi in cui la domanda giudiziale sia rivolta ad ottenere non
già il riconoscimento del diritto alla prestazione previdenziale in sé
considerata, ma solo l’adeguamento di detta prestazione già riconosciuta in un importo inferiore a quello dovuto, come avviene
nei casi in cui l’Istituto previdenziale sia incorso in errori di calcolo
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cui al comma 1, lett. c) e d) si applicano anche ai giudizi pendenti

o in errate interpretazioni della normativa legale o ne abbia
disconosciuto una componente, nei quali casi la pretesa non
soggiace ad altro limite che non sia quello della ordinaria
prescrizione decennale”.
Recentemente, peraltro, la questione era stata nuovamente

interlocutoria depositata il 18 gennaio 2011, n. 1071, alle sezioni
unite di questa Corte, sulla base del rilievo che l’interpretazione
prevalente non apparirebbe giustificata dal tenore letterale e dalla
considerazione delle finalità della norma, la quale riguarderebbe viceversa ogni tipo di azione in materia di prestazioni previdenziali.
Intervenuta, tra l’ordinanza interlocutoria di rimessione alle
sezioni unite della Corte e la data dell’udienza avanti a queste
ultime, la citata novella di cui all’art. 38, primo comma, lett. d) del
recente D.L. 6 luglio 2011 n. 98, convertito in legge n. 111/’ 11, è
stata quindi disposta la restituzione degli atti alla sezione lavoro,
sulla base della considerazione della necessità di valutare la
persistenza del proposito di investire della questione le sezioni unite,
alla luce della valutazione della eventuale incidenza delle norme di
legge citate sulla interpretazione del l’art. 47, vigente prima di essa.
Ciò premesso, non può non rilevarsi che la nuova disciplina,
esprimendo il proposito del legislatore di modificare in materia, con
una limitata efficacia retroattiva, la regola preesistente, quale
consolidatasi per effetto delle recente pronuncia delle sezioni unite
del 2009, conferma indirettamente la corrispondenza di quest’ultima
all’originario contenuto dell’art. 47, nel testo vigente fino alla
novella del 2011.
L’autorità del precedente arresto interpretativo delle sezioni
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rimessa da un collegio della sezione lavoro, con ordinanza

unite della Corte e l’indiretta conferma della sua correttezza
proveniente dallo stesso legislatore convincono in definitiva il
collegio della inapplicabilità dell’art. 47 del D.P.R. 30 aprile 1970,
n. 639, prima delle integrazioni apportate dell’art. 38 del D.L. n.
98 del 2011, al caso di richiesta di riliquidazione di prestazioni preprevidenziale.
Essendosi la Corte territoriale attenuta a tale regola, il ricorso
deve essere respinto.
Le spese, da distrarsi in favore dell’Avv. Valfredo Nicoletti antistatario,
seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura indicata in
dispositivo.

PQM
LA CORTE
Rigetta il ricorso.
Condanna l’Inps al pagamento delle spesse del giudizio che si
liquidano in € 2000,00 per compensi professionali ed € 100,00 per
esborsi oltre accessori dovuti per legge. Spese da distrarsi in favore
dell’Avv. Valfredo Nicoletti antistatario.
Così deciso in Roma il 3 ottobre 2013
Il Presidente

videnziali solo parzialmente riconosciute e liquidate dall’ente

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