Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24215 del 04/10/2018

Cassazione civile sez. II, 04/10/2018, (ud. 26/04/2018, dep. 04/10/2018), n.24215

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORICCHIO Antonio – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24852-2015 proposto da:

SOCIETA’ “VITELLO D’ORO s.r.l.”, in persona del legale rappresentante

prò tempore C.R., quest’ultima anche in proprio,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE IPPOCRATE 92, presso lo

studio dell’avvocato ROSALBA GENOVESE, rappresentati e difesi dagli

avvocati VALERIA CANETRI, ROCCO ISOLA;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5370/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 04/09/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/04/2018 dal Consigliere RAFFAELE SABATO.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Con ordinanza-ingiunzione n. 30803/05 emessa i 26.10.2005 11 ministero dell’economia e delle finanze ha ingiunto in solido alla Vitello d’Oro s.r.l. e a C.R. i pagamento della somma di Euro 20.856 per aver violato il D.L. n. 143 del 1991, art. 1, comma 1, convertito con modificazioni nella L. n. 197 del 1991, per aver eseguito “transazioni commerciali” per complessive Lire 807.283.803 in contanti, senza il tramite degli intermediari abilitati. In particolare, la società Vitello d’Oro s.r.l. è risultata aver eseguito i suddetti pagamenti in favore de proprio fornitore Salumificio Ciociaro s.r.l., essendo essi annotati in conto cassa.

2. Gli ingiunti hanno proposto opposizione avverso detta ordinanza e il tribunale di Cassino, nel contraddicono dell’amministrazione, ha accolto l’opposizione e, per l’effetto, annullato l’ordinanza, compensando tra le parti le spese processuali.

3. Con appello notificato rispettivamente il 22 e il 24.10.2008, il ministero dell’economia e delle finanze ha proposto gravarne a fine di ottenere, in riforma della sentenza di primo grado, la dichiarazione di legittimità dell’ordinanza-ingiunzione. Entrambi gli appellati si sono costituiti, chiedendo il rigetto dell’impugnazione.

4. La corte d’appello di Roma, con sentenza del 4.9.2014, ha accolto l’appello e, per l’effetto, rigettato l’opposizione proposta avverso l’ordinanza-ingiunzione del 26.10.2005, sulla base, per quanto nella presente sede ancora rileva, delle seguenti considerazioni:

1) premesso che nel corso della verifica della g.d.f. presso la società Vitello d’Oro s.r.l., relativa al periodo 1.1.1994 – 5.2.1996, erano emersi in contabilità sette pagamenti in contanti in favore della Salumificio Ciociaro s.r.l., per la somma complessiva di Lire 807.283,803, e che ciascuno di tali pagamenti superava Lire 20 milioni, non era avvenuto tramite gli intermediari abilitati e risultava, quindi, effettuato in violazione delle norme volte a prevenire ed evitare l’utilizzo del sistema finanziario a scopi di riciclaggio, gli ingiunti non avevano contestato di aver eseguito le rimesse, avendo sostenuto unicamente che non si trattasse df pagamenti unitari, bensì di annotazioni di più pagamenti, ognuno di minore importo, che, “per praticità contabile”, venivano contabilizzati sinteticamente allorquando si raggiungeva il saldo delle singole fatture;

2) pertanto il contenuto delle scritture contabili quale emerso dal verbale della g.d.f. – il quale al riguardo faceva piena prova sino a querela di falso – non era stato contestato dagli ingiunti;

3) il fatto, quindi, che la contabilità della società appellata fosse inattendibile era del tutto irrilevante, poichè il dato che interessava (cioè le annotazioni di sette pagamenti in contanti, ciascuno superiore e Lire 20 milioni e per Lire 807.283.803 complessivi) era pacificamente ammesso;

4) non vi era, invece, alcuna prova che, rispetto a fatture consegnate dalla fornitrice-creditrice Salumificio Ciociaro s.r.l. per importi inferiori a Lire 20 milioni, i pagamenti in cantanti fossero stati solo annotati in modo complessivo, non avendo gii opponenti fornito alcuna prova nè delle fatture, nè dei loro importi, nè dei loro pagamenti;

5) a diversa conclusione non poteva giungersi avuto riguardo al contenuto della testimonianza del dott. Fuoco, commercialista della Vitello d’Oro s.r.l., il quale si era limitato a riferire che si era trattato di annotazioni cumulative di pagamenti “…molto probabilmente avvenuti invece in maniera frazionata”.

5. Per la cassazione della sentenza hanno,proposto ricorso la Vitello D’Oro s.r.l. e C.R. sulla base di due motivi. Il ministero dell’economia e delle finanze ha resistito con controricorso illustrato da memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo le ricorrenti denunciano la violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., artt. 2709,2697 e 2909 c.c. e D.L. n. 143 del 1991, art. 1, comma 1, conv. con modificazioni nella L. n. 197 del 1991 (con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per non aver la corte d’appello considerato: che i verbali della guardia della finanza non avevano valenza fidefacente avuto riguardo alle annotazioni rilevate nelle sue scritture contabili, le quali peraltro erano il frutto di errori nella contabilizzazione che non avevano avuto riscontro nella contabilità della società fornitrice; che mancava ogni riscontro a conferma del passaggio del danaro; che l’analoga ordinanza-ingiunzione emessa nei confronti della Salumificio Ciociaro s.r.l. era stata, con sentenza passata in giudicato, annullata.

1.1. Il motivo è inammissibile in quanto esso non attinge la ratio decidendi sottesa alla pronuncia impugnata, la quale si fonda, a ben vedere, non tanto sulla valenza di piena prova da riconoscersi al verbale della g.d.f. (tanto che il relativo rilievo viene posto in un inciso della sentenza), quanto su due argomenti:

a) che gii opponenti non avevano contestato, ma anzi avevano ammesso, le annotazioni dei sette pagamenti in contanti, ciascuno superiore a Lire 20 milioni e per Lire 807.283.803 complessivi, presenti in contabilità, avendo sostenuto unicamente che non si trattasse di pagamenti unitari, bensì di annotazioni di più pagamenti, ognuno di minore importo, che, “per praticità contabile”, venivano contabilizzati sinteticamente allorquando si raggiungeva il saldo delle singole fatture;

b) che non vi era, invece, alcuna dimostrazione che, rispetto a fatture consegnate dalla fornitrice-creditrice Salumificio Ciociaro s.r.l. per importi inferiori a Lire 20 milioni, i pagamenti in contanti fossero stati solo annotati in modo complessivo, non avendo gli opponentì fornito alcuna prova nè delle fatture, nè dei loro importi, nè dei loro pagamenti.

1.2. Il primo rilievo, rendendo del tutto irrilevante il dato per cui la contabilità della società appellata fosse inattendibile, fonda la decisione su un fatto (l’essere stati effettuati i pagamenti in contanti nelle misure indicate nel conto cassa) emerso in sede di accertamenti e non contestato in quella sede; il secondo rilievo smentisce la credibilità della difesa relativa alla presunta apparente unitarietà ma sostanziale pluralità dei pagamenti. Tali rilievi non sono attinti” dal motivo. Resta assorbito ogni rilievo circa la natura fattuale dell’accertamento della corte locale, comunque non sindacabile in sede di legittimità.

1.3. Quanto al profilo dell’asserita violazione del giudicato esterno che si sarebbe formato sulla stessa questione, sia pure con riferimento alla società fornitrice della merce e, in via solidale, del suo amministratore, in primo luogo, le ricorrenti hanno omesso di trascrivere, almeno nei loro passaggi salienti, le sentenze nn. 620/2007 del Tribunale di Cassino e 1509/2014 della Corte d’Appello di Roma di annullamento dell’analoga ordinanza-ingiunzione e di depositare, ai sensi dell’art. 372 c.p.c., le stesse. Ciò concorre nel senso dell’inammissibilità della censura. In secondo luogo, non è a parlarsi di giudicato in presenza di una sentenza pronunciata tra differenti parti (almeno avuto riguardo ai soggetti ingiunti) e con riferimento ad una diversa ed autonoma ordinanza-ingiunzione, con la conseguenza che, ove si volesse prescindere dai rilievi precedenti, comunque non sarebbe ipotizzatile alcuno dei dedotti vizi.

2. Con il secondo motivo le ricorrenti deducono l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5), per aver la corte territoriale ritenuto che non fosse stata fornita la prova dei pagamenti eseguiti, in tal modo non avendo presente che tale prova gravava sull’amministrazione e che l’analoga contestazione mossa in danno della Salumificio Ciociaro s.r.l. e dell’amministratore di quest’ultima con separata ordinanza-ingiunzione eràstata reputata illegittima con sentenza passata in giudicato.

2.1. Anche tale motivo è inammissibile. Nel richiamare le considerazioni già espresse innanzi quanto al profilo del presunto giudicato esterno, l’inammissibilità discende dal rilievo che anche tale motivo non attinge la ratio decidendi posta alla base della pronuncia impugnata, la quale non si fonda sulla mancata prova, da parte delle allora opponenti, delle circostanze relative ai pagamenti eseguiti (non essendo essi contestati in relazione alle risultanze del conto cassa), quanto sulla omessa dimostrazione (il cui onere era stato posto correttamente a carico degli ingiunti) che, rispetto a presunte fatture consegnate dalla fornitrice-creditrice Salumificio Ciociaro s.r.l. per importi inferiori a Lire 20 milioni, i pagamenti fossero in effetti relativi a prestazioni ciascuna di minore importo rispetto a quello complessivo non contestato, annotato in contabilità.

2.2. Concorrente ragione di inammissibilità sta nel fatto che, mediante doglianza per omesso esame del fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformato, le ricorrenti richiedono al giudice di legittimità, in effetti, un riesame delle risultanze probatorie, precluso nei giudizio di cassazione.

3. In definitiva, il ricorso va rigettato, con condanna delle ricorrenti alle spese come in dispositivo. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater va dato atto del sussistere dei presupposti per il versamento da parte delle ricorrenti dell’ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13 cit., comma 1-bis.

PQM

la corte rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti in solido alla rifusione a favore della parte controricorrente delle spese dei giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.900 per compensi, oltre spese eventualmente prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater dà atto del sussistere dei presupposti per il versamento da parte delle ricorrenti dell’ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13 cit., comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile, il 26 aprile 2018.

Depositato in Cancelleria il 4 ottobre 2018

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