Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24204 del 04/10/2018

Cassazione civile sez. II, 04/10/2018, (ud. 05/04/2018, dep. 04/10/2018), n.24204

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 25672/2014 R.G. proposto da:

M.M.I., rappresentata e difesa, in forza di

procura a margine del ricorso, dall’avv. Angelo Scavone, con

domicilio eletto in Roma, via Q. Sella, presso lo studio dell’avv.

Camilla Bovelacci;

– ricorrente –

contro

AZIENDA OSPEDALIERO-UNIVERSITARIA POLICLINICO UMBERTO I, DI

(OMISSIS), rappresentata e difesa, in forza di procura speciale

autenticata dal notaio D.M.R. di (OMISSIS),

dall’avv. Antonio Nardella, con domicilio eletto presso l’Ufficio

“Affari Legali e Contenzioso” dell’Azienda, in Roma, via del

Policlinico 155;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma n. 1658, depositata

il 12 marzo 2014;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 5

aprile 2018 dal Consigliere Giuseppe Tedesco.

Fatto

RILEVATO CHE

M.M.I. chiamava in giudizio l’Azienda Policlinico Umberto I di (OMISSIS) e con la citazione a comparire davanti al Tribunale di Roma chiedeva che la convenuta fosse condannata a retribuire l’attrice per le prestazioni di esperto qualificato dalla medesima resa in favore della stessa azienda.

L’attrice sosteneva che tali prestazioni, estranee all’attività lavorativa svolta in favore dell’ente nella qualità di docente di fisica medica, dovevano essere autonomamente retribuite secondo tariffa, essendo priva di giustificazione la gratuità dell’incarico prevista nella deliberazione di conferimento del Direttore Generale.

In subordine chiedeva applicarsi in suo favore la disciplina dell’indebito arricchimento.

La domanda era rigettata dal tribunale con sentenza confermata dalla Corte d’Appello di Roma, che escludeva la sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 2041 c.c.

Contro tale ultima sentenza M.M.I. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui l’Azienda Policlinico Umberto I di (OMISSIS) ha resistito con controricorso.

La ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO CHE

Con il primo motivo la ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 2041 c.c., censura la sentenza per avere la corte di merito escluso la proponibilità dell’azione di arricchimento senza causa in forza del rilievo che il docente aveva eseguito la prestazione di esperto qualificato volontariamente.

La ricorrente sostiene che il requisito rilevante ai fini sopra indicati non è tanto la volontarietà della prestazione, quanto la volontarietà dell’arricchimento altrui.

Tale requisito nella specie mancava, se è vero che la docente aveva persino intrapreso una causa per ottenere il pagamento delle prestazioni rese.

Il motivo è infondato.

La corte di merito ha riconosciuto che la ricorrente ha eseguito la prestazione senza esservi tenuta e ben sapendo che l’incarico non dava diritto al compenso.

In considerazione di ciò ha escluso la sussistenza dei presupposti dell’azione ex art. 2041 c.c.

La decisione è in linea con la giurisprudenza di questa Suprema Corte.

“L’arricchimento senza causa non sussiste quando lo squilibrio economico a favore di una parte e in pregiudizio dell’altra sia giustificato dal consenso della parte che assume di essere stata danneggiata, in quanto la prestazione volontaria esclude l’arricchimento, quale che siano le conseguenze, vantaggiose o svantaggiose, della libera e concorde determinazione della volontà negoziale (Cass. n. 10251/1996; conf. n. 735/2002; n. 9812/2002; n. 7331/2016).

Una volta accertato che la docente aveva eseguito la prestazione volontariamente, in assenza di qualsiasi vincolo obbligatorio e con la consapevolezza che “per quell’incarico era stato esplicitamente escluso un compenso ad hoc” (così testualmente la sentenza impugnata), il fatto, su cui la ricorrente ha particolarmente insistito, che fosse stata intentata una causa per ottenere il pagamento, esprime nient’altro che un atteggiamento psicologico dell’interessata, inidoneo a connotare in modo diverso la fattispecie.

Il secondo motivo denuncia omissione di pronuncia sul motivo con il quale era stata censurata la condanna alle spese del giudizio di primo grado, poste per intero a carico dell’attrice nonostante vi fosse stata reciproca soccombenza, in considerazioni del rigetto delle eccezioni pregiudiziali proposte dalla convenuta.

Il motivo è infondato.

E’ vero che la corte d’appello non ha statuito al riguardo, tuttavia, diversamente da quanto sostiene la ricorrente, non vi era stata soccombenza reciproca.

“In materia di procedimento civile, il criterio della soccombenza deve essere riferito alla causa nel suo insieme, con particolare riferimento all’esito finale della lite, sicchè è totalmente vittoriosa la parte nei cui confronti la domanda avversaria sia stata totalmente respinta, a nulla rilevando che siano state disattese eccezioni di carattere processuale o anche di merito (Cass. n. 18503/2014; n. 5373/2003).

Pertanto, in assenza di altri profili di censura, è applicabile il principio secondo cui “la mancanza di motivazione su questione di diritto e non di fatto deve ritenersi irrilevante, ai fini della cassazione della sentenza, qualora il giudice del merito sia comunque pervenuto ad un’esatta soluzione del problema giuridico sottoposto al suo esame. In tal caso, la Corte di cassazione, in ragione della funzione nomofilattica ad essa affidata dall’ordinamento, nonchè dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo, di cui all’art. 111 Cost., comma 2, ha il potere, in una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 384 c.p.c., di correggere la motivazione anche a fronte di un error in procedendo, quale la motivazione omessa, mediante l’enunciazione delle ragioni che giustificano in diritto la decisione assunta, anche quando si tratti dell’implicito rigetto della domanda perchè erroneamente ritenuta assorbita, sempre che si tratti di questione che non richieda ulteriori accertamenti in fatto” (Cass. n. 2731/2017).

Il ricorso va rigettato.

Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 – della sussistenza dell’obbligo del versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 2.500,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Dichiara ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda civile, il 5 aprile 2018.

Depositato in Cancelleria il 4 ottobre 2018

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