Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24234 del 02/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 02/11/2020, (ud. 03/07/2020, dep. 02/11/2020), n.24234

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. PEPE Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 15874/2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F.: (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato

(C.F.: (OMISSIS)), presso i cui uffici in Roma, Via dei Portoghesi

12, è domiciliata;

– ricorrente –

contro

R.P., G.M., R.V. e R.R.,

rappresentati e difesi dagli Avv. Battagliese Guido Luigi e

Buonaguidi Vittorio e Carlini Franco ed elettivamente domiciliati

presso lo studio di quest’ultimo in Roma, Piazza Cola di Rienzo, n.

92;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 5526/49/15 della Commissione tributaria

Regionale della Lombardia, sezione di Milano, depositata il

18/12/2015;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 03/07/2020

dal Consigliere Dott. Pepe Stefano.

 

Fatto

RITENUTO

Che:

1. L’Agenzia dell’Entrate con avviso di liquidazione notificato a R.P., G.M., R.V. e R.R. recuperava a tassazione l’imposta di donazione, ipotecaria e castale in misura proporzionale relativamente all’atto di istituzione del “trust Futuro”.

2. I contribuenti impugnavano dinnanzi alla CTP di Milano l’avviso di liquidazione deducendone, tra l’altro, l’inesistenza dei presupposti di fatto e diritto per l’imposizione della tassazione in esso indicata.

3. La CTR con la sentenza n. 5526/49/15, depositata il 18/12/2015, confermava la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso dei contribuenti rilevando che, per effetto del trust, non vi era stato alcun trasferimento di ricchezza che legittimasse l’applicazione delle imposte richieste.

4. Avverso tale sentenza l’Agenzia dell’entrate propone ricorso per cassazione affidato a due motivi.

5. I contribuenti si sono costituiti con controricorso e ricorso incidentale.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. L’Agenzia delle Entrate deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza per mancanza del requisito motivazionale e per violazione dell’art. 132 c.p.c. e dell’art. 111 Cost..

Rileva la ricorrente che nella parte motiva della sentenza la CTR afferma che in via astratta, nel caso di specie, sarebbe applicabile solo l’imposta sulle successioni e donazioni, D.L. n. 262 del 2006, ex art. 2, comma 47, assumendo rilievo il fatto che il trust rientra nei vincoli di destinazione indicati da tale norma. A fronte di tale affermazione la CTR respinge l’appello e conferma la sentenza di primo grado con la quale, contrariamente a quanto sopra, si era precisato che il mero riferimento al vincolo di destinazione di cui all’art. 2 cit. non è sufficiente ad estendere l’imposta in misura proporzionale al trust.

Quanto sopra pone in luce, sempre secondo la ricorrente, una motivazione contraddittoria, in contrasto con il dispositivo e, pertanto, affetta dal vizio sopra indicato.

2. Con il secondo motivo l’Agenzia delle Entrate deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.L. n. 262 del 2006, art. 2, comma 47 e 49, conv. in L. n. 286 del 2006 e del D.Lgs. n. 347 del 1990, art. 1, tariffa allegata, del medesimo decreto, art. 10.

La ricorrente ritiene che erroneamente la CTR ha ritenuto esente da tassazione il trust oggetto dell’avviso di liquidazione in assenza di un effettivo trasferimento patrimoniale e, quindi, di un arricchimento o, comunque, di un vantaggio-incremento economico.

La ricorrente rileva che l’art. 2 cit. prevede l’applicazione delle imposte in misura proporzionale in presenza di vincoli di destinazione, come è il trust, con il quale il disponente trasferisce beni e diritti a favore del trustee; trasferimento che giustifica anche l’applicazione dell’imposta ipotecaria e catastale.

3. I contribuenti, con ricorso incidentale, censurano la sentenza della CTR per violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione alla statuizione con la quale, in ragione della “novità e complessità delle questioni” ha rigettato l’appello incidentale volto ad ottenere la condanna di controparte al pagamento delle spese processuali.

I contribuenti rilevano che tale pronuncia violerebbe il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15 e l’art. 92 c.p.c., comma 2, per effetto dei quali la compensazione delle spese di lite può essere pronunciata solo in presenza di una reciproca soccombenza che, nella specie, non ricorre e che non può essere surrogata dalla “complessità” o “particolarità” delle questioni, con la conseguenza che la motivazione sul punto risulterebbe meramente assertiva e apodittica.

4. Il primo motivo del ricorso principale è infondato.

La sentenza della CTR deve essere scrutinata alla luce del nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), introdotto dal D.L. n. 83 del 2012, conv. in L. n. 134 del 2012, per effetto del quale “non è più configurabile il vizio di contraddittoria motivazione della sentenza, atteso che la norma suddetta attribuisce rilievo solo all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, non potendo neppure ritenersi che il vizio di contraddittoria motivazione sopravviva come ipotesi di nullità della sentenza ai sensi del n. 4) del medesimo art. 360 c.p.c.” (Cass. n. 13928 del 2015).

Per effetto dell’attuale formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 il sindacato della Corte sulla motivazione della sentenza impugnata è ora circoscritto alle sole violazioni costituzionalmente rilevanti (art. 111 Cost., comma 6), risultanti in via diretta dal testo della sentenza, senza che sia necessario esaminare le risultanze processuali e, dunque alle sole ipotesi di motivazione assente, apparente, manifestamente ed irriducibilmente contraddittoria, perplessa od incomprensibile, che si convertono nella violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4. In particolare, integra motivazione insanabilmente contraddittoria, ovvero apparente per impossibilità di ricavare la logicità del ragionamento inferenziale del giudice, quella che affermi la sussistenza di un presupposto per l’applicazione di una norma negandone immotivatamente la conseguente applicazione (Cass. n. 4367 del 2018).

La ricorrente erroneamente, da un lato, censura il vizio di contraddittoria motivazione ipotizzando la sopravvivenza della figura del vizio di motivazione attraverso la semplice contestazione della nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4), e, dall’altro, ritiene sussistere un contrasto insanabile tra l’affermazione della CTR secondo cui sarebbe “astrattamente applicabile” la sola imposta sulle successioni e donazioni e il dispositivo, affermazione quest’ultima che non tiene conto della ratio sulla quale si fonda il decisum della CTR e cioè sull’assenza, nel caso di specie, di ogni trasferimento di beni e, dunque, del presupposto delle imposte richieste dall’Ufficio.

5. Il secondo motivo del ricorso principale non è fondato.

La questione posta all’esame del Collegio attiene a quale fatto sia fiscalmente rilevante in materia di trust e, in particolare se, ai fini dell’imposizione dell’imposta di donazione, ipotecaria e castale, sia sufficiente la mera costituzione del vincolo sui beni o occorra l’effettivo trasferimento di essi ai beneficiari.

Il trust trova la sua disciplina, quanto alla materia dell’imposizione indiretta, nel D.L. n. 262 del 2006, art. 2, comma 47, conv. in L. n. 286 del 2006, che per gli atti di costituzione di vincoli di destinazione richiama il D.Lgs. n. 346 del 1990 (Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni). In particolare, l’art. 2, comma 47, cit. prevede che “è istituita l’imposta sulle successioni e donazioni sui trasferimenti di beni e diritti per causa di morte, per donazione o a titolo gratuito e sulla costituzione di vincoli di destinazione, secondo le disposizioni del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni, di cui al D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, nel testo vigente alla data del 24 ottobre 2001, fatto salvo quanto previsto dai commi da 48 a 54”, stabilendo il successivo comma 49 che “per le donazioni e gli atti di trasferimento a titolo gratuito di beni e diritti e la costituzione di vincoli di destinazione di beni l’imposta è determinata dall’applicazione delle seguenti aliquote al valore globale dei beni e dei diritti al netto degli oneri da cui è gravato il beneficiario diversi da quelli indicati dal citato testo unico di cui al D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, art. 58, comma 1, ovvero, se la donazione è fatta congiuntamente a favore di più soggetti o se in uno stesso atto sono compresi più atti di disposizione a favore di soggetti diversi, al valore delle quote dei beni o diritti attribuiti: a) a favore del coniuge e dei parenti in linea retta sul valore complessivo netto eccedente, per ciascun beneficiario, 1.000.000 di Euro: 4 per cento; a-bis) a favore dei fratelli e delle sorelle sul valore complessivo netto eccedente, per ciascun beneficiario, 100.000 Euro: 6 per cento; b) a favore degli altri parenti fino al quarto grado e degli affini in linea retta, nonchè degli affini in linea collaterale fino al terzo grado: 6 per cento; c) a favore di altri soggetti: 8 per cento”.

Per effetto del combinato disposto delle norme sopra riportate il legislatore ha esteso l’applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni anche ai negozi di costituzione di vincoli di destinazione, come il trust.

Questa Corte (Cass. n. 1131 del 2019, n. 19167 del 2019), con orientamento pienamente condiviso dal Collegio, ha affermato che “non si può trarre dallo scarno disposto del D.L. n. 262 del 2006, art. 2, comma 47, il fondamento normativo di un’autonoma imposta, intesa a colpire ex se la costituzione dei vincoli di destinazione, indipendentemente da qualsivoglia evento traslativo, in senso proprio, di beni e diritti, pena il già segnalato deficit di costituzionalità della novella così letta” precisando, poi, che “in relazione agli atti di dotazione del fondo oggetto di causa (…), il giudice di appello (…) ha correttamente escluso che la costituzione del vincolo di destinazione sulle somme di denaro conferite in trust avesse prodotto un effetto traslativo immediato, solo in tal caso giustificandosi la soggezione dell’atto dotativo all’imposta sulle successioni e donazioni, in misura proporzionale, in quanto sicuro indice della capacità economica del soggetto beneficiato” laddove “una lettura costituzionalmente orientata della normativa in esame (artt. 53 e 23 Cost.), attribuisce giusto rilievo al fatto che l’imposta prevista dal D.Lgs. n. 346 del 1990 non può che essere posta in relazione con “un’idonea capacità contributiva”, che il conferimento di beni e diritti in trust non integra di per sè un trasferimento imponibile e, quindi, rappresenta un atto generalmente neutro, che non dà luogo ad un trapasso di ricchezza suscettibile di imposizione indiretta”. E ancora, (Cass. n. 15455 del 2019), assume rilievo il principio secondo cui è illogico affermare applicabili le imposte proporzionali, dovute per la trascrizione e la voltura di atti che importano trasferimento di proprietà di beni immobili, già al momento del conferimento dei beni in trust, perchè a tale momento è correlabile un trasferimento (al trustee) solo limitato (stante l’obbligo di destinazione che comprime il diritto di godimento del medesimo trustee rispetto a quello di un pieno proprietario) e solo temporaneo mentre il trasferimento definito di ricchezza – che rileva quale indice di capacità contributiva in relazione al cui manifestarsi sono pretendibili le imposte proporzionali- si verifica solo al momento del trasferimento finale al beneficiari (cfr. Cass. n. 25478 del 2015; negli stessi termini le sentenze n. 25479 del 2015, n. 25480 del 2015, n. 975 del 2018 e n. 13141 del 2018). In senso conforme alle pronunce riportate si è poi precisato (Cass. n. 16699 del 2019) che: “Poichè ai fini dell’applicazione delle imposte di successione, registro ed ipotecaria è necessario, ai sensi dell’art. 53 Cost., che si realizzi un trasferimento effettivo di ricchezza mediante un’attribuzione patrimoniale stabile e non meramente strumentale, nel “trust” di cui alla L. n. 364 del 1989 (di ratifica ed esecuzione della Convenzione dell’Afa 1 luglio 1985), detto trasferimento imponibile non è costituito nè dall’atto istitutivo del “trust”, nè da quello di dotazione patrimoniale fra disponente e “trastee” in quanto gli stessi sono meramente attuativi degli scopi di segregazione e costituzione del vincolo di destinazione, bensì soltanto dall’atto di eventuale attribuzione finale del bene al beneficiario”.

Va, dunque, ribadito che la sola apposizione del vincolo non comporta, di per sè, incremento patrimoniale significativo di un reale trasferimento di ricchezza, con quanto ne consegue in ordine alla non ravvisabilità in esso di forza economica e capacità contributiva ex art. 53 Cost., quest’ultime poste a fondamento delle imposte richieste dall’Agenzia delle Entrate con l’avviso liquidazione impugnato. Ed invero, se non può negarsi che l’apposizione del vincolo, in quanto tale, determina per il disponente l’utilità rappresentata dalla separatezza dei beni (limitativa della regola generale di cui all’art. 2740 c.c.) in vista del conseguimento di un determinato risultato di ordine patrimoniale; tale utilità, però, non concretizza, di per sè, alcun effettivo e definitivo incremento patrimoniale in capo al disponente e nemmeno al trustee, incremento che si verificherà (eventualmente e in futuro) in capo al beneficiario finale, di talchè la strumentalità dell’atto istitutivo e di dotazione del trust ne giustifica, nei termini indicati, la fiscale neutralità.

6. La CTR ha fatto corretta applicazione di tali principi, nella parte in cui, ha rilevato che “nel caso in esame gli immobili costituiti in trust sono rimasti in proprietà dei disponenti”, assumendo all’uopo rilievo il fatto che il trust indicava la finalità dei beni oggetto di segregazione nell'”assicurare a se stessi (ndr dei disponenti) e ai figli (…) il mantenimento del tenore e della qualità di vita in atto nonchè la cura e l’assistenza personale e medica”.

In conclusione, risulta frutto di una errata interpretazione normativa l’assunto della ricorrente secondo cui ciò che rileva ai fini fiscali è il mero vincolo di destinazione con la segregazione del bene conferito essendo irrilevante l’arricchimento del destinatario del bene; assunto che oblitera completamente la circostanza che le imposte in esame trovano ragione in manifestazioni di ricchezza conseguenti a trasferimenti patrimoniali.

7. Il ricorso principale va pertanto rigettato.

8. Il ricorso incidentale non è fondato.

La CTR, in punto di regolamento delle spese processuali ha posto a fondamento della loro compensazione “la novità e la complessità delle questioni riguardanti la tassazione degli atti costituitivi di patrimoni separati”. Tale motivazione, diversamente da quanto ritenuto dai contribuenti, da un lato, soddisfa il requisito motivazionale minimo garantito dalla previsione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 da essi richiamato e, dall’altro, risulta pienamente conforme alla previsione contenuta nell’art. 92 c.p.c., comma 2, nel testo vigente ratione temporis, ai fini della compensazione delle spese di lite come modificato dal D.L. n. 132 del 2014, art. 13. Per effetto della novella in esame è stata sostituita l’originaria previsione della ricorrenza di “gravi ed eccezionali ragioni” con quella di “novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza”, ulteriormente inasprita in sede di conversione ad opera della L. n. 162 del 2014 che ha inserito la specificazione della “assoluta” novità della questione trattata, ovvero il mutamento della giurisprudenza “rispetto alle questioni dirimenti”.

9. Le spese di lite vanno compensate, stante il solo recente affermarsi del su riportato indirizzo interpretativo di legittimità.

P.Q.M.

La Corte:

– Rigetta il ricorso principale

– Rigetta il ricorso incidentale.

– Compensa le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente incidentale a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso, nella camera di consiglio, il 3 luglio 2020, tenutasi con modalità da remoto secondo quanto disposto dal Primo Presidente con decreti n. 76 e 97 del 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 novembre 2020

 

 

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