Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2421 del 03/02/2010

Cassazione civile sez. trib., 03/02/2010, (ud. 06/10/2009, dep. 03/02/2010), n.2421

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. MARIGLIANO Eugenia – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – rel. Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso n. 27218/2002 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, e AGENZIA DELLE ENTRATE,

rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, nei cui

uffici in Roma, via dei Portoghesi, 12, sono domiciliati;

– ricorrenti –

contro

MEDEDIL – Società Edilizia Mediterranea S.p.a. in liquidazione

elett.te dom.ta in Roma, Via Nomentana, n. 263, nello studio del Dr.

Michelangelo Mattia; rappresentata e difesa dall’Avv. TADDEO Luigi,

giusta procura in atti;

– controricorrente –

nonchè sul ricorso n. 31973/02 proposto da:

MEDEDIL – Società Edilizia Mediterranea S.p.a. in liquidazione

elett.te dom.ta in Roma, Via Nomentana, n. 263, nello studio del Dr.

Michelangelo Mattia; rappresentata e difesa dall’Avv. Luigi Taddeo,

giusta procura in atti.

– ricorrente incidentale –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE e AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimati –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania, n. 643/01/00, depositata in data 8 agosto 2001;

Udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 6

ottobre 2009 dal consigliere Dott. Pietro Campanile;

Udito l’Avvocato generale dello Stato, Avv. Roberta Guizzi, che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso principale e il rigetto di quello

incidentale;

Udito il difensore Avv. Luigi Taddeo, il quale ha chiesto

l’accoglimento del ricorso incidentale e il rigetto di quello

principale;

Udito il P.M., nella persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto, il quale ha concluso per l’accoglimento del primo

motivo del ricorso principale.

Fatto

1.1 – La Mededil – Società Edilizia Mediterranea s.p.a. proponeva ricorso avverso l’avviso di accertamento notificato in data 27 febbraio 1996, con cui era stato accertato un maggior reddito imponibile, ai fini IRPEG ed ILOR, relativamente all’anno 1989, mediante la ripresa di alcune voci.

1.2 – La Commissione tributaria provinciale di Napoli, in parziale accoglimento del ricorso, dichiarava l’illegittimità di alcuni recuperi, effettuati su determinate poste del conto profitti e perdite, confermando, nel resto, l’accertamento impugnato.

1.3 – Proponevano appello la società e, in via incidentale, l’Ufficio delle II.DD. di Napoli.

1.4 – La Commissione tributaria regionale, con la sentenza meglio indicata in epigrafe, rigettata preliminarmente l’eccezione dell’Ufficio circa la tardività del ricorso, avanzata dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ex art. 72, comma 2, in parziale accoglimento dell’appello della società, riduceva il complesso delle maggiori poste accertate da L. 225.410.000 a L. 171.010.000, confermando, nel resto, la decisione di primo grado e compensando le spese processuali.

1.5 – Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate, deducendo, con due distinti motivi, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 21 e 72 e art. 155 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, nonchè violazione dell’art. 56, comma 3 del cit. T.U.I.R. ed insufficiente motivazione, ai sensi, rispettivamente, dei nn. 3 e 5 dell’art. 360 c.p.c..

Si costituiva con controricorso la società Mededil, proponendo ricorso incidentale, affidato a tre motivi, in relazione al quale gli intimati non si costituivano.

Diritto

2.1 – I ricorsi vanno riuniti, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., in quanto proposti avverso la stessa sentenza.

2.2 – Va preliminarmente esaminato, in considerazione del suo carattere risolutivo, il motivo attinente alla eccezione pregiudiziale, riproposta con il primo motivo del ricorso principale, di tardività del ricorso introduttivo, in quanto presentato – si sostiene – oltre il termine di sessanta giorni stabilito dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 21, da calcolarsi all’esito del periodo di proroga disposta dal medesimo D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 72.

2.1.2 – Si tratta, in sostanza, di stabilire se la data del 1 aprile 1996, giorno di insediamento delle commissioni tributarie provinciali e regionali previste dalla nuovo testo normativo di riforma del processo tributario, costituisca o meno un nuovo dies a quo, al quale applicare il noto principio dies a quo non computatur in termino.

Dalla risposta a tale quesito dipende il giudizio di tardività o meno del ricorso introdutti-vo in esame, notificato il 31 maggio 1996.

2.1.3 – Secondo la tesi sostenuta nel ricorso principale, condivisa anche dal Procuratore Generale d’udienza, la proroga concessa dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 72, non ha modificato l’originale (ed unico) dies a quo, coincidente can la data di notifica dell’atto impugnato, ragion per cui la data del 1 aprile 1996 “rappresenta il primo giorno utile per il decorso del termine”.

2.1.4 – A giudizio del Collegio non esistono ragioni per discostarsi dal consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui la pendenza dei termini per impugnare costituisce solamente il presupposto per la proroga di sessanta giorni di cui al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 72, che ha ad oggetto esclusivamente i termini previsti dal detto nuovo testo normativo (“i termini previsti dal presente decreto”), in particolare quelli di cui agli artt. 51 e 38, e non anche i termini previsti dalla previgente disciplina”. Di conseguenza, “il termine di sessanta giorni dalla data di insediamento delle Commissioni Tributarie provinciali e regionali (1 aprile 1996), fissato dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 72, per la proposizione delle impugnazioni avverso pronunce in merito alle quali, alla suddetta data, fosse ancora pendente il termine d’impugnazione, è scaduto il 31 maggio 1996 e non già il 30 maggio dello stesso anno, posto che il citato art. 72, nell’individuare la data di decorrenza del termine in questione, non ha non ha introdotto alcuna deroga alla regola della non computabilità del dies a quo (Cass., 9 novembre 2005, n. 21778; Cass., 26 marzo 2002, n. 4333;

Cass., là giugno 2000, n. 4278). Ne deriva che, in tutti i casi in cui, come in quello in esame, era pendente il termine di impugnazione al momento dell’insediamento delle nuove commissioni tributarie la scadenza del termine per impugnare andava individuato nella data del 31 maggio 1996.

3.1 – Con il secondo motivo del ricorso principale è stata denunciata violazione e falsa applicazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 56, comma 3, (T.U.I.R.), nonchè motivazione insufficiente ed illogica su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

3.2 La censura, con la quale si sostiene, con riferimento agli interessi attivi su crediti di imposta, che la Commissione tributaria regionale avrebbe erroneamente disatteso il principio, sancito dall’art. 56, comma 3, del cit. T.U.I.R., nel testo applicabile, ratione temporis, alla fattispecie in esame, secondo cui sono assoggettati a tassazione tutti gli interessi comunque conseguiti da soggetto che produce reddito d’impresa, è fondata.

3.3 – Invero il richiamo, nella decisione impugnata, alla natura compensativa degli interessi in questione, si fonda su un arresto giurisprudenziale del tutto condivisibile, ma soltanto se riferito alla disciplina dettata dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, secondo la quale non andavano inclusi nell’imponibile, perchè aventi natura compensativa, gli interessi attivi su crediti d’imposta. Tale disciplina è stata modificata dal T.U. approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 56, che sottopone a tassazione tutti gli interessi comunque conseguiti da soggetto che produce reddito di impresa, e che, oltre ad operare retroattivamente per i periodi di imposta precedenti, ai sensi e nei limiti stabiliti del D.P.R. 4 febbraio 1988, art. 36, certamente si applica, essendo entrato in vigore il primo gennaio 1988, agli interessi in esame, maturati nel corso dell’esercizio relativo all’anno 1989 (Cass., 6 settembre 2006, n. 19226; Cass., 20 settembre 2004, n. 18864).

4.1 Passando all’esame del ricorso proposto in via incidentale, deve constatarsi che il primo motivo, con cui si denuncia “violazione art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5”, senza per altro specificare quale norma sia stata male interpretata, oltre ad essere formulato in termini assolutamente generici, in realtà, laddove sostiene che la Commissione tributaria regionale avrebbe erroneamente ritenuto che la consulenza avesse avuto ad oggetto la redazione dello Statuto della S.p.a. Polis 2000 (e non l’assistenza in favore della Mededil affinchè tale statuto fosse conforme ai suoi interessi), censura un vizio che non può formare oggetto di ricorso per cassazione, trattandosi di errore da far valere nei termini previsti dall’art. 395 c.p.c., n. 4 (cfr., ex multis, Cass., 30 aprile 2009, n. 10123).

4.2 – Parimenti privo dei prescritti requisiti di specificità, e assolutamente carente sotto il profilo dell’autosufficienza, è il secondo motivo, con cui si denuncia violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 67, comma 6, in cui si afferma che la “commissione i-gnora le eccezioni sollevata dalla Società e fa un insoddisfacente riferimento alla decisione della C.T.P.”. In tale modo, questa Corte non è in grado di apprezzare la portata e l’efficacia delle censure mosse alla decisione impugnata.

4.3 – Con il terzo motivo si denuncia la violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 65, sostenendosi che i giudici di merito si sarebbero pronunciati “senza sapere quali fossero i singoli contributi erogati dalla Mededil”, ed aggiungendosi che “l’Ufficio è attore nel processo tributario e ad esso tocca dimostrare e provare le ragioni della pretesa”. La censura, così come formulata, non può essere condivisa, sia perchè la Commissione tributaria regionale, riguardo alla voce in esame (“contributi ad enti diversi”) aveva posto in evidenza, senza che tali aspetti siano stati esaminati nel ricorso, tanto la genericità dell’appello, quanto il carattere liberale delle erogazioni; sia perchè, quanto al secondo profilo, grava sul contribuente l’onere della prova – soprattutto quando vi sia stata una contestazione al riguardo – circa l’esistenza dei fatti che danno luogo ad oneri e/o a costi deducibili, nonchè in ordine al requisito dell’inerenza degli stessi all’attività professionale o d’impresa svolta (Cass,, 16 maggio 2007, n. 11205).

5.1 – Le superiori considerazioni impongono la cassazione della decisione impugnata stante l’infondatezza degli altri motivi limitatamente alla censura accolta, relativa – come sopra evidenziato – alla tassabilità degli interessi su crediti d’imposta.

5.2 – Ricorrono, per altro, i presupposti per una pronuncia nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, nel senso del rigetto del ricorso introduttivo, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, vale a dire essendo del tutto pacifica la circostanza della riferibilità all’esercizio dell’anno 1989 degli interessi maturati su crediti d’imposta e, trattandosi, quindi, di una mera questione di diritto, da risolversi nei termini sopra specificati.

6. – Ricorrono giusti motivi, tenuto conto della reciproca, ancorchè parziale, soccombenza, per l’integrale compensazione delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, accoglie il secondo motivo di quello principale, che rigetta nel resto. Rigetta il ricorso incidentale.

Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo nella parte relativa agli interessi su crediti d’imposta. Compensa le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile – Tributaria, il 6 ottobre 2009.

Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2010

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