Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24224 del 13/10/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 13/10/2017, (ud. 27/06/2017, dep.13/10/2017),  n. 24224

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19207-2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

ADHR GROUP AGENZIA LAVORO S.P.A., in persona del legale

rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE G. MAZZINI

134, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE MARIA CIPOLLA, che la

rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente all’avvocato

ANDREA CARINCI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 110/10/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di BOLOGNA, depositata il 25/01/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 27/06/2017 dal Consigliere Dott. LUCA SOLAINI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Con ricorso in Cassazione affidato a due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente, perchè connessi, nei cui confronti la società contribuente ha resistito con controricorso, illustrato da memoria, l’Agenzia delle Entrate impugnava la sentenza della CTR dell’Emilia Romagna, in tema di possibilità di emendare in bonam partem la dichiarazione dei redditi, lamentando la violazione del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8 bis del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis e dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 (primo motivo), nonchè violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2 e dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 (secondo motivo), in quanto, erroneamente, i giudici d’appello, non avrebbero verificato nel merito e in concreto e sulla base della corretta ripartizione dell’onere della prova l’effettiva sussistenza dell’errore dichiarato nella compilazione della dichiarazione dei redditi per il 2007, in riferimento al versamento dell’IRAP per effetto dell’esistenza di fatti idonei a ridurre l’imponibile e a escludere la debenza dell’imposta dichiarata “per errore”; in riferimento al secondo motivo, l’ufficio ha lamentato il vizio di violazione delle norme che disciplinano la motivazione delle sentenze, di cui alla rubrica, per non aver dato conto della sussistenza dell’errore denunciato.

Il Collegio ha deliberato di adottare la presente decisione in forma semplificata.

I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente, perchè connessi sono fondati.

Secondo l’insegnamento di questa Corte, “In caso di errori od omissioni nella dichiarazione dei redditi, la dichiarazione integrativa può essere presentata non oltre i termini di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43 se diretta ad evitare un danno per la P.A. (D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8), mentre, se intesa, ai sensi del successivo comma 8 bis, ad emendare errori od omissioni in danno del contribuente, incontra il termine per la presentazione della dichiarazione per il periodo d’imposta successivo, con compensazione del credito eventualmente risultante, fermo restando che il contribuente può chiedere il rimborso entro quarantotto mesi dal versamento ed, in ogni caso, opporsi, in sede contenziosa, alla maggiore pretesa tributaria dell’Amministrazione finanziaria” (Cass. sez. un. 13378/14).

Nel caso di specie, i giudici d’appello, pur avendo prestato formale ossequio ai principi regolatori della materia, non hanno motivato sull’effettiva sussistenza dell’errore e del credito (trattandosi di fatti non pacifici), atteso che pur se sussiste il diritto del contribuente a contestare il provvedimento impositivo egli deve, tuttavia, fornire prova delle circostanze, quali anche errori o omissioni presenti nella dichiarazione fiscale (Cass. sez. un. 13378 cit.), mentre, dalla sentenza impugnata si desume che la società contribuente si è limitata a invocare l’esistenza di una “dichiarazione integrativa” dalla quale avrebbe dovuto desumersi l’errore che era onerata, invece, di provare specificamente.

La sentenza va, pertanto, cassata e la causa va rinviata alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna, affinchè, alla luce dei principi sopra esposti, riesamini il merito della controversia.

PQM

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Accoglie il ricorso.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna, in diversa composizione.

Motivazione semplificata.

Così deciso il Roma, nella camera di consiglio, il 27 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 13 ottobre 2017

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