Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2422 del 04/02/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 2422 Anno 2014
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: AMATUCCI ALFONSO

SENTENZA

sul ricorso 11863-2008 proposto da:
IGEA SOC. COOP, A R.L. 02473140826 in persona del
Presidente del Consiglio di Amministrazione p.t.
Sig. IGNAZIO BARONE, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA C. CORVISIERI 46, presso lo studio
e

dell’avvocato CAVALIERE DOMENICO, che la rappresenta

m
2013

e difende giusta delega in atti;
– ricorrente –

2302

contro

ENEL DISTRIBUZIONE S.P.A.;
– intimata –

1

Data pubblicazione: 04/02/2014

avverso

la

sentenza n.

257/2007

della CORTE

D’APPELLO di PALERMO, depositata il 12/03/2007,
R.G.N. 600/2003;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 05/12/2013 dal Consigliere Dott. ALFONSO

udito l’Avvocato NICOLETTA MERCATI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO SGROI che ha concluso per il
rigetto del ricorso;

2

AMATUCCI;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.-

L’8.5.1998

Enel

Distribuzione

s.p.a.

interruppe

l’erogazione di energia elettrica ai locali di Igea Società
Cooperativa s.r.1., siti in Palermo. Il 22.5.1998, dopo un
ricorso ex art. 700 c.p.c. proposto da Igea e prim’ancora di

Il 23.6.1999 Igea convenne in giudizio Enel per il risarcimento
dei danni (indicati in £ 50.000.000) per avere interrotto la
somministrazione senza preavviso. Enel resistette, tra l’altro
affermando che l’erogazione era stata sospesa per la morosità di
Igea.
Con sentenza del 18.2.2002 il Tribunale di Palermo rigettò la
domanda sul rilievo che, prescindendo da qualsiasi
considerazione sulla legittimità della condotta di Enel, Igea
non aveva provato che dalla sospensione le fossero derivati
danni.
2.- L’appello di Igea è stato respinto dalla Corte d’appello di
Palermo con sentenza n. 257 del 2007, avverso la quale la
soccombente ricorre per cassazione affidandosi a tre motivi
illustrati anche da memoria.
Enel Distribuzione s.p.a. non ha svolto attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
l.- La domanda risarcitoria di Igea è stata respinta perché, a

fronte di un fatto potenzialmente produttivo di danno
(sospensione dell’erogazione dell’energia elettrica per
quattordici giorni in locali nei quali Enel aveva peraltro

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qualsiasi pronuncia, ripristinò l’erogazione.

negato che la società attrice svolgesse attività di sorta), era
difettata la prova dell’esistenza di un danno.
1.1.- Col primo motivo la ricorrente se ne duole, deducendo
violazione di legge nell’assunto che il giudice avrebbe dovuto
comunque “soffermarsi sul punto dell’ingiustizia” ed accertare

L’infondatezza del motivo è correlata al rilievo che in tanto è
dato discorrere di possibile ingiustizia di un danno in quanto,
evidentemente, danno vi sia. Se la stessa esistenza del danno
viene esclusa, qualsiasi domanda di risarcimento va per ciò
stesso rigettata, giacché il risarcimento non mira a sanzionare
condotte ma a porre economicamente rimedio ad un pregiudizio.
Né v’è una scala di priorità logiche che il giudice è tenuto a
rispettare. Posto, invero, che elementi costitutivi
dell’illecito aquiliano (ad esso s’è riferita la Corte di merito
senza contestazioni specifiche del ricorrente sul punto) sono
condotta, elemento psicologico, danno “ingiusto” e nesso
causale, se il giudice abbia accertato che difetta uno qualsiasi
degli elementi necessari perché ad un fatto consegua la
responsabilità (patrimoniale) del soggetto che sia stato
convenuto in giudizio per il risarcimento, la domanda proposta
nei suoi confronti va senz’altro rigettata senza necessità che
l’indagine sia estesa alla sussistenza degli ulteriori elementi,
giacché l’accertamento sarebbe del tutto superfluo in relazione
al petitum.

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“l’inadempimento contrattuale e l’illiceità della condotta”.

Quanto al riferimento del ricorrente alle condizioni generali
del contratto di fornitura ed agli artt. 1341, comma 2, e 1469
bis c.c., la prospettazione deve ritenersi nuova e come tale
inammissibile, non essendovene cenno in sentenza (che ha anzi
ritenuto che fosse stata addotta la responsabilità

che la questione fosse stata posta in appello.
1.2.

Il secondo motivo – col quale è denunciata “violazione

dell’art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c. in relazione all’applicazione
ed interpretazione degli artt. 278 c.p.c., 2043 e 2049 c.c.”-è
inammissibile per l’assoluta inadeguatezza del quesito di
diritto di cui all’art. 366

bis

c.p.c. (applicabile

ratione

temporis) così formulato:
dica la Corte “se, nel caso di specie, sia stata richiesta una
valutazione equitativa dei danni e se comunque, al sensi degli
artt. 2043 e 2059 c.c. possa ritenersi che la ricorrente abbia
subito un danno di natura non patrimoniale all’immagine, a
prescindere dalla verificazione di eventuali danni patrimoniali
conseguenti”.
Ora, se fosse stata richiesta o no la valutazione equitativa
dei danni non è risposta che debba dare la Corte al ricorrente,
ma piuttosto informazione che il ricorrente sarebbe tenuto ad
offrire alla Corte, al fine di collegarvi poi, in ipotesi, una
violazione di legge, che nella specie il quesito non prospetta.
Quanto alla seconda parte del quesito,

del pari non spetta

alla Corte della nomofilachia affermare se, nella specie, possa

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extracontrattuale dell’Enel) e non essendo affermato in ricorso

ritenersi o no quel che si vorrebbe fosse ritenuto. Alla Corte
di cassazione si sarebbe potuto se mai domandare, dopo aver
chiarito perché il giudice del merito non lo aveva ritenuto, se
avesse così violato o falsamente applicato una norma di diritto,
spiegando altresì (col quesito) quale ne sarebbe stata la

1.3.-

Identiche considerazioni si attagliano al terzo motivo,

col quale gli stessi vizi sono prospettati in riferimento agli
artt. 2056, 1223 e 1226 c.c., nonché 61, 115 e 116 c.p.c.,
esseno domandato col quesito di diritto se, nel caso di specie,
ai sensi degli articoli appena citati “sarebbe stato necessario
concedere CTU o ritenere accertato il danno e statuire su di
esso in via equitativa”.
Va aggiunto che ulteriore ragione di inammissibilità sarebbe
costituita dal difetto di autosufficienza del ricorso a causa
della mancata indicazione (a pagina 9 dell’atto) dell’oggetto
della richiesta consulenza, della natura e del contenuto dei
documenti allegati, dell’esito dell’interrogatorio libero, di
quanto fosse stato esposto in atti.
2.- Il ricorso è conclusivamente respinto.

Non sussistono i presupposti per provvedere sulle spese.
P.Q.M.

rigetta il ricorso.
Roma, 5 dicembre 2013

corretta applicazione.

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