Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24209 del 29/11/2016


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Cassazione civile sez. trib., 29/11/2016, (ud. 07/11/2016, dep. 29/11/2016), n.24209

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. BIELLI Stefano – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25683/2011 proposto da:

M.G., elettivamente domiciliato in ROMA VIA MOCENIGO 30,

presso lo studio dell’avvocato SELENE PANZELLA, rappresentato e

difeso dall’avvocato GIOVANNI CRETI’ giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE UFFICIO CONTROLLI DI

LECCE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 11/2011 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

LECCE, depositata il 14/01/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/11/2016 dal Consigliere Dott. MARCO MARULLI;

udito per il ricorrente l’Avvocato CRETI’ che si riporta al ricorso e

deposita in udienza n. 1 cartolina A/R;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DEL CORE Sergio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. M.G. ricorre per cassazione avverso la sentenza in atti della CTR Puglia che, in una controversia avente ad oggetto la legittimità di un diniego di autotutela, ha accolto l’appello incidentale del fisco ed ha invece dichiarato inammissibile l’appello principale del contribuente avverso la decisione che in primo grado aveva parzialmente accolto il ricorso di questi, in quanto talune delle censure con esso sollevate, ancorchè in apparenza afferenti alla legittimità del diniego, erano in realtà riferibili all’atto impositivo.

La CTR, a riprova del proprio convincimento, ha osservato che l’appello della parte “non censura l’argomento in parola” a mente del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, segnatamente mediante la dimostrazione che le ragioni di ricorso attenessero alla legittimità del rifiuto e non già al merito della pretesa, con ciò pure indirettamente confermando che la CTP, laddove aveva ritenuto che il ricorso fosse accoglibile, aveva “sconfinato nella valutazione della fondatezza della pretesa fiscale invece che limitarsi a sanzionare, in quanto privo di motivazione, la denegazione di un più ampio esercizio del potere di autotutela”. Ha perciò concluso che avendo l’amministrazione chiarito in giudizio (anche con l’appello incidentale) le ragioni per cui l’autotutela era stata limitata all’IVA assolta per i primi tre trimestri e non anche per il quarto, “sarebbe pleonastica la riforma in parte qua della sentenza di primo grado onde dar modo alla P.A. di argomentare al riguardo gli atti di rifiuto per l’innanzi non motivati”.

Il mezzo esercitato dalla parte si vale di tre motivi ai quali ha replicato l’erario con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

2.1. Con il primo ed il secondo motivo di ricorso il ricorrente lamenta un vizio di insufficiente contraddittoria motivazione, poichè la CTR, pur giudicando previamente infondato il motivo del ricorso incidentale a corredo dell’eccepita inoppugnabilità del diniego di tutela, ritenendo infatti che il provvedimento impugnato fosse in effetti inficiato da un difetto di motivazione, ha, per un verso, “concluso per altra via per la fondatezza del motivo di appello incidentale sull’inammissibilità dell’appello principale” (primo motivo); per un altro verso, ha ritenuto, circa il parziale accoglimento del ricorso decretato in primo grado, che “proprio in ragione di tale mancanza di motivazione la CTP non avrebbe potuto pronunciarsi non avendo a propria disposizione elementi sufficienti di giudizio” (secondo motivo).

2.2. Premesso in diritto che secondo il corrente insegnamento di questa Corte il sindacato giurisdizionale esperibile in sede tributaria sull’impugnato diniego, espresso o tacito, di procedere ad un annullamento in autotutela può riguardare soltanto eventuali profili di illegittimità del rifiuto dell’Amministrazione, in relazione alle ragioni di rilevante interesse generale che giustificano l’esercizio di tale potere e non la fondatezza della pretesa tributaria, atteso che, altrimenti, si avrebbe un’indebita sostituzione del giudice nell’attività amministrativa o un’inammissibile controversia sulla legittimità di un atto impositivo ormai definitivo (3442/15), va qui osservato in fatto che, mentre la CTP aveva ritenuto che il diniego fosse per alcune voci affetto da un vizio di motivazione, pronunciandone perciò l’annullamento, la CTR – avanti alla quale il fisco aveva incidentalmente eccepito l’inammissibilità del ricorso originario in quanto il diniego non era nella specie impugnabile e l’inammissibilità dell’appello principale per difetto di specificità dei motivi – ha rigettato il primo motivo dell’appello erariale ed accolto il secondo, ma nel far ciò – e, segnatamente, nel pronunciare il rigetto del primo motivo e nel ritenere perciò che il provvedimento fosse immotivato – ha pure ritenuto che fosse censurabile la decisione adottata in quella sede, in quanto, essendo appunto il provvedimento immotivato, la CTP non avrebbe potuto pronunciarne l’annullamento, poichè “nel totale silenzio degli atti di autotutela sulle ragioni degli sgravi parziali, nemmeno era possibile desumere che l’operato dell’amministrazioni fosse stato illogico ed incongruo nel riconoscere” solo parzialmente lo sgravio.

2.3. Sulla base di queste premesse il M. imputa, con i visti motivi di ricorso, alla sentenza qui impugnata di essere incorsa in contraddizione, una prima volta, perchè ha ritenuto infondato il primo motivo dell’appello incidentale rilevando che il diniego fosse immotivato e perchè ha in pari tempo dichiarato inammissibile l’appello principale da lui promosso al fine di evidenziare la ricorrenza nella specie proprio di un vizio di motivazione ed, una seconda volta, perchè pronunciandosi in questi termini, ha smentito se stessa affermando che la CTP non avrebbe dovuto annullare il provvedimento per difetto di motivazione.

2.4. Osserva ora il collegio che la prospettazione ricorrente è frutto nel primo caso di un errore ricostruttivo nella vicenda processuale e nel secondo caso di un’impropria sovrapposizione tra il piano di ammissibilità della tutela giurisdizionale avverso il diniego di sgravio ed il piano in cui ne viene valutata la fondatezza.

Nel primo caso, a cui si riferisce il primo motivo di ricorso, erra invero il ricorrente nell’eccepire la contraddittorietà sotto il profilo della coerenza logico-argomentativa della decisione impugnata per aver questa ritenuto ammissibile la tutela avverso l’atto di denegato sgravio, dichiarando tuttavia inammissibile l’appello principale che a ciò era propriamente diretto, in quanto come fatto palese dal chiaro tenore letterale della decisione, nonchè dall’intima coerenza logico-argomentativa del ragionamento decisionale, l’appello principale è stato dichiarato inammissibile non già perchè il provvedimento è pregiudizialmente inoppugnabile, ma perchè esso, come eccepito dall’appellante incidentale, era privo di specificità, posto che a fronte dell’argomento fatto valere dal primo giudice (“la sentenza impugnata ha ritenuto… inammissibili le censure dedotte con l’odierno gravame, che solo apparentemente hanno ad oggetto l’atto di autotutela, ma in realtà si riferiscono all’atto impositivo…), la CTR ha rettamente rilevato che “l’appello principale, nel riproporre tutte le questioni sollevate in primo grado, non censura l’argomento in parola (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53), segnatamente mediante la dimostrazione… che le ragioni del contribuente attenessero alla legittimità del rifiuto e non già al merito della pretesa del fisco”).

Nel secondo caso, a cui invece mette capo il secondo motivo di ricorso, la lamentata contraddittorietà – perchè la CTR ha ritenuto di rigettare il primo motivo dell’incidentale, così confermando l’impugnabilità del diniego, annullando tuttavia la decisione di primo grado che ne aveva disposto l’annullamento – è parimenti insussistente dal momento che la pronuncia della CTR opera un rigetto nel merito dell’impugnazione in quanto il difetto motivazionale dell’atto impedisce che se ne possa sindacare la legittimità, ma non lo rende questo inoppugnabile avanti al giudice tributario, sicchè le due affermazioni (ritenere l’atto impugnabile, ma annullarlo nel merito per insussistenza del vizio) non sono inconciliabili tra loro, costituendo anzi la sequenza di un ordinario discorso logico per cui prima si valuta l’ammissibilità della domanda e poi se ne accerta la fondatezza.

3.1. Il terzo motivo di ricorso lamenta ancora un vizio di contraddittorietà della motivazione in ordine alla dichiarata inammissibilità dell’appello, sotto un primo aspetto, perchè il primo motivo era inteso a contestare quella parte della sentenza di primo grado che aveva ritenuto rilevante le sole doglianze “comprovate dai documenti in atti”, onde è evidente che “la decisione della CTR risulta assolutamente contraddittoria rispetto all’effettivo contenuto dell’appello”; sotto un secondo aspetto, perchè, con riguardo a quanto da essa sostenuto circa la superfluità della riforma della sentenza di primo grado in ragione del rilevato difetto di motivazione dell’atto impugnato, la CTR incorre in un’ulteriore contraddizione in termini, da un lato, riconoscendo “l’illegittimità dell’atto viziato per carenza di motivazione”, dall’altro “affermando che è da ritenere sufficiente la motivazione espressa con l’atto d’appello incidentale”.

4.2. Entrambe le sollevate censure sono estranee al perimetro del denunciato vizio di motivazione.

4.3. Posto che secondo il diritto vivente, “il vizio di contraddittoria motivazione presuppone che le ragioni poste a fondamento della decisione risultino sostanzialmente contrastanti in guisa da elidersi a vicenda e da non consentire l’individuazione della ratio decidendi, e cioè l’identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione adottata” (SS.UU. 26825/09), nella specie esso non è manifestamente ravvisabile in relazione alla prima deduzione poichè la contraddittorietà deve inficiare il discorso logico-argomentativo sotteso alla decisione, mentre qui la contraddittorietà rileverebbe in relazione alla mancata considerazione dell’effettivo contenuto del motivo d’appello ovvero in relazione ad un fatto processuale che il giudice del merito è libero di apprezzare senza che per questo ne sia compromessa la logicità della decisione.

Del pari esso è insussistente anche con riguardo alla seconda deduzione, anche qui collocandosi la formulata doglianza al di fuori del piano logico su cui la decisione prende corpo ed integrando semmai la denuncia di un errore di diritto, non ovviamente censurabile nella forma del vizio di motivazione.

Onde anche questo motivo merita rigetto.

5. A chiusura di ciò il ricorso va dunque respinto e la soccombenza che ne consegue comporta la regolazione conseguente del carico delle spese.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

respinge il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida nella somma di Euro 4000,00, oltre eventuali spese prenotate a debito e ad eventuali accessori.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile, il 7 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 29 novembre 2016

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