Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24233 del 13/10/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 13/10/2017, (ud. 16/03/2017, dep.13/10/2017),  n. 24233

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12549-2016 proposto da:

B.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ALESSANDRIA

128-130, presso lo studio dell’avvocato ANTONINO PIRO, che la

rappresenta e difende unitamente agli avvocati GIUSEPPE VESPASIANI e

STEFANO CORRU’;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI TREZZANO SUL NAVIGLIO, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE

SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati ROBERTA

NICOLETTA ROSELLI e ELISABETTA SILVA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4430/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 18/11/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/03/2017 dal Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO.

Fatto

RILEVATO

che:

B.G. conveniva in giudizio il Comune di Trezzano sul Naviglio esponendo che, mentre procedeva alla guida del proprio ciclomotore era incappata in una buca, rovinando al suolo e provocandosi lesioni e fratture agli arti superiori e inferiori, chiedendo, conseguentemente, il risarcimento dei danni da parte dell’amministrazione comunale, la quale, costituitasi in giudizio, chiedeva il rigetto delle domande. Il Tribunale, all’esito dell’attività istruttoria, in accoglimento della domanda, condannava l’ente pubblico al risarcimento dei danni;

avverso tale sentenza proponeva appello il Comune, sostenendo che parte attrice non aveva fornito adeguata prova della sussistenza del nesso di causalità tra la caduta e le condizioni del manto stradale. Si costituiva anche l’appellata, che concludeva per la conferma della sentenza impugnata;

con sentenza del 18 novembre 2015 la Corte d’Appello di Milano, in riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Milano, respingeva le domande proposte, disponendo la restituzione di quanto percepito dalla danneggiata in esecuzione della sentenza impugnata e compensava integralmente le spese del giudizio di primo grado, condannando la parte appellata alla rifusione di quelle del giudizio di appello;

avverso tale decisione propone ricorso per cassazione B.G. sulla base di due motivi. Resiste in giudizio il Comune di Trezzano sul Naviglio con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 2051 e 2729 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere la Corte territoriale rilevato il mancato assolvimento dell’onere della prova della derivazione causale del fatto dalla cosa in custodia, dall’assenza di testimoni oculari e ritenendo insussistenti indizi gravi, precisi e concordanti, tali da permettere il raggiungimento della prova della derivazione causale del sinistro;

il primo motivo è inammissibile poichè sotto l’apparente censura, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 relativa alla norma in tema di presunzione (art. 2729 c.c.), in realtà non deduce un’errata interpretazione della disposizione in materia, ma richiede una nuova valutazione delle prove nel merito, al fine di verificare, in fatto, l’esistenza di elementi idonei ad ingenerare i presupposti di gravità, precisione e concordanza richiesti dalla norma. Si tratta di una nuova valutazione, inammissibile in sede di legittimità (Cass. 22 luglio 2015 n. 15366);

con il secondo motivo la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 2051, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, con riferimento alla parte della motivazione della sentenza impugnata con la quale viene affermata la prova del caso fortuito, precisando che le condizioni di visibilità favorevole, la vicinanza tra il luogo del fatto e la residenza della attrice avrebbero dovuto indurla alla massima prudenza al fine di evitare il sinistro;

la Corte d’Appello ha adottato una doppia motivazione, con argomentazioni autonomamente idonee a supportare la decisione. Con la prima motivazione, ha ritenuto insussistente la prova del nesso causale. Con la seconda ha rilevato che, pur ipotizzando come valida la ricostruzione operata dalla danneggiata, ricorrerebbe l’ipotesi del caso fortuito, rappresentato dalla condotta di guida imprudente della stessa. Il mancato accoglimento del primo motivo rende irrilevante la seconda censura che, comunque risulta manifestamente infondata, avendo la Corte fatto applicazione della giurisprudenza consolidata in tema di onere di attenzione da parte del danneggiato (Cass. 16 maggio 2013 n. 11946). Anche in questo caso, sotto l’apparente censura ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 si richiede di rivalutare, in fatto, la condotta della danneggiata;

ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza, dandosi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17: “Quando l’impugnazione, anche incidentale, è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma del comma 1-bis. Il giudice dà atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al periodo precedente e l’obbligo di pagamento sorge al momento del deposito dello stesso”.

PQM

 

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese in favore del controricorrente, liquidandole in Euro 7.300,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di Consiglio della Sezione sesta della Corte Suprema di Cassazione, il 16 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 13 ottobre 2017

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