Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24231 del 02/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 02/11/2020, (ud. 21/11/2019, dep. 02/11/2020), n.24231

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CAVALLARI Dario – Consigliere –

Dott. TADDEI Margherita – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9115-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

N.R., elettivamente domiciliata in ROMA VIA MALPIGHI 12/A,

presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO FACCIOLONGO, rappresentata

e difesa dall’avvocato BIAGIO DI MARIA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2938/2014 della COMM. TRIB. REG. di PALERMO,

depositata il 07/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/11/2019 dal Consigliere Dott. TADDEI MARGHERITA.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

L’Agenzia delle Entrate ricorre avverso la sentenza della Commissione Regionale della Sicilia n. 2938/25/14 che, il 09.06.2014,confermando la sentenza della Commissione Provinciale di Trapani n. 108/02/11, ha accolto il ricorso di N.R. volto ad ottenere, per il proprio fondo sito in Comune di Campobello di Mazara (Tp), in località “Tre Fontane”, relativamente alla particella catastale (OMISSIS) del foglio (OMISSIS), il riconoscimento del confine di proprietà con il Pubblico Demanio Marittimo. L’Ufficio, fin dalle controdeduzioni al ricorso introduttivo del giudizio, aveva evidenziato che non tanto si trattava di frazionamento quanto di aggiornamento cartografico-censuario, inquadrabile come “Riordino Fondiario” assimilabile ad un nuovo impianto del Catasto, vale a dire ripristino in cartografia della linea di delimitazione demaniale, senza alcun atto di frazionamento da parte dell’ex Agenzia del Territorio ed aveva contestato l’attribuzione della giurisdizione del giudice tributario a favore del giudice ordinario.

La CTR si era pronunciata per la giurisdizione del giudice tributario posto che già con sentenze del Tribunale di Marsala del 24.1.2002 e della Corte di Appello di Palermo del 22.12.2006, era stata definitivamente accertata la natura privatistica della particella catastale, con conseguente illegittimità del frazionamento operato dall’Ufficio e che pertanto l’impugnazione proposta dalla N. non era attinente all’accertamento della proprietà privata o demaniale della particella.

L’intimata resiste con controricorso e memoria.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

L’Agenzia delle Entrate articola tre motivi di ricorso:

1) Motivo attinente alla giurisdizione, con riferimento all’art. 32 c.n. e al relativo Regolamento, art. 58, al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, comma 2, nonchè con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1, sussiste la giurisdizione del Giudice ordinario, trattandosi, comunque, di una controversia concernente la delimitazione del diritto di proprietà dell’istante in rapporto alla proprietà demaniale;

2) Violazione e falsa applicazione di norme di diritto, con riferimento all’art. 2909 c.c. e all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. La CTR ha esteso anche alla N. l’efficacia diretta delle sentenze n. 8/2002 del Tribunale di Marsala e n. 66/2007 della Corte d’appello di Palermo, i cui giudizi si sono svolti tra soggetti terzi ed ai quali la N. non ha preso parte;

3) Nullità della sentenza per error in procedendo con riferimento all’art. 32 c.n., al D.P.R. 1 luglio 1977, n. 684, art. 3, all’art. 100 c.p.c. richiamato dal D.Lgs n. 546 del 1992, art. 2, nonchè all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, non essendo stato dichiarato il difetto di legittimazione passiva dell’Agenzia del territorio (ora Agenzia delle Entrate) che nel procedimento di delimitazione del demanio marittimo non ha alcuna competenza;

1) Con ii primo motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1, la ricorrente reitera l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice tributario, avuto riguardo all’art. 32 c.n., al relativo Regolamento, art. 58, al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, comma 2. Secondo la ricorrente, avendo la parte privata contestato un provvedimento emesso a conclusione del procedimento di delimitazione marittima e rivendicato la lesione del proprio diritto di proprietà, la giurisdizione va attribuita al Giudice ordinario, trattandosi, comunque, di una controversia concernente la delimitazione del diritto di proprietà dell’istante in rapporto alla proprietà demaniale;

2) con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. perchè l’Ufficio non sarebbe stato parte nei due giudizi civili azionati avanti al Tribunale di Marsala ed alla Corte d’appello di Palermo, e non vi sarebbe stato, pertanto, alcun giudicato ad esso opponibile;

3) in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, denuncia la nullità della sentenza per error in procedendo, con riferimento all’art. 32 c.n., al D.P.R. 1 luglio 1977, n. 684, art. 3, all’art. 100 c.p.c. come richiamato dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546. Eccepisce, in particolare, il difetto di legittimazione passiva dell’Agenzia del territorio, estranea al procedimento di delimitazione del demanio marittimo, che è disciplinato dall’art. 32 c.n. e dal relativo regolamento, art. 58: procedimento che nell’attualità è di competenza, per la Sicilia, dell’Assessorato territorio e ambiente della Regione Siciliana, sicchè i giudici del merito avrebbero errato nel non accogliere la richiesta dell’agenzia di far intervenire nel giudizio tributario il citato Assessorato.

L’intimata resiste con controricorso e note.

Il primo motivo di ricorso, non è fondato.

Riguardo all’oggetto della giurisdizione delle commissioni tributarie, il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, comma 2, stabilisce che “appartengono altresì alla giurisdizione tributaria le controversie promosse dai singoli possessori concernenti l’intestazione, la delimitazione, la figura, l’estensione, il classamento dei terreni e la ripartizione dell’estimo fra i compossessori a titolo di promiscuità di una stessa particella, nonchè le controversie concernenti la consistenza, il classamento delle singole unità immobiliari urbane e l’attribuzione della rendita catastale”.

Il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, lett. f), enuncia, tra gli atti impugnabili dinanzi al giudice tributario, proprio “gli atti relativi alle operazioni catastali indicate nell’art. 2, comma 2”.

Le Sezioni Unite di questa Corte, a sezioni unite, pronunciandosi in merito a controversie analoghe a quella qui in esame, attinenti alle risultanze catastali ed al riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice tributario, con la decisione n. 19524 / 2018 (ma anche con Cass. 2950/2016; cass. n. 13691/2006) hanno ribadito il principio secondo cui appartiene al giudice ordinario la giurisdizione sulle controversie tra privati, o tra privati e P.A., aventi ad oggetto l’esistenza ed estensione del diritto di proprietà e nelle quali le risultanze catastali possono essere utilizzate a fini probatori; tuttavia, qualora tali risultanze siano contestate per ottenerne la variazione, anche al fine di adeguarle all’esito di un’azione di rivendica o regolamento di confini, la giurisdizione spetta al giudice tributario, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, comma 2, e in ragione della diretta incidenza degli atti catastali sulla determinazione dei tributi. (Nella specie, la S.C. ha confermato la giurisdizione del giudice tributario sull’impugnazione da parte dei privati del provvedimento adottato dalla P.A., che aveva disposto il frazionamento d’ufficio di una precedente particella posta nella zona di demarcazione tra il demanio marittimo e la proprietà degli stessi privati, come accertata all’esito di un giudizio dinanzi al giudice ordinario, situazione del tutto analoga a quella qui impugnata). La disposizione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, comma 3, che attribuisce alla giurisdizione tributaria le controversie promosse dai singoli possessori concernenti l’intestazione, la delimitazione, la figura, l’estensione, il classamento dei terreni e la ripartizione dell’estimo tra i compossessori a titolo di promiscuità di una stessa particella nonchè quelle relative alla consistenza, al classamento delle singole unità immobiliari e all’attribuzione della rendita catastale, si applica esclusivamente alle controversie tributarie in senso stretto, quali sono quelle instaurate dai privati possessori che abbiano ad oggetto operazioni di intestazione o di variazione catastale operate dall’amministrazione e necessarie al fine della imposizione di tributi. Sussiste, invece, la giurisdizione del giudice ordinario qualora la controversia riguardi l’accertamento, sic et simpliciter, della titolarità del diritto di proprietà invocato dal privato nei confronti della P.A. (Cass., SU, n. 16429 del 26 luglio 2007).

Alla luce dei principi su richiamati va confermata la giurisdizione del giudice tributario.

Il secondo motivo è infondato.

La mancata partecipazione dell’Agenzia delle Entrate al precedente giudizio civile è priva di rilievo, atteso che essa è priva di un interesse dominicale in causa.

Nel giudizio tributario, invece, non venendo in rilievo l’accertamento della proprietà del bene, bensì unicamente l’aspetto censuario, ovverosia quella materiale rappresentazione catastale del medesimo bene, che non può costituire, regolare o estinguere alcun diritto dominicale sull’area in questione, l’unica parte pubblica interessata è proprio l’Agenzia delle Entrate, rispondendo il contenzioso catastale determinato dalla normativa richiamata, unicamente ad una nozione d’interesse fiscale inteso come interesse congiunto del fisco e del contribuente alla definizione di un corretto ambito censuario, anche al fine di adeguarlo all’esito delle autonome, separate e diverse azioni di rivendica e/o di regolamento di confini.

Anche il terzo motivo è infondato

Nella specie, la contribuente, dopo avere presentato inutilmente reclamo amministrativo, chiedendo all’ufficio del catasto che sulla cartografia catastale fosse ripristinata la consistenza originaria della particella di sua proprietà, erroneamente frazionata con la creazione, in fatto, di una nuova particella, con conseguente alterazione, sulla carta, della originaria superficie, ha dedotto e dimostrato (il fatto non è contestato e risulta pure dalla sentenza gravata) che il suo diritto di proprietà sull’immobile in questione era stato affermato con decisione ormai definitiva della Corte di Appello di Palermo n. 66 del 2007, che aveva confermato quella del Tribunale di Marsala – Sezione distaccata di Castelvetrano, n. 8 del 2002. Di conseguenza il giudice tributario è stato chiamato a verificare la correttezza della nuova cartografia catastale dei luoghi sul presupposto del consolidato giudicato civile sulla non demanialità dell’area controversa. All’Ufficio statale del catasto il controricorrente ha contestato, quindi, le sole risultanze catastali esistenti, chiedendo la variazione degli atti relativi al fine di adeguarli al giudicato civile formatosi in contraddittorio con le autorità regionali preposte al demanio marittimo siciliano.

Infatti, il giudizio in esame non riguarda l’accertamento della proprietà, accertamento che è avvenuto nel diverso processo avanti al giudice ordinario, ma l’avvenuto posizionamento, ad opera della P.A., della linea di demarcazione fra la proprietà privata del contribuente ed il demanio marittimo, finalizzata all’aggiornamento cartografico-censuario, assimilabile ad un nuovo impianto del Catasto. A ciò si aggiunga che ad essere impugnato è un provvedimento (il rigetto del reclamo proposto dalla contribuente) emesso dall’Ufficio tributario.

Se ne deduce che non avrebbe mai potuto essere legittimata passivamente la Regione Sicilia e che non trova applicazione il disposto del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14, che prescrive, ai commi 1 e 3, qui rilevanti, “Se l’oggetto del ricorso riguarda inscindibilmente più soggetti, questi devono essere tutti parte nello stesso processo e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni di essi……Possono intervenire volontariamente o essere chiamati in giudizio i soggetti che, insieme al ricorrente, sono destinatari dell’atto impugnato o parti del rapporto tributario controverso”.

Il ricorso dell’Agenzia, in ossequio ai principi che precedono, va rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in Euro 2000,00 oltre spese in misura forfettaria ed accessori di legge se dovuti.

Così deciso in Roma, adunanza camerale, il 21 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 novembre 2020

 

 

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