Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24236 del 28/10/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 24236 Anno 2013
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: GARRI FABRIZIA

ORDINANZA
sul ricorso 16169-2011 proposto da:
BANGONI AUGUSTA BNGGST55L70L506E, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA FLAMINIA 195, presso lo studio
dell’avvocato VACIRCA SERGIO, che la rappresenta e difende
unitamente all’avvocato LALLI CLAUDIO, giusta delega a margine
del ricorso;

– ricorrente contro
POSTE ITALIANE SPA 97103880585 – società con socio unico – in
persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione e legale
rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
L.G. FARAVELLI 22, presso lo studio dell’avvocato ARTURO
MARESCA, che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del
controricorso;

Data pubblicazione: 28/10/2013

- controrkorrente avverso la sentenza n. 424/2010 della CORTE D’APPELLO di
CAGLIARI del 5.5.2010, depositata il 16/06/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

udito per la ricorrente l’Avvocato Sergio Vacirca che si riporta agli
scritti.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. GIULIO
ROMANO che si riporta alla relazione scritta.
Fatto e diritto

Con ricorso notificato in data 10-16 giugno 2011,
Augusta Bangoni chiede, con tre motivi, relativi, rispettivamente,
al vizio di motivazione, alla violazione dell’art. 1372 c.c. anche in
riferimento all’art. 1422, 2946, 2948 e 2113 c.c. 6 6 L n. 604/1966 e
infine ad un ulteriore vizio di motivazione, la cassazione della
sentenza depositata il 16 giugno 2010, con la quale la Corte
d’appello di Cagliari aveva confermato la decisione di primo grado
di rigetto della sua domanda di conversione del contratto a tempo
determinato stipulato con Poste Italiane s.p.a. relativamente al
periodo dal 16 giugno al 31 luglio 2000 – ai sensi dell’art. 8 del
C.C.N.L. 26 novembre 1994 e successive integrazioni,

“per

esigenze eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione e
rimodulazione degli assetti occupazionali in corso…”, avendo
ritenuto il rapporto estinto per tacito mutuo consenso.
In proposito, la ricorrente denuncia nei tre motivi il vizio
della sentenza per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto
sufficiente a realizzare l’assenso della lavoratrice alla risoluzione
del rapporto il semplice trascorrere del tempo, in rapporto alla breve
Ric. 2011 n. 16169 sez. ML – ud. 03-10-2013
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03/10/2013 dal Consigliere Relatore Dott. FABRIZIA GARRI;

durata del contratto di lavoro, alla percezione da parte della
dipendente delle spettanze finali del suddetto rapporto e al ritiro
del libretto di lavoro, senza neppure tener conto di altre contrarie
circostanze di fatto indicate dalla lavoratrice.

controricorso (col quale, invoca altresì, in via subordinata,
l’applicazione dello ius superveniens rappresentato dall’art. 32,
commi 5-7 della legge n. 183 del 2010).
Il procedimento è regolato dagli artt. 360 e segg. c.p.c. con le
modifiche e integrazioni successive, in particolare quelle apportate
dalla legge 18 giugno 2009 n. 69.
Il ricorso principale è manifestamente fondato.
Va infatti ricordato che, secondo la giurisprudenza di questa
Corte, cui il collegio aderisce, è suscettibile di essere sussunto nella
fattispecie legale di cui all’art. 1372, primo comma, cod. civ. il
comportamento delle parti che determini la cessazione della
funzionalità di fatto del rapporto lavorativo a termine in base a
modalità tali da evidenziare il loro disinteresse alla sua attuazione,
trovando siffatta operazione ermeneutica supporto nella crescente
valorizzazione, che attualmente si registra nel quadro della teoria e
della disciplina dei contratti, del piano oggettivo del contratto, a
discapito del ruolo e della rilevanza della volontà psicologica dei
contraenti, con conseguente attribuzione del valore di dichiarazioni
negoziali a comportamenti sociali valutati in modo tipico; e ciò con
particolare riferimento alla materia lavoristica ove operano,
nell’anzidetta prospettiva, principi di settore che non consentono di
considerare esistente un rapporto di lavoro senza esecuzione (cfr., ad
es., Cass. 6 luglio 2007 n. 15264, 7 maggio 2009 n. 10526).
Ric. 2011 n. 16169 sez. ML – ud. 03-10-2013
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L’intimata società resiste alla domanda con rituale

In ogni caso va ricercata la volontà effettiva delle parti quale
risultante dal complessivo comportamento dalle stesse tenuto.
In proposito, l’onere di provare le circostanze dalle quali
possa ricavarsi la volontà chiara e certa delle parti di voler porre fine
al rapporto grava sul datore di lavoro che deduce la risoluzione dello

17070 e 2 dicembre 2000 n. 15403).
E’ poi consolidato l’orientamento secondo cui il relativo
giudizio, sulla configurabilità o meno, in concreto, di un tale
accordo per facta concludentia, viene devoluto al giudice di merito, la
cui valutazione, se congruamente motivata, si sottrae a censure in
sede di controllo di legittimità della decisione (cfr., diffusamente, tra
le altre, le sentenze citate).
E’ infine corrente l’affermazione giurisprudenziale,
ripetutamente condivisa da questa Corte, in quanto corrispondente a
valutazioni di tipicità sociale, secondo cui non possono avere valore
significativo nel senso dell’adesione del lavoratore alla volontà
risolutoria del datore circostanze quali la mera inerzia del lavoratore
nel contestare la clausola appositiva del termine, così come la
percezione del t.f.r. o la ricerca medio tempore di una qualche
occupazione, ove non siano associate ad altre circostanze
significative, quali ad es. la stipulazione di un contratto di lavoro
equivalente rispetto a quello conseguibile col ricorso, stabilizzatosi
nel tempo et similia.
Ciò premesso, si rileva che la Corte territoriale, pur avendo
enunciato la regola per cui è irrilevante di per sé, ai fini considerati,
la mera inerzia del lavoratore nel tempo, le ha attribuito poi valore
fortemente significativo in rapporto alla durata del contratto di
Ric. 2011 n. 16169 sez. ML – ud. 03-10-2013
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stesso per mutuo consenso (cfr. ad es. Cass. 2 dicembre 2002 n.

lavoro tra le parti, aggiungendo a ciò il fatto della percezione delle
spettanze di fine rapporto e il ritiro del libretto di lavoro.
Con ciò la Corte non ha fatto buon governo dei principi
indicati, istituendo un rapporto tra durata dell’inerzia e durata del
appare percepibile sul piano logico ed è comunque estranea a quei
criteri di tipicità sociale da porre, nella materia, alla base della
valutazione; in tal modo finendo per attribuire significatività a
circostanze (l’inerzia e la percezione del t.f.r., il ritiro del libretto di
lavoro) generalmente, di per sé o tra loro associate, ritenute solo
moderatamente tali.
In conclusione la sentenza deve essere cassata e le parti vanno
rimesse davanti alla Corte di appello di Cagliari, in diversa
composizione, che procederà alla verifica della legittimità del
termine apposto con ogni conseguenza di legge oltre che sulle spese
del presente giudizio.
PQM
LA CORTE
Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla
Corte d’Appello di Cagliari in diversa composizione che provvederà
anche sulle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma il 3 ottobre 2013
Il Presidente

contratto di lavoro, la cui significatività nel senso voluto non

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