Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24237 del 29/11/2016


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Cassazione civile sez. II, 29/11/2016, (ud. 06/07/2016, dep. 29/11/2016), n.24237

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. MATERA Lina – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – rel. Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19296-2012 proposto da:

T.V., + ALTRI OMESSI

– ricorrenti –

contro

COMUNE GENOVA in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 14 A-4, presso lo studio

dell’avvocato GABRIELE PAFUNDI, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ANNA MORIELLI;

– controricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 249/2012 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 03/03/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/07/2016 dal Consigliere Dott. FELICE MANNA;

udito l’Avvocato SANTARELLI Stefano, difensore dei ricorrenti che ha

chiesto l’accoglimento degli scritti difensivi depositati;

udito l’Avvocato PAFUNDI Gabriele, difensore del resistente che ha

chiesto il rigetto del ricorso principale e l’accoglimento del

ricorso incidentale;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO Alberto, che ha concluso per il rigetto di entrambi i

ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L.D. ed altri litisconsorti, già soci assegnatari di alloggi dalla Cooperativa Parco Priaruggia a r.l. e quindi condomini degli edifici siti a Genova in via Francesco Nullo 6/a, 8 e 8/a, convennero in giudizio A.A. ed A.A. ved. D. perchè fosse dichiarato l’intervenuto acquisto per usucapione, in loro favore, della strada posta in fregio agli edifici condominiali. Con successiva citazione convennero poi il Comune di Genova, cui le A. avevano ceduto l’area medesima in esecuzione dell’obbligo assunto con apposito atto pubblico di sottomissione.

Gli attori sostennero che la strada era stata realizzata dalla cooperativa in uno con gli edifici condominiali e successivamente fatta oggetto di manutenzione da parte loro, in quanto destinata all’esclusivo servizio del condominio per il parcheggio di veicoli.

Riuniti i giudizi, le A. rimasero contumaci, mentre si costituì il Comune di Genova chiedendo il rigetto della domanda perchè la realizzazione e la manutenzione deiia strada da parte della cooperativa e, successivamente, dei condomini trovavano giustificazione negli accordi contrattuali intercorsi con i proprietari dell’area in occasione della compravendita, che prevedevano l’impegno a cedere la strada al Comune, ben noto a tutti i condomini, che pertanto potevano qualificarsi come meri detentori.

Con sentenza del 19.9.2006 il Tribunale di Genova accolse la domanda e condannò l’ente convenuto al pagamento delle spese.

Avverso tale sentenza propose appello il Comune di Genova; si costituirono i condomini chiedendo il rigetto del gravame.

La Corte d’Appello di Genova accolse l’appello e rigettò la domanda, compensando le spese di entrambi i gradi del giudizio.

Premesso che il godimento dell’area stradale da parte dei condomini, traendo origine da un fatto dell’ente proprietario, costituiva mera detenzione, la corte ritenne che per aversi un valido possesso ad usucapionem occorreva un atto di interversione idoneo ad escludere che il persistente godimento fosse fondato sul consenso, sia pure implicito, del proprietario; quindi rilevò che i condomini, gravati del relativo onere, non avevano dato la prova di tale atto.

Avverso tale decisione i condomini hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo. Resiste l’ente intimato con controricorso e ricorso incidentale affidato ad un motivo.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con l’unico motivo di ricorso principale è denunziata violazione degli artt. 1141, 1158 e 1167 c.c., nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio.

Pur condividendo il percorso argomentativo della sentenza d’appello quanto alla sussistenza di un originario rapporto di mera detenzione con il bene ed alla conseguente necessità, ai fini di un valido possesso ad usucapionem, del compimento di un atto di interversione da parte loro, i ricorrenti lamentano che la corte – nel ritenere quest’ultimo non lamentano che la Corte non abbia tenuto conto di alcune circostanze decisive emerse nel corso dell’istruttoria.

Si riferiscono, in particolare, al fatto che fin dalla realizzazione della strada, essi avevano provveduto a chiuderla con una catena onde impedirne l’accesso alle autovetture appartenenti a non residenti; all’apposizione sulla strada, da parte loro, di segnaletica verticale ed orizzontale indicante “proprietà privata” e “divieto di accesso”; al fatto che essi si erano sempre opposti al parcheggio di autovetture da parte di terzi estranei al condominio, apponendovi appositi “biglietti di diffida” sotto al tergicristallo ed impiegando appositi contrassegni da apporre sul cruscotto delle vetture appositamente autorizzate dalla sosta da parte di alcuni di loro.

Ad avviso dei ricorrenti, tali elementi costituivano la prova di un uso del bene in termini obiettivamente riconoscibili dall’effettivo proprietario come significativi della loro volontà di possederlo esclusivamente in nome proprio, e dunque idonei a far maturare il possesso valido per l’usucapione.

2. – La censura è inammissibile sotto entrambi i profili articolati.

Anzitutto, e quanto alla dedotta violazione di legge, dai ricorrenti non viene assolutamente precisata la regula iuris che la Corte dovrebbe essere chiamata a pronunciare.

In verità, i ricorrenti stessi sottolineano la correttezza in diritto del ragionamento della corte d’appello, dolendosi unicamente della mancata considerazione di alcuni dati probatori nell’ottica dell’accertamento dell’interversione del possesso.

La censura riguarda pertanto un’indagine di fatto, riservata al giudice di merito, i cui apprezzamenti e valutazioni sono sindacabili in sede di legittimità soltanto per insufficienza, illogicità od inadeguatezza della motivazione (cfr., con riferimento allo specifico tema che qui occupa, Cass. n. 21690/2014).

Riguardo a tale ultimo vizio, pure denunciato, il motivo è poi inammissibile per difetto di autosufficienza, poichè i ricorrenti, nel dedurre un’erronea valutazione delle prove testimoniali, non hanno trascritto nel ricorso le dichiarazioni dei testimoni escussi, con ciò impedendo alla Corte la verificazione del fatto, e, quindi, ogni tipo di intervento nomofilattico.

Invero, il ricorrente che denunci in sede di legittimità il difetto di motivazione sulla valutazione di risultanze probatorie ha l’onere di indicare specificamente le circostanze oggetto della prova, provvedendo alla loro trascrizione, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività dei fatti da provare, e, quindi, delle prove stesse, che, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, la Corte dev’essere in grado di compiere sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative (cfr. Cass. n. 48/2014; Cass. n. 2765/2013; Cass. n. 13677/2012; Cass. n. 17915/2010).

Il ricorso principale va dunque respinto.

3. – Con l’unico motivo di ricorso incidentale il Comune di Genova denunzia violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., nonchè erroneità e contraddittorietà della motivazione, con riferimento al capo della sentenza che ha disposto la compensazione delle spese di lite di entrambi i gradi del giudizio.

Assume, in particolare, che la corte d’appello avrebbe violato il criterio della soccombenza, essendo emersa all’esito del giudizio di secondo grado l’infondatezza della domanda di usucapione.

Sostiene, inoltre, che la generica motivazione utilizzata al riguardo dalla corte territoriale (“in considerazione della qualità delle parti e dell’oggetto della causa”), violerebbe il precetto di cui all’art. 92 c.p.c., comma 2, nel testo vigente ratione temporis (anteriormente alla riforma attuata con la L. n. 69 del 2009), in base al quale la compensazione poteva essere disposta solo in presenza di giusti motivi da indicare esplicitamente in motivazione e perciò in base a ragioni specificamente individuate.

4. – Il motivo è fondato.

La sentenza d’appello non specifica i giusti motivi per la compensazione, limitandosi apoditticamente a richiamare elementi obiettivi della lite – quali la qualità delle parti e l’oggetto del giudizio – di per sè privi di alcuna connotazione che renda ragione, anche solo intuitivamente, della propria decisione.

A tanto consegue l’accoglimento del ricorso incidentale.

5. – La sentenza impugnata va dunque cassata in parte qua e la causa rinviata, per nuovo esame in ordine alle spese, alla Corte d’Appello di Genova in diversa composizione, che si atterrà al seguente principio: “Con riferimento ai giudizi disciplinati dall’art. 92 c.p.c., comma 2, come sostituito dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, come modificato dal D.L. n. 273 del 2005, art. 39 quater, convertito con modificazioni nella L. n. 51 del 2006, la compensazione delle spese può essere disposta solo previa esplicita indicazione dei giusti motivi ravvisati dal giudice di merito, specificamente indicati”.

Il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese di questo giudizio.

PQM

La Corte accoglie il ricorso incidentale, rigetta quello principale, cassa la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Genova, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di cassazione.

La presente sentenza è stata redatta sulla base della relazione predisposta dall’assistente di studio dr. Co.Fr..

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione seconda civile della Corte Suprema di Cassazione, il 6 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 29 novembre 2016

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