Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2423 del 03/02/2010

Cassazione civile sez. trib., 03/02/2010, (ud. 06/10/2009, dep. 03/02/2010), n.2423

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. MARIGLIANO Eugenia – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – rel. Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 19243/2006 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, nei cui uffici in Roma, Via dei Portoghesi, 12,

è domiciliata;

– ricorrente –

contro

Timbone Pasquale & C. S.a.s. Elett. dom.to in Roma, Via

Nomentana, n.

263, nello studio del Dott. Michelangelo Mattia; rappresentato e

difeso dall’Avv. TADDEO Luigi, giusta procura in atti;

– controricorrente –

nonchè sul ricorso n. 27241/06 proposto da:

Timbone Pasquale & C. S.a.s., in persona dell’amministratore

pro

tempore elett. dom.to in Roma, Via Nomentana, n. 263, nello studio

del Dott. Michelangelo Mattia; rappresentato e difeso dall’Avv. Luigi

Taddeo, giusta procura in atti;

– ricorrente incidentale –

nei confronti di:

Agenzia delle Entrate;

– intimata –

avverso la sentenza della commissione tributaria regionale della

Campania, n. 92/33/05, dep. il 3.5.2005;

sentita la relazione in CAMERA DI CONSIGLIO del Consigliere Dott.

Pietro Campanile;

Lette le richieste del Procuratore Generale, in persona del Sostituto

Dott. Maurizio Velardi, il quale ha concluse per il rinvio della

causa al giudice di primo grado per l’integrazione del

contraddittorio.

Fatto

1. Con ricorso notificato in data 22 giugno 2006 l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per cassazione, nei confronti della S.a.s.

Timbone Pasquale & C. avverso la sentenza indicata in epigrafe, deducendo, con distinti motivi, mancanza della motivazione, nonchè violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e artt. 2697 e 2729 c.p.c., ai sensi, rispettivamente, dell’art. 360 c.p.c., nn. 5 e 3, e, chiedendo, quindi, la cassazione del provvedimento impugnato.

1.2 Si costituiva con controricorso la controparte, deducendo L’infondatezza del ricorso.

1.3 – Avviata la procedura prevista dall’art. 375 c.p.p., nel testo anteriore alla novella introdotta con il D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, il Procuratore Generale presso questa Corte, rilevato il mancato rispetto, nei giudizi di merito, del principio dell’integrità del contraddittorio, ha chiesto l’adozione del consequenziale provvedimento. E’ stata quindi fissata, per la trattazione, l’odierna udienza camerale.

Diritto

2.1 – Deve disporsi, in via preliminare, la riunione dei ricorsi, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., in quanto proposti avverso la medesima decisione.

2.2 – Sempre preliminarmente, va rilevato che la presente vicenda processuale attiene alla determinazione del reddito della società in accomandita semplice Timbone Pasquale e C, e che la Commissione regionale, con la decisione impugnata, ha ritenuto – nell’ambito di un contraddittorio instauratosi fra la sola società e l’Agenzia delle Entrate – di rigettare l’appello da quest’ultima interposto, considerando non raggiunta la prova relativa all’annotazione di operazioni contestate quali inesistenti.

2.3. Deve in questa ribadirsi che con sentenza 2008/14815 le Sezioni Unite civili hanno stabilito che, in materia tributaria, l’unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni delle società di persone e dei loro soci e la conseguente automatica imputazione dei redditi della società ai soci configura un’ipotesi di litisconsorzio necessario, con la conseguenza che la proposizione di un ricorso da parte di uno (o più) dei destinatari degli avvisi comporta la necessità d’integrare il contraddittorio nei confronti di tutti gli altri interessati dato che, in caso contrario, si verificherebbe la nullità del giudizio e della sentenza rilevabile, anche di ufficio, in ogni stato e grado del procedimento.

2.4. Tanto premesso, va constatato che nel caso di specie il giudizio di primo grado non si è svolto alla presenza o, comunque, previa instaurazione del contraddittorio nei confronti di tutti i litisconsorti necessari. Ne consegue che la Commissione Regionale non avrebbe potuto pronunciare nel merito, ma limitarsi ad annullare la decisione gravata ed a rimettere la causa dinanzi alla Commissione provinciale di primo grado, in applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 59.

3.1 Va altresì considerato che in casi del genere la Suprema Corte deve annullare la sentenza con rinvio degli atti al primo giudice ai sensi dell’art. 383 c.p.c., u.c. (Cass., 13 aprile 2007, n. 8825;

Cass. 29 novembre 2005, n. 26041; Cass. 25 maggio 2004, n. 10034;

Cass., 30 gennaio 2003, n. 1462; Cass., 7 novembre 2002, n. 15643).

3.2 La pronuncia impugnata va pertanto cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Provinciale di primo grado.

4. Trattandosi di controversia decisa su rilievo d’ufficio e in base a un principio affermato in epoca successiva all’introduzione della lite, ricorrono giusti motivi per l’integrale compensazione fra le parti delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione, pronunciando sul ricorsi riuniti, cassa le sentenze di primo e di secondo grado e rimette le parti davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Napoli. Compensa integralmente fra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile – tributaria, il 6 ottobre 2009.

Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2010

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