Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24231 del 29/11/2016
Cassazione civile sez. II, 29/11/2016, (ud. 19/04/2016, dep. 29/11/2016), n.24231
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETITTI Stefano – Presidente –
Dott. PARZIALE Ippolisto – rel. Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 20859/2013 proposto da:
C.G., elettivamente domiciliato in Roma, Lungotevere
Sanzio 1, presso lo studio dell’avvocato FEDERICO MAZZELLA,
rappresentato e difeso dall’avvocato GIOVANNI MARIA MATINO, come da
procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
COMMISSIONE NAZIONALE PER LE SOCIETA’ E LA BORSA – CONSOB, in persona
del suo Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma,
Via G.B. Martini n. 3, presso lo studio dell’avvocato SALVATORE
PROVIDENTI, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati
MARIA LETIZIA ERMETES, MICHELA DINI, come da procura speciale a
margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso il provvedimento della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata
il 19 marzo 2013.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19
aprile 2016 dal Consigliere Dott. Ippolisto Parziale;
uditi, per il ricorrente, l’Avvocato Stefano Ambrosetti, per delega
dell’Avvocato Macino, e, per la controricorrente, l’Avvocato Paolo
Palmisano, per delega dell’Avvocato Providenti;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
CAPASSO Lucio, che la chiesto il rigetto del ricorso.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
1. – Con Delib. 31 maggio 2012, n. 18241, la Consob ingiunse a C.G. il pagamento della sanzione pecuniaria amministrativa di Euro 70.000,00 contestandogli la violazione dell’art. 190, comma 1, TUF, per aver il predetto esercitato l’attività di promotore finanziario in assenza dell’iscrizione all’albo unico dei promotori di cui all’art. 31, comma 4, del medesimo testo normativo. La sanzione traeva origine da un accertamento di polizia tributaria dal quale era emerso che in data (OMISSIS) il C. aveva sottoscritto a Nevis Island (Caraibi) un contratto di mandato con rappresentanza avente ad oggetto la promozione ed il collocamento di prodotti finanziari emessi dalla società Brett Trading Company ltd., con ciò maturando il diritto a ricevere una provvigione mensile dalla stessa società in percentuale al controvalore investito da ciascun cliente in tali prodotti; quindi, nel periodo successivo e sino al febbraio 2009, in esecuzione di tale mandato il C. aveva sottoscritto undici contratti di investimento per un controvalore complessivo di Euro 1.872.000,00. Ricevuta la notifica del provvedimento in data 22 giugno 2012, il C. propose opposizione presso la Corte d’appello di Firenze con ricorso depositato il 21 settembre 2012 e notificato alla Consob il 1 ottobre successivo.
2. – Per ciò che rileva in questa sede, il ricorrente – in premessa ai motivi di ricorso e stante la tardività dell’opposizione – formulò istanza di rimessione in termini invocando la sussistenza di un errore scusabile. Sostenne, in particolare, che dopo la notifica della sanzione era intervenuta la pronunzia della Corte costituzionale n. 162 del 27 giugno 2012 che aveva dichiarato l’illegittimità del D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 133, comma 1, lett. t, art. 134, comma 1, lett. c) e art. 135, comma 1, lett. t), nella parte in cui attribuivano giurisdizione esclusiva al giudice amministrativo e competenza funzionale al TAR del Lazio su tutte le controversie inerenti ai provvedimenti adottati dalla Consob (compreso quello di specie, nel quale il destinatario era infatti avvertito della possibilità di ricorrere al giudice amministrativo). A seguito di tale pronunzia si era determinata la reviviscenza, secondo il ricorrente, tra gli altri, dell’art. 195 TUF già abrogato, che prevedeva l’impugnabilità delle sanzioni Consob con ricorso davanti alla Corte d’appello del luogo ove la presunta violazione era stata commessa nel termine di trenta giorni (anzichè sessanta come previsto dalle norme dichiarate incostituzionali).
La Consob si costituì deducendo fra l’altro l’inammissibilità del ricorso, essendo perento il termine di legge; termine che, al più, il ricorrente avrebbe potuto far decorrere dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della pronunzia della Corte Costituzionale, avvenuta il 4 luglio 2012.
3. – La Corte d’appello di Firenze dichiarò inammissibile l’opposizione, escludendo la sussistenza di un errore scusabile. Al riguardo rilevò anzitutto che il provvedimento non era erroneo laddove indicava l’opponibilità innanzi al TAR Lazio, trattandosi di indicazione conforme alla normativa vigente al momento della sua emanazione. Osservò, quindi, che a far data dalla pubblicazione in G.U. della sentenza della Corte costituzionale si era determinato l’effetto di cui all’art. 136 Cost., comma 1, con la correlata conoscenza legale del mutamento normativo; pertanto, dal 4 luglio 2012 poteva farsi decorrere il termine per proporre opposizione, soluzione che appariva coerente anche con il principio del cd. giusto processo, in base al quale si devono evitare gli effetti pregiudizievoli all’interessato dell’eventuale dichiarazione di incostituzionalità di una norma posta a sua tutela. Ciò posto, rilevò che il ricorso era stato notificato dopo la decorrenza di tale termine, quando il C. era ormai decaduto.
4. – Avverso tale decreto il C. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi. Resiste la Consob con controricorso, che ha anche depositato memoria.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. – I motivi del ricorso.
1.1. – Con il primo motivo il ricorrente deduce nullità della sentenza per omessa pronunzia sulla propria richiesta di rimessione in termini, assumendo che la Corte d’appello si sarebbe limitata ad affrontare la questione dell’individuazione del dies a quo per la decorrenza del termine per impugnare senza svolgere alcuna considerazione sulla scusabilità dell’errore e sulla conseguente applicazione del meccanismo della rimessione in termini, decisivo ai fini dell’esame del merito del giudizio.
1.2. – Con il secondo motivo il ricorrente lamenta violazione di legge ed in particolare degli artt. 24, 97, 111 e 113 Cost., art. 153 c.p.c., comma 2 e art. 294 c.p.c., commi 2 e 3 – in relazione alla ritenuta insussistenza, da parte della Corte di merito, dei presupposti per disporre la richiesta rimessione in termini. Richiama, in tal senso ed anzitutto, il consolidato orientamento di questa Corte che ammette il ricorso all’istituto nel caso di omessa od errata indicazione del termine per impugnare all’interno di un atto amministrativo, fattispecie che ritiene qui sussistere. Invoca, inoltre, il principio dell’affidamento nel buon andamento della pubblica amministrazione, che assume vanificato dall’applicazione di una decadenza per causa non imputabile al destinatario dell’attività amministrativa. Deduce, infine, la sussistenza di una fattispecie di rilevante complessità della vicenda – testimoniata dalla dichiarazione di incostituzionalità della norma – idonea a determinare non poche difficoltà nel garantire tutela al privato, che renderebbero scusabile l’errore.
2. – Il ricorso è fondato e può essere accolto.
Valutate unitamente le due censure, il Collegio ritiene che, nella particolare situazione verificatasi nel caso in questione, con la caducazione del provvedimento amministrativo impugnato per la parte relativa all’indicazione del giudice competente e dei termini per proporre opposizione, specificamente indicati in 60 giorni dal provvedimento impugnato, residuava in favore dell’opponente, odierno ricorrente, il legittimo affidamento nella disponibilità dell’intero maggior termine indicato dall’autorità amministrativa. Ed, in effetti, il ricorso fu proposto tempestivamente con riguardo a tale termine.
Pur tenendo conto della specificità dell’odierna fattispecie, nella quale in pendenza del termine di opposizione è intervenuta, con effetti ex tunc, la citata sentenza della Corte costituzionale, che ha reso applicabile la previgente norma, anche quanto al termine, ritiene il Collegio che si possa fare applicazione dei principi al riguardo più volte affermati da questa Corte (di recente con Cass. n. 25550 del 2010), secondo cui “in tema di opposizione ad ordinanza-ingiunzione irrogativa di sanzione amministrativa, il mancato rispetto del termine di trenta giorni di cui della L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 22, per proporre ricorso in opposizione, non determina la decadenza dall’opposizione e l’inammissibilità del ricorso eventualmente proposto, qualora sia errata l’indicazione, nell’atto amministrativo, del termine d’impugnazione entro il quale proporre ricorso, purchè il termine più ampio indicato nel verbale di accertamento notificato sia stato rispettato, atteso che il vizio contenuto nell’atto integra non la nullità bensì una mera irregolarità del provvedimento, che impedisce il verificarsi di preclusioni processuali a seguito del mancato rispetto, da parte dell’interessato, del termine di cui alla disposizione citata”.
3. – L’opposizione proposta deve, quindi, ritenersi tempestivamente proposta e la sentenza impugnata va cassata con rinvio per nuovo esame, ad altra sezione della Corte di appello di Firenze, che regolerà anche le spese del giudizio di cassazione.
PQM
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte di appello di Firenze.
Sentenza redatta con la collaborazione dell’assistente di studio Dott. Co.Fr..
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di Cassazione, il 19 aprile 2016.
Depositato in Cancelleria il 29 novembre 2016