Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24235 del 13/10/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 13/10/2017, (ud. 16/03/2017, dep.13/10/2017),  n. 24235

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14092-2016 proposto da:

W.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso da sè

medesimo;

– ricorrente –

contro

COSTANTINA SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA CAMILLUCCIA, 741,

presso lo studio dell’avvocato EUGENIA TOMELLINI, rappresentata e

difesa dall’avvocato MARIA MICHELA PINI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 658/2015 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 24/11/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/03/2017 dal Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO.

Fatto

RILEVATO

che:

la società Costantina Srl intimava sfratto a W.G. quale conduttore dell’immobile concesso in locazione ad uso abitativo con contratto del 1 agosto 2005 a causa del mancato pagamento di 13 mensilità. Il conduttore eccepiva difetto di legittimazione attiva della società intimante in quanto quest’ultima gli avrebbe comunicato, con lettera del 10 maggio 2013, che l’appartamento oggetto del contratto di locazione era divenuto di proprietà dell’Istituto salesiano Bearzi e che, pertanto, il rapporto di locazione era cessato a seguito di quella disdetta;

il Tribunale di Udine, con sentenza n. 1342 del 2014 dichiarava risolto il contratto per inadempimento del conduttore, condannando al rilascio dell’immobile e al pagamento dei canoni scaduti e a quelli successivi;

avverso tale decisione proponeva appello W.G. rilevando che il Tribunale aveva errato nell’escludere l’operatività dell’art. 1599 c.c. e il conseguente difetto di legittimazione attiva della società intimante e per avere violato gli artt. 1324 e 1362 c.c. ritenendo frutto di un linguaggio atecnico la missiva con cui la società Costantina Srl aveva comunicato l’avvenuto trasferimento della proprietà dell’immobile. Infine, il Tribunale aveva erroneamente respinto l’eccezione di inammissibilità riferita al pagamento dei canoni, per difetto di preventiva mediazione obbligatoria, poichè in quella sede non si era discusso anche della richiesta di pagamento dei canoni;

la Corte d’Appello di Trieste, con la sentenza del 24 novembre 2015 rigettava l’appello condannando il W. al pagamento delle spese di lite. Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione Giorgio W. in proprio, sulla base di tre motivi. Resiste in giudizio la Srl Costantina con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo lamenta la violazione dell’art. 1362 c.c., con riferimento al contenuto della nota datata 10 maggio 2013 a firma di P.G.P. nella parte in cui la Corte territoriale, interpretando tale documento, avere confermato la valutazione operata dal Tribunale che aveva ritenuto che in quella missiva era stata utilizzata un’espressione atecnica e ciò sulla base del “complesso delle norme del contratto e dell’atto unilaterale” cui la nota fa riferimento. Sotto tale profilo risulterebbe violato anche il disposto dell’art. 1367 c.c., non attribuendosi alcun effetto alle parole scritte;

con il secondo motivo, sempre con riferimento alla nota del 10 maggio 2013, si contesta l’affermazione della Corte territoriale secondo cui il trasferimento delle quote di una società costituisce cosa diversa dal patrimonio della stessa, con la conseguenza che, pur ammettendo che l’istituto salesiano fosse socio di maggioranza, questo non determinerebbe anche un trasferimento della titolarità dei beni. Diversamente da quanto ritenuto dalla Corte territoriale, ai sensi dell’art. 1599 c.c., l’immobile doveva ritenersi trasferito in favore del nuovo soggetto:

con il terzo motivo con riferimento alla domanda di mediazione e alla relativa eccezione di improcedibilità della domanda del locatore, si censura la decisione della Corte territoriale che non avrebbe preso in considerazione i rilievi sollevati in appello e neppure la questione relativa alla tutela dell’affidamento del conduttore, che sarebbe stato tratto in inganno dal documento relativo alla mediazione, apparentemente riferibile soltanto alla domanda costitutiva e non anche a quella di pagamento dei canoni. Conseguentemente i giudici di merito avrebbero dovuto ritenere, sulla base dei corretti criteri ermeneutici, che la domanda di mediazione dovesse avere ad oggetto la sola pretesa costitutiva, fondata sull’inadempimento del conduttore.

Considerato che:

i tre motivi presentano consistenti profili di inammissibilità poichè sono formulati in maniera irrituale, senza l’indicazione del vizio specifico al quale si riferiscono tra le ipotesi tassativamente indicate dall’art. 360 c.p.c. e omettendo l’individuazione specifica delle norme violate; inoltre, prospettano una serie di profili esclusivamente in fatto, non suscettibili di sindacato in sede di legittimità. Come emerge dal contenuto dello stesso ricorso, le considerazioni poste a sostegno dei tre motivi si risolvono in una rilettura alternativa dei fatti e delle emergenze istruttorie di causa, richiedendo alla Corte di legittimità un sindacato sulle valutazioni e sulle conclusioni tratte dalla Corte territoriale, sulla base di un percorso argomentativo congruo e ragionevole. Le censure si sostanziano nella richiesta di un diverso apprezzamento degli elementi di fatto già valutati dalla Corte d’Appello in maniera difforme rispetto alle aspettative e alle deduzioni della ricorrente. Va ribadito, in questa sede, che il giudice di legittimità non ha il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma ha solo la possibilità di verificare, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logica, le argomentazioni svolte dal giudice del merito;

oltre a quanto detto, il primo motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza, poichè si censura la interpretazione fornita dal giudice di primo e di secondo grado sul contenuto della nota del 10 maggio 2013 che, per espressa indicazione del ricorrente, è stata valutata dalla Corte d’Appello nel modo contestato dal W., proprio sulla base delle “complesso delle norme (del contratto e dell’atto unilaterale) e quindi di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie in questione”. A fronte di tale censura, che necessariamente rinvia all’intero contenuto del contratto e dell’atto unilaterale, alcun riferimento viene operato, nell’ambito del primo motivo, al testo di tali documenti, che non vengono trascritti, neppure parzialmente, con ciò rendendo impossibile alla Corte di legittimità di verificare la dedotta violazione dei canoni di interpretazione;

il secondo motivo, relativo alle medesime questioni, è manifestamente infondato, in quanto, a fronte di una comunicazione relativa al trasferimento dell’immobile, la locatrice ha documentato che il trasferimento ha riguardato solo le quote del socio di maggioranza in favore dell’Istituto Bearzi e ciò è sufficiente a dimostrare la permanenza della titolarità del bene in capo alla Srl Costantina;

il terzo motivo è inammissibile per assoluta mancanza della individuazione del vizio fatto valere, tra quelli indicati all’art. 360 c.p.c. e, soprattutto, delle norme violate che non vengono in alcun modo menzionate, neppure in6 maniera implicita;

ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza, dandosi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17: “Quando l’impugnazione, anche incidentale, è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma del comma 1-bis. Il giudice dà atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al periodo precedente e l’obbligo di pagamento sorge al momento del deposito dello stesso”.

PQM

 

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di Consiglio della Sezione Sesta della Corte Suprema di Cassazione, il 16 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 13 ottobre 2017

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