Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24212 del 02/11/2020

Cassazione civile sez. lav., 02/11/2020, (ud. 16/09/2020, dep. 02/11/2020), n.24212

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAIMONDI Guido – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26925/2016 proposto da:

SOCIETA’ TRASPORTI PUBBLICI BRINDISI S.P.A., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

E. FILIBERTO 191, presso lo studio dell’avvocato PAOLA ERSILIA

CURSARO, rappresentata e difesa dall’avvocato VALERIA GALASSI;

– ricorrente –

contro

C.P.L., F.O., B.G., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA APPIANO 22, presso lo studio dell’avvocato

LUIGI INFANTE, rappresentati e difesi dall’avvocato ITALO MARIANO

SIGNORE;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1256/2016 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 12/07/2016 r.g.n. 2461/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/09/2020 dal Consigliere Dott. NICOLA DE MARINIS;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per il rigetto, correzione della

motivazione;

udito l’Avvocato ARTURO MARESCA, per delega verbale Avvocato VALERIA

GALASSI;

udito l’Avvocato ITALO MARIANO SIGNORE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza del 12 luglio 2016, la Corte d’Appello di Lecce, confermava la decisione resa dal Tribunale di Brindisi e accoglieva la domanda proposta da F.O., B.G. e C.P.L. nei confronti della Società Trasporti Pubblici Brindisi S.p.A., alle cui dipendenze gli istanti operavano quali addetti alla guida di mezzi destinati al trasporto passeggeri su percorsi lunghi più di 50 km, avente ad oggetto la condanna della Società al risarcimento del danno per la mancata concessione del riposo settimanale in misura pari alle 45 ore consecutive e del riposo giornaliero minimo di 11 ore.

La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto sussistente l’illecito dedotto, il danno relativo apprezzabile come intrinseco alla violazione stessa ed il diritto al risarcimento del medesimo da quantificarsi in via equitativa, commisurandolo all’importo corrispondente alla maggiorazione oraria prevista per il lavoro straordinario.

Per la cassazione di tale decisione ricorre la Società Trasporti Pubblici S.p.A., affidando l’impugnazione a cinque motivi, cui resistono, con controricorso, tutti gli originari istanti.

I controricorrenti hanno poi presentato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, la Società ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 156 c.p.c., comma 2 e la conseguente nullità della sentenza impugnata per difetto dei requisiti utili al raggiungimento dello scopo in relazione al contrasto tra motivazione dell’impugnata sentenza e dispositivo della stessa in ordine all’indicazione del convenuto, solo nel dispositivo esattamente individuato come Società Trasporti Pubblici Brindisi S.p.A. mentre nel corpo della sentenza individuato con la denominazione di altra società esistente ovvero la Società Trasporti Pubblici di Terra d’Otranto, che, a detta della Società ricorrente indurrebbe incertezza sul destinatario del comando giudiziale.

Con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., la Società ricorrente imputa alla Corte territoriale l’omessa pronunzia in ordine al motivo con cui la stessa ha riproposto in sede di gravame le censure già sollevate in prime cure con riguardo all’espletata CTU, censure che sfociavano nell’asserita nullità della stessa CTU lasciando la pretesa degli istanti sfornita di prova.

Nel terzo motivo la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., è prospettata in relazione all’asserito malgoverno delle regole sull’onere della prova da parte della Corte territoriale, che avrebbe erroneamente gravato la Società della prova dei fatti impeditivi o estintivi del diritto del lavoratore al risarcimento del danno da usura per il mancato godimento dei riposi, dati dalla concessione in base al Regolamento CEE 3280/85 di un riposo compensativo entro le tre settimane successive al riposo fruito in misura ridotta e con collegamento ad altro riposo di nove ore.

Il quarto motivo, rubricato con riferimento alla violazione e falsa applicazione degli artt. 1226,2727 e 2729 c.c., è inteso a censurare la ritenuta sussistenza nella specie di un danno da usura, di cui, in ogni caso, in astratto si ammette la configurabilità in re ipsa, stante il difetto di prova in ordina alla mancata fruizione degli stessi.

Con il quinto motivo la Società ricorrente denuncia la violazione dell’art. 14 dell’accordo nazionale 25.7.1997 per gli autoferrotranvieri con riferimento alla quantificazione del danno operata dalla Corte territoriale, imputando alla stessa l’illegittimo scostamento dalla regola all’uopo individuata in sede collettiva, che quel danno commisura alla maggiorazione per il lavoro festivo, nella parte in cui ha disposto la commisurazione all’importo della maggiorazione per il lavoro straordinario.

Il primo motivo risulta infondato atteso che la mancata indicazione nel corpo della sentenza dell’esatta denominazione della Società appellante non implica nullità della sentenza ma si risolve in un errore emendabile, dal momento che l’intestazione della sentenza stessa, ove alla denominazione non errata ma solamente incompleta della Società appellante, si legge S.T.P. S.p.A., fa riscontro l’esatta indicazione degli istanti, il che consente di collegare la sentenza stessa al dispositivo emesso all’esito dell’udienza di discussione che reca l’indicazione completa ed esatta delle parti, in base al quale, del resto, la Società ha già eseguito l’ordine giudiziale a seguito dell’azione esecutiva con quel titolo promossa dai lavoratori.

Parimenti infondati si rivelano il secondo ed il terzo motivo, che, in quanto strettamente connessi, possono essere qui trattati congiuntamente, dovendo escludersi i vizi denunciati dalla Società ricorrente in ordine all’accertamento istruttorio per non essere ravvisabili nè l’omessa pronunzia in ordine alle censure riproposte in sede di gravame relativamente alla CTU espletata in primo grado, risultando il rigetto di quelle censure implicito con riferimento a quanto espressamente motivato dalla Corte territoriale circa l’aver gli istanti offerto, attraverso la documentazione allegata ed acquisita, piena prova del ricorrente e sistematico prolungamento dell’attività lavorativa, non intervallata da adeguati riposi tra un turno e l’altro, argomento, peraltro, non fatto oggetto di specifica impugnazione, nè il malgoverno delle regole sulla ripartizione dell’onere della prova, ricadendo in effetti sull’impresa datrice la prova del fatto impeditivo del determinarsi del pregiudizio da usura psicofisica quali deve ritenersi la concessione di riposi compensativi, del resto apprezzata in sede istruttoria con valutazione negativa incentrata sulla sporadicità del ricorso alla compensazione tardiva, parimenti non contestata.

Non diversamente è a dirsi per il quarto ed il quinto motivo, anch’essi suscettibili per connessione di trattazione congiunta, atteso che il danno da usura psicofisica, che la stessa Società ricorrente ammette essere configurabile in re ipsa, risulta accertato sulla base di una valutazione che, secondo l’orientamento espresso da questa Corte in controversie di analogo contenuto (cfr Cass. n. 14710/2015), ha tenuto conto della gravosità della prestazione, apprezzata con riguardo alla frequenza dei mancati tempestivi riposi ed alla durata del complessivo periodo di riferimento ed altresì determinato in via equitativa con riferimento alla disciplina contrattuale più congrua rispetto alla situazione di fatto (la Corte territoriale ha infatti inteso valorizzare il dato dell’eccedenza oraria determinata dalla mancata fruizione dei riposi) che come ritenuto da questa Corte (cfr. ancora Cass. n. 14710/2015) non può essere confusa con la maggiorazione contrattualmente prevista per la coincidenza di giornate di festività con la giornata di riposo settimanale.

Il ricorso va, dunque, rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 3.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma 1 bis dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 novembre 2020

 

 

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