Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24224 del 04/10/2018

Cassazione civile sez. II, 04/10/2018, (ud. 18/06/2018, dep. 04/10/2018), n.24224

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28751-2017 proposto da:

Q.B., rappresentato e difeso dall’avvocato SERGIO

TREDICINE;

– ricorrente –

contro

UNIPOLSAI ASSICURAZIONI SPA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

PIETRO DELLA VALLE 4, presso lo studio dell’avvocato MARIO TUCCILLO,

che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5118/2017 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata

il 04/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18/06/2018 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Q.B. ha proposto ricorso per cassazione articolato in quattro motivi avverso la sentenza del Tribunale di Napoli n. 5118/2017 depositata il 4.5.2017, la quale, in riforma della sentenza del Giudice di pace di Napoli, ha respinto la domanda avanzata dal medesimo Q. nei confronti della Fondiaria Sai S.p.A. (oggi UnipolSai Assicurazioni S.p.A.), per il pagamento di una somma a titolo di competenze professionali relative all’incarico di perito assicurativo svolto per conto della società in riferimento ad un sinistro stradale.

Resiste con controricorso UnipolSai Assicurazioni S.p.a., che eccepisce l’inammissibilità del ricorso, ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1.

Il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PEPE Alessandro, ha depositato le sue conclusioni scritte, ai sensi dell’art. 380-bis 1 c.p.c., chiedendo il rigetto del ricorso e la revoca dell’ammissione provvisoria al patrocinio a spese dello Stato.

Le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’alt. 380 bis.1.

2. Contro la sentenza resa in primo grado dal Giudice di Pace, la UnipolSai Assicurazioni s.p.a. propose appello, deducendo la litispendenza, la continenza e la connessione, nonchè la necessità di riunione dei molteplici analoghi giudizi proposti dal Q., ovvero ancora l’improponibilità della domanda in ragione dell’indebito frazionamento di un credito unitario, e comunque l’infondatezza della pretesa.

Dopo aver escluso che la mancata riunione di cause potesse essere oggetto di motivo di gravame, il Tribunale di Napoli accolse l’appello, considerando come: risultavano incardinati tra le stesse parti, soltanto presso lo stesso Tribunale, molteplici giudizi; l’appellante aveva dedotto che il rapporto con il Q. si era protratto per diversi anni e che per tale periodo erano sempre state emesse fatture di importi in media di Euro 40,00, dandosi luogo ad un rapporto di collaborazione professionale continuativa, regolato da un accordo-quadro accettato ed osservato da ciascuna delle parti nel corso degli anni, con retribuzioni corrisposte in misura uniforme indipendentemente dal concreto contenuto della singola prestazione; il Q. non aveva in alcun modo prospettato l’esistenza di elementi tali da evidenziare un proprio interesse, meritevole di essere tutelato, a disarticolare in una pluralità di azioni giudiziali la sua pretesa creditoria, facente capo, piuttosto, ad un medesimo rapporto di durata tra le parti e fondata sul medesimo fatto costitutivo.

3.1. Il primo motivo di ricorso di Q.B. denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 274 c.p.c., per non aver considerato il Tribunale l’orientamento giurisprudenziale sull’ammissibilità della riunione dei procedimenti relativi a cause connesse, anche nel giudizio di legittimità (si richiama Cass. n. 22631/2011).

3.2. Il secondo motivo di ricorso di Q.B. lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1175 e 1375 c.c. e dell’art. 111 Cost. in quanto i periti assicurativi, a fronte della natura economica della loro prestazione, esercitata in modo stabile e con struttura organizzativa indipendente dalla impresa assicurativa committente, rientrerebbero nella nozione funzionale di impresa delineata dalla giurisprudenza comunitaria; nè deporrebbe in senso contrario l’esistenza tra le parti di un mandato continuativo, che, ad ogni modo, non eviterebbe che il perito assuma in proprio il rischio imprenditoriale derivante dall’attività peritale svolta.

3.3. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta l’erronea interpretazione dei principi nomofilattici espressi dalle Sezioni Unite nelle pronunce del 15.11.2007, n. 23726 e del 13.02.2017, n. 4090.

3.4. Il quarto motivo di ricorso lamenta “l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, oggetto di discussione tra le parti e avente carattere decisivo”. Il Tribunale avrebbe errato nel ritenere che il Q. avesse accettato, per facta concludentia, un offerta di compenso molto inferiore a quello previsto dalle tariffe professionali, essendo tale circostanza già oggetto di espressa contestazione in giudizio, ed ora comunque smentita attraverso la presentazione, in forza dell’art. 372 c.p.c., della documentazione IES dell’anno 2010, dalla quale si evincerebbe che il ricorrente percepiva importi differenti per i vari incarichi affidatigli e mai pari ad Euro 40,00.

4. Non ricorrono le condizioni di cui all’art. 374 c.p.c. per rimettere la decisione del ricorso alle sezioni unite, nè si rende opportuna la trattazione in pubblica udienza ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2.

Sono inammissibili gli identificativi di pagamento e i moduli IES prodotti dal ricorrente (documenti attinenti alla fondatezza delle censure e delle tesi prospettate nel ricorso, peraltro formati prima cell’inizio della fase di merito e quindi prima della maturazione delle preclusioni istruttorie), atteso che, nel giudizio innanzi alla Corte di cassazione, secondo quanto disposto dall’art. 372 c.p.c., non è ammesso il deposito di atti e documenti non prodotti nei precedenti gradi del processo, salvo che non riguardino l’ammissibilità del ricorso e del controricorso ovvero la nullità della sentenza impugnata.

Il ricorso è per il resto del tutto infondato.

5.1. Il primo motivo di ricorso si rivela inammissibile in quanto non supera lo scrutinio ex art. 360-bis c.p.c., n. 1, (cfr. Cass. Sez. U, 21/03/2017, n. 7155). La Corte d’Appello di Napoli ha deciso la questione di diritto inerente alla mancata riunione dei giudizi in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte e l’esame del ricorso non offre elementi per mutare tale orientamento. In tema di connessione di cause, il provvedimento di riunione, fondandosi su valutazioni di mera opportunità, costituisce esercizio del potere discrezionale del giudice, e ha natura ordinatoria, essendo pertanto insuscettibile di impugnazione e insindacabile in sede di legittimità (Cass. Sez. U, 06/02/2015, n. 2245; Cass. Sez. 6 – 1, 30/03/2018, n. 8024). L’omessa riunione non rileva nemmeno sotto il profilo dell’art. 151 disp. att. c.p.c., trattandosi di norma non presidiata da espressa sanzione di nullità e la cui violazione può essere prospettata in sede di impugnazione soltanto deducendo il pregiudizio che la mancata trattazione unitaria delle controversie connesse ha causato in termini di liquidazione delle spese, ai sensi del comma 2 di tale disposizione (Cass. Sez. 6 – 3, 10/03/2014, n. 5457).

5.2. E’ inammissibile anche il secondo motivo, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, in quanto la considerazione che l’attività del perito assicurativo rientra nell’ambito della nozione comunitaria di impresa non dimostra alcuna specifica attinenza al decisum della sentenza impugnata.

5.3-4. Terzo e quarto motivo di ricorso vanno esaminati congiuntamente, perchè connessi, e sono infondati.

La decisione del Tribunale di Napoli qui impugnata è conforme a diritto, sulla base del principio di diritto enunciato da Cass. Sez. U, 16/02/2017, n. 4070, secondo il quale le domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito, benchè relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti, possono essere proposte in separati processi, ma, ove le suddette pretese creditorie, oltre a far capo ad un medesimo rapporto tra le stesse parti, siano anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o, comunque, fondate sullo stesso fatto costitutivo, sì da non poter essere accertate separatamente se non a costo di una duplicazione di attività istruttoria e di una conseguente dispersione della conoscenza dell’identica vicenda sostanziale le relative domande possono essere formulate in autonomi giudizi solo se risulti in capo al creditore un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata, e, laddove ne manchi la corrispondente deduzione, il giudice che intenda farne oggetto di rilievo dovrà indicare la relativa questione ex art. 183 c.p.c., riservando, se del caso, la decisione con termine alle parti per il deposito di memorie ex art. 101 c.p.c., comma 2.

Nel caso in esame, il Tribunale di Napoli ha accertato l’esistenza di un rapporto negoziale complesso tra la compagnia assicurativa e il ricorrente, in esecuzione di oltre settemila incarichi per la liquidazione dei sinistri. La regolamentazione e le modalità di svolgimento di tale rapporto risultavano invariate per gli oltre dieci anni di durata dello stesso, non risultando alcuna specifica contrattazione in relazione all’affidamento dei singoli incarichi come alla determinazione dei relativi compensi. La sentenza impugnata ha quindi evidenziato come, nonostante l’eccezione all’uopo sollevata dalla compagnia di assicurazioni sin dal primo grado, il Q. non avesse prospettato alcun interesse meritevole di una tutela processuale frazionata. La linea difensiva adottata dalla assicuratrice convenuta era stata, invero, da subito improntata sulla improponibilità della domanda per abusivo frazionamento del credito. Per contro, il ricorrente si limita genericamente a prospettare un proprio interesse alla tutela processuale frazionata facendo riferimento al “rischio di prescrizione” (peraltro scongiurabile già mediante costituzione in mora, ex art. 2943 c.c., comma 4), senza specificare, agli effetti dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, nè quando tale interesse fosse stato esplicitato nel corso del giudizio di merito, nè quali elementi fossero stati dedotti a sostegno del rilievo (decorrenza del termine di prescrizione e relativa scadenza in riferimento alla singole prestazioni oggetto della molteplici cause).

Il quarto motivo di ricorso è, in particolare, inammissibile, in quanto fonda su documenti prodotti, come premesso, in violazione dei limiti di cui all’art. 372 c.p.c. ed invoca, agli effetti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, un nuovo e più favorevole esame del fatto dell’accettazione, da parte del Q., del compenso offerto in importo medio di Euro 40,00 a pratica, fatto preso in considerazione dal Tribunale di Napoli. Il ricorrente assume che l’avvenuta accettazione di tale compenso costituisse circostanza contestata, ma non osserva l’onere, prescritto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, di indicare specificamente il contenuto saliente dei propri atti difensivi, da cui dedurre l’erronea applicazione del principio di non contestazione.

6. Il ricorso deve, quindi, essere rigettato. Le spese del giudizio di cassazione vengono regolate secondo soccombenza in favore della controricorrente, nell’ammontare liquidato in dispositivo.

Essendo il ricorrente Q.B. ammesso al patrocinio a spese dello Stato (Delib. 14 novembre 2017 del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli), non sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1,comma 17, che ha aggiunto il comma 1-quater al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 – dell’obbligo di versamento, da parte del medesimo ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata (cfr. Cass. Sez. L, 05/06/2017, n. 13935).

Non deve qui provvedersi sull’istanza di revoca dell’ammissione provvisoria al patrocinio a spese dello Stato avanzata dal Pubblico Ministero, il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 136 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia) indica quali siano i presupposti legittimanti la revoca del provvedimento di ammissione al patrocino, specificando, peraltro, che se l’interessato abbia agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, la revoca ha effetto retroattivo. L’art. 112 comma 3 T.U. Spese, nell’ambito delle disposizioni particolari sul patrocinio a spese dello Stato nel processo penale, chiarisce, a proposito della revoca del decreto di ammissione, che ‘competente a provvedere è il magistrato che procede al momento della scadenza dei termini suddetti ovvero al momento in cui la comunicazione è effettuata o, se procede la Corte di cassazione, il magistrato che ha emesso il provvedimento impugnato”. Un’identica esplicita previsione di competenza in ordine alla revoca none stabilita per i processi civili davanti alla Corte di cassazione. Peraltro, l’art. 83, comma 2 T.U. Spese, per il giudizio di cassazione, affida anche la liquidazione dell’onorario e delle spese spettanti al difensore al giudice di rinvio, ovvero a quello che ha pronunciato la sentenza passata in giudicato. Deve quindi ritenersi che competente a provvedere sulla revoca dell’ammissione al patrocinio per il giudizio di cassazione, come nella specie provvisoriamente disposta dal consiglio dell’ordine degli avvocati, sia comunque il giudice di rinvio, ovvero quello che ha pronunciato la sentenza passata in giudicato. Avendo, peraltro, efficacia retroattiva, nelle ipotesi indicate dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136, commi 2 e 3 il provvedimento di revoca ripristina l’obbligo della parte assistita in giudizio di sopportare personalmente le spese della sua difesa (Cass. Sez. 1, 05/03/2010, n. 5364), e determina perciò le conseguenti restituzioni sulla base di accertamenti di fatto esulanti dai poteri cognitori della Corte di cassazione.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 845,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara che non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione seconda civile della Corte Suprema di Cassazione, il 18 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 4 ottobre 2018

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