Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24229 del 02/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 02/11/2020, (ud. 21/11/2019, dep. 02/11/2020), n.24229

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CAVALLARI Dario – Consigliere –

Dott. TADDEI Margherita – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20500-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

C.A., elettivamente domiciliata in ROMA VIA OVIDIO 32,

presso lo studio dell’avvocato NICOLO’ SCHITTONE, che la rappresenta

e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1719/2014 della COMM. TRIB. REG. di PALERMO,

depositata il 22/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/11/2019 dal Consigliere Dott. MARGHERITA TADDEI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

L’Agenzia delle Entrate ricorre avverso la sentenza della Commissione Regionale della Sicilia n. 1719/24/14 che, il 12.02.2014, confermando la sentenza della Commissione Provinciale di Trapani n. 69.02.11, ha accolto il ricorso di C.A. volto ad ottenere, per il proprio fondo sito in Comune di (OMISSIS), località (OMISSIS) in catasto registrato al foglio (OMISSIS) All. (OMISSIS), sezione (OMISSIS), particella (OMISSIS), il riconoscimento del confine di proprietà con il Pubblico Demanio Marittimo. L’Ufficio, fin dalle controdeduzioni al ricorso introduttivo del giudizio, aveva evidenziato che non tanto si trattava di frazionamento quanto di aggiornamento cartografico-censuario, inquadrabile come “Riordino Fondiario” assimilabile ad un nuovo impianto del Catasto, vale a dire ripristino in cartografia della linea di delimitazione demaniale, senza alcun atto di frazionamento da parte dell’ex Agenzia del Territorio. Aveva inoltre contestato l’attribuzione della giurisdizione al giudice tributario e non al giudice ordinario.

La CTR si era pronunciata per la giurisdizione del giudice tributario non solo perchè la modifica catastale che aveva interessato il terreno della contribuente derivava dalle nuove mappe prodotte dal Consorzio CO.GI., in esecuzione del protocollo d’intesa stipulato tra il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ed il Ministero delle Finanze, ma anche perchè con l’apposita nota n. 83237 del 15/11/2006, la Direzione Centrale Cartografia, Catasto e Pubblicità Immobiliare dell’Agenzia del Territorio aveva comunicato ai Dirigenti degli Uffici dei capoluoghi di Provincia siciliani che i Lavori eseguiti dal Consorzio CO.GI devono intendersi operazioni di verificazione straordinaria e quindi normati per la loro constatazione in atti, dal Testo Unico delle leggi sul nuovo Catasto dei terreni approvato con R.D. 8 ottobre 1931, n. 1572, come modificato dalla L. n. 679 del 1969, art. 10, ed integrato dalla L. n. 342 del 2000, art. 74, precisando che per i ricorsi avverso i risultati di tale verificazione straordinaria, in caso di mancato accoglimento del reclamo, l’interessato avrebbe potuto promuovere ricorso alla commissione tributaria provinciale competente per territorio con le modalità previste dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546.

L’intimata si è difesa con controricorso e memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

L’Agenzia delle Entrate articola quattro motivi di ricorso, di seguito sintetizzati:

1) In relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1, con riferimento all’art. 32 c. n., e relativo Reg., art. 58, ed al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, comma 2, reitera l’eccezione di giurisdizione già avanzata nei precedenti gradi, affermando che trattandosi, comunque, di una controversia concernente la delimitazione del diritto di proprietà dell’istante in rapporto alla proprietà demaniale la giurisdizione è del Giudice ordinario;

2) in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamenta la violazione e falsa applicazione di norme di legge, con riferimento all’art. 32 c. n., al relativo Reg., art. 58, al Testo Unico delle leggi sul nuovo Catasto dei terreni approvato con R.D. 8 ottobre 1931, n. 1572, come modificato dalla L. n. 679 del 1969, art. 10, ed integrato dalla L. n. 342 del 2000, art. 74. Secondo la ricorrente, la CTR avrebbe erroneamente ritenuto che la normativa citata nella nota n. 83237 della Direzione Centrale Cartografia, Catasto e Pubblicità, con la quale si indicava la possibilità di rivolgersi al giudice tributario in caso di controversia, fosse destinata a regolare la fattispecie in esame mentre, in realtà, il procedimento che andava ad instaurarsi con il protocollo d’intesa stipulato il 21.12.2000 tra Ministero delle Infrastrutture, il Ministero delle Finanze ed il mandato conferito al Consorzio CO.GI per ridisegnare le nuove mappe aveva natura di delimitazione marittima, disciplinato dall’art. 32 c.n., e dal relativo Reg., art. 58;

3) in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, eccepisce violazione e falsa applicazione di norme di diritto. La CTR ha ritenuto determinante la circostanza che, nel provvedimento amministrativo originariamente impugnato, fosse indicata la Commissione Tributaria Provinciale quale Autorità cui poter ricorrere. In tal modo la CTR ha falsamente applicato la L. n. 241 del 1990, art. 3, ritenendo che lo stesso dovesse essere interpretato nel senso che l’indicazione dell’Autorità cui poter ricorrere sia idonea a vincolare il Giudice ai fini della fissazione della giurisdizione;

4) in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, rileva la nullità della sentenza per error in procedendo, con riferimento all’art. 32 c.n., al D.P.R. 1 luglio 1977, n. 684, art. 3, e all’art. 100 c.p.c., in quanto richiamato dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 2.

La ricorrente, infine, eccepisce la nullità della sentenza impugnata perchè, tenuto conto, come sopra evidenziato, che nel caso in esame è stato posto in essere un procedimento di delimitazione del demanio marittimo, disciplinato dall’art. 32 c.n., e dal relativo Reg., art. 58, la gestione del procedimento compete all’assessorato territorio e ambiente della Regione Sicilia e nessuna competenza è attribuita all’Agenzia delle Entrate territorio.

Il primo motivo di ricorso non è fondato.

Riguardo all’oggetto della giurisdizione delle commissioni tributarie il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, comma 2, stabilisce che “appartengono altresì alla giurisdizione tributaria le controversie promosse dai singoli possessori concernenti l’intestazione, la delimitazione, la figura, l’estensione, il classamento dei terreni e la ripartizione dell’estimo fra i compossessori a titolo di promiscuità di una stessa particella, nonchè le controversie concernenti la consistenza, il classamento delle singole unità immobiliari urbane e l’attribuzione della rendita catastale”. Il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, lett. f), enuncia, tra gli atti impugnabili dinanzi al giudice tributario, proprio “gli atti relativi alle operazioni catastali indicate nell’art. 2, comma 2”.

Questa Corte, a Sezioni Unite, pronunciandosi in merito alle controversie attinenti alle risultanze catastali ed al riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice tributario, con la decisione n. 19524/2018 (ma anche con le decisioni n. 2950/2016 e n. 13691/2006) hanno ribadito il principio secondo cui appartiene al giudice ordinario la giurisdizione sulle controversie tra privati, o tra privati e P.A., aventi ad oggetto l’esistenza ed estensione del diritto di proprietà e nelle quali le risultanze catastali possono essere utilizzate a fini probatori; tuttavia, qualora tali risultanze siano contestate per ottenerne la variazione, anche al fine di adeguarle all’esito di un’azione di rivendica o regolamento di confini, la giurisdizione spetta al giudice tributario, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, comma 2, e in ragione della diretta incidenza degli atti catastali sulla determinazione dei tributi. Nella specie, la S.C. ha confermato la giurisdizione del giudice tributario sull’impugnazione da parte dei privati del provvedimento adottato dalla P.A., che aveva disposto il frazionamento d’ufficio di una precedente particella posta nella zona di demarcazione tra il demanio marittimo e la proprietà degli stessi privati, come accertata all’esito di un giudizio dinanzi al giudice ordinario, situazione del tutto analoga a quella qui impugnata.

In altri termini, la disposizione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, comma 3, che attribuisce alla giurisdizione tributaria le controversie promosse dai singoli possessori concernenti l’intestazione, la delimitazione, la figura, l’estensione, il classamento dei terreni e la ripartizione dell’estimo tra i compossessori a titolo di promiscuità di una stessa particella nonchè quelle relative alla consistenza, al classamento delle singole unità immobiliari e all’attribuzione della rendita catastale, si applica esclusivamente alle controversie tributarie in senso stretto, quali sono quelle instaurate dai privati possessori che abbiano ad oggetto operazioni di intestazione o di variazione catastale operate dall’amministrazione e necessarie al fine della imposizione di tributi. Sussiste, invece, la giurisdizione del giudice ordinario qualora la controversia riguardi l’accertamento, sic et simpliciter, della titolarità del diritto di proprietà invocato dal privato nei confronti della P.A. (Cass., SU, n. 16429 del 26 luglio 2007).

Il secondo, il terzo motivo ed il quarto motivo, che prospettano sotto diversi aspetti, una diversa natura del procedimento di cui si discute, possono essere esaminati congiuntamente attesa l’evidente connessione logica.

Nella specie, il contribuente, dopo avere presentato inutilmente reclamo amministrativo, chiedendo all’ufficio locale del catasto che sulla cartografia catastale fosse ripristinata la consistenza originaria della particella di sua proprietà, con conseguente alterazione, sulla carta, della originaria superficie, ha dedotto e dimostrato (il fatto non è contestato e risulta pure dalla sentenza gravata) che presso la Corte d’appello di Palermo, poi, era stata decisa la causa n. 66 del 2007, con sentenza definitiva, relativa alla rivendica di particelle catastali che si trovavano nella medesima situazione di quella qui indicata.

Se ne ricava che il giudice tributario è stato chiamato a verificare la correttezza della nuova cartografia catastale dei luoghi in confronto al separato e presupposto giudicato civile sulla non demanialità dell’area controversa tanto che il controricorrente ha contestato le sole risultanze catastali esistenti, per ottenere la variazione degli atti relativi e al fine di adeguarli al detto giudicato civile formatosi in confronto delle autorità regionali preposte al demanio marittimo siciliano.

Invero il giudizio in esame non riguarda l’accertamento della proprietà, il quale è avvenuto nel diverso processo avanti il giudice ordinario, ma l’avvenuto posizionamento, ad opera della P.A., della linea di demarcazione fra la proprietà privata del contribuente ed il demanio marittimo, finalizzata all’aggiornamento cartografico – censuario, assimilabile ad un nuovo impianto del Catasto. Inoltre, ad essere qui impugnato è un provvedimento (il rigetto del reclamo proposto dalla contribuente) emesso dall’Agenzia – territorio.

Di conseguenza, a differenza dell’Agenzia delle Entrate territorio che è la vera legittimata, nel presente giudizio non avrebbe mai potuto essere legittimata passivamente la Regione Sicilia. In particolare, non può essere applicato il disposto del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14, il quale prescrive, ai commi 1 e 3, qui rilevanti, che “Se l’oggetto del ricorso riguarda inscindibilmente più soggetti, questi devono essere tutti parte nello stesso processo e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni di essi……Possono intervenire volontariamente o essere chiamati in giudizio i soggetti che, insieme al ricorrente, sono destinatari dell’atto impugnato o parti del rapporto tributario controverso”.

Il ricorso, in ossequio ai principi che precedono, va rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese che liquida in Euro 2000,00 oltre spese in misura forfettaria ed accessori di legge se dovuti.

Così deciso in Roma, adunanza camerale, il 21 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 novembre 2020

 

 

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