Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24220 del 29/11/2016


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Cassazione civile sez. trib., 29/11/2016, (ud. 09/11/2016, dep. 29/11/2016), n.24220

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – rel. Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22696-2011 proposto da:

A.L.V., elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA

VESCOVIO 21, presso lo studio dell’avvocato TOMMASO MANFEROCE, che

lo rappresenta e difende giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 278/2010 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di

LATINA, depositata il 25/06/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/11/2016 dal Consigliere Dott. LIANA MARIA TERESA ZOSO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE MOTIVAZIONE SEMPLIFICATA

1. Con atto del 19.12.1985 A.A., L.V., R. e Ri., soci della “Società Immobiliare A. e C. s.n.c.”, messa in liquidazione in data 10.6.1995, si attribuivano, in relazione alle rispettive quote, la piena ed esclusiva proprietà di beni immobili siti in (OMISSIS), costituiti da un appezzamento di terreno e fabbricati urbani per il valore complessivo di lire 740.000.000. L’ufficio, a seguito di stima UTE, accertava il valore di lire 1.432.600.000. Avverso l’avviso di rettifica i contribuenti presentavano ricorso dinanzi alla Commissione tributaria di primo grado di Cassino, la quale accoglieva parzialmente il gravame dichiarando l’Ufficio tenuto ad applicare le imposte in base al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 52, comma 4, relativamente al cespite n. 3 assegnato ad A.A., ai cespiti nn. 2-3-4 e 5, assegnati a A.L.V., ai cespiti nn. 3-4 e 5, assegnati a A.R., ai cespiti 1 e 2 assegnati a Al.Ri.; inoltre riduceva del 35% ciascuno i valori finali accertati relativamente agli altri cespiti. Proposto appello da parte dell’agenzia delle entrate, la commissione tributaria regionale del Lazio riformava la sentenza impugnata dichiarando congrua la valutazione operata dall’ufficio per tutti i beni che non rientravano nell’ambito di applicazione delle disposizioni di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, comma 4. I contribuenti proponevano ricorso per cassazione e la Suprema Corte, con sentenza numero 12390/02, ne dichiarava l’inammissibilità. L’agenzia delle entrate notificava avviso di liquidazione ed il contribuente lo impugnava sostenendone l’illegittimità per il difetto di motivazione. La commissione tributaria provinciale di Frosinone accoglieva il ricorso. La commissione tributaria regionale del Lazio, sezione staccata di Latina, accoglieva l’appello dell’ufficio sul rilievo che l’avviso di liquidazione conteneva il richiamo di tutti gli atti ad esso prodromici conosciuti dal contribuente e necessari per la comprensione nonchè per il calcolo delle imposte richieste.

2. Avverso le sentenze della CTR propone ricorso per cassazione A.L. svolgendo due motivi. Si è costituita l’agenzia delle entrate con controricorso.

3. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.P.R. n. 643 del 1972, art. 19,D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19 e L. n. 212 del 2000, art. 7. Sostiene che la CTR è incorsa in violazione di legge nel ritenere che il mero richiamo contenuto nell’avviso di liquidazione agli atti prodromici fosse sufficiente per ritenere che l’atto contenesse gli elementi necessari per la comprensione ed il calcolo delle imposte richieste. Invero nell’avviso di liquidazione difettava l’indicazione degli elementi matematici posti a base della quantificazione del tributo.

4. Con il secondo motivo deduce omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Sostiene che la CTR non ha spiegato le ragioni per le quali, pur difettando l’avviso di liquidazione del conteggio per determinare l’importo richiesto al contribuente, quest’ultimo era comunque in grado di verificare l’esattezza dell’importo stesso.

5. Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente di data 14.9.2016, la redazione della motivazione in forma semplificata.

6. In ordine al primo motivo di ricorso, si osserva che esso è fondato. Invero, seppure non è necessario che l’avviso di liquidazione, quando esso sia, come nella specie, preceduto da altro atto divenuto definitivo, contenga la esplicitazione delle ragioni relative alla sussistenza ed alla qualificazione giuridica dei fatti relativi al presupposto ed alla base imponibile, essendo sufficiente che nella motivazione dell’avviso di liquidazione risulti il richiamo agli atti prodromici noti al contribuente, tuttavia esso deve contenere la quantificazione del contributo dovuto e l’indicazione degli elementi matematici posti a base della quantificazione (cfr. Cass. n. 9491 del 11/04/2008). Nel caso che occupa l’avviso di liquidazione, che il ricorrente ha prodotto in copia e trascritto nel ricorso, con ciò assolvendo all’onere dell’autosufficienza, reca il mero richiamo alla sentenza n. 12390/02 della Corte di Cassazione e l’indicazione della somma totale di Euro 11.339,30 dovuta per Invim. Il contribuente non è stato, così, posto in condizione di verificare la correttezza del calcolo operato dall’Ufficio in quanto manca l’indicazione di quali siano gli immobili, tra i numerosi che costituivano oggetto dell’atto sottoposto ad imposizione, cui l’imposta Invim è riferita e l’aliquota applicata in relazione a ciascuno di essi. Ed invero la motivazione dell’atto impositivo mira a delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’ufficio nell’eventuale successiva fase contenziosa, ed altresì a consentire al contribuente l’esercizio del diritto di difesa. E’, pertanto, necessario, a tal fine, che l’atto stesso contenga gli elementi essenziali (come, nella specie, l’indicazione delle aliquote applicate, tenuto conto del valore iniziale e del valore finale di ciascun bene) per renderlo idoneo a svolgere la funzione cui è destinato.

7. Il secondo motivo rimane assorbito.

Il ricorso va dunque accolto e l’impugnata sentenza cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, a norma dell’art. 384 c.p.c., comma 2, ed il ricorso originario del contribuente va accolto)t. Le spese processuali dei giudizi di merito si compensano tra le parti in considerazione dell’esito delle vicende processuali e quelle di questo giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario del contribuente. Compensa le spese processuali relative ai giudizi di merito e condanna l’Agenzia delle Entrate a rifondere al ricorrente le spese processuali di questo giudizio che liquida in complessivi Euro 3.000,00, oltre agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 29 novembre 2016

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