Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24201 del 02/11/2020

Cassazione civile sez. lav., 02/11/2020, (ud. 16/07/2020, dep. 02/11/2020), n.24201

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – rel. Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10766/2015 proposto da:

E.N.A.C. – ENTE NAZIONALE PER L’AVIAZIONE CIVILE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia

ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI 12;

– ricorrente –

contro

C.G.A.M., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR,

presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE VALTER CAVAGNA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 45/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 13/02/2015 R.G.N. 1966/2012;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

giorno 16/07/2020 dal Consigliere Dott. CATERINA MAROTTA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. con sentenza n. 45/2015, pubblicata in data 13/2/2015, la Corte d’appello di Milano, decidendo sull’impugnazione proposta da C.G.A.M. nei confronti dell’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile (ENAC), in parziale riforma della decisione del Tribunale di Busto Arsizio, dichiarava la continuità del rapporto di lavoro tra le parti dall’1.11.03, l’illegittimità della retrocessione operata da ENAC all’atto della stabilizzazione dell’appellante dal 2 al 1 livello economico della la qualifica professionale di cui al c.c.n.l. di settore, il diritto dell’appellante ad essere inquadrato nel 2 livello economico della 1a qualifica professionale c.c.n.l. di settore dal 1.2.08, la sussistenza in capo all’appellante dei requisiti di legge e di contratto per l’ottenimento dell’inquadramento al 3 livello economico, con condanna dell’ENAC al pagamento in suo favore delle relative differenze retributive nella misura di Euro 9.944,14, oltre interessi dal dovuto al saldo;

il C. era stato assunto il 1.3.03 da ENAC con contratto a tempo determinato di 8 mesi ed inquadramento nella 1a qualifica professionale, 1 livello, contratto prorogato una prima volta per 28 mesi con decorrenza dall’1.7.04 ed ancora prorogato sino al 31.12.06;

nel corso di tale rapporto al C., a seguito di superamento di procedura selettiva, era stato riconosciuto, con nota del 15.3.06, il 2 livello economico;

quindi, in data 22.6.07, l’ENAC aveva indetto la procedura di stabilizzazione per il personale dipendente in osservanza della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 519;

all’esito di detta procedura il C. era assunto a tempo indeterminato ma con inquadramento al 1 livello economico con decorrenza 1 febbraio 2008 e contestuale risoluzione ex lege del rapporto di lavoro a tempo determinato dal 31 gennaio 2008;

la tesi del C. (sulla base della quale erano state avanzate le richieste di inquadramento e progressione economica) era che la stabilizzazione avesse comportato la trasformazione a tempo indeterminato del rapporto di lavoro a tempo determinato;

2. il primo giudice respingeva la domanda sul rilievo che la stabilizzazione non avesse comportato la trasformazione a tempo indeterminato del rapporto di lavoro a termine in quanto ciò era incompatibile con le previsioni di legge e che la durata del precedente contratto a tempo determinato costituisse mero requisito di accesso alla procedura;

3. al contrario, la Corte d’appello riteneva l’illegittimità della retrocessione operata sia ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52, comma 1, sia analogamente in base a quanto previsto nel settore privato dall’art. 2103 c.c. e sottolineava che l’ENAC proprio a tale principio aveva dato applicazione nel momento in cui aveva attribuito, nel maggio 2006, al C. il 2 livello economico;

evidenziava, inoltre, che la retrocessione operata dall’ENAC si configurava illegittima anche con riferimento al D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 6, ed alla parità di trattamento tra i lavoratori assunti con contratto a tempo determinato e quelli a tempo indeterminato comparabili (intendendosi per tali quelli inquadrati nello stesso livello in proporzione al periodo lavorativo prestato e non obiettivamente incompatibile con la natura del contratto a termine);

rilevava che, nello specifico, l’attività era stata svolta senza soluzione di continuità dal 25.9.03 e con mansioni corrispondenti alla qualifica riconosciuta al C. allorchè questi, in data 5.3.06, aveva ottenuto il passaggio al 2 livello economico a seguito di superamento di procedura selettiva, e riteneva, pertanto, che non sussistesse alcuna ragione obiettiva per giustificare un diverso trattamento;

riconosceva, pertanto, il diritto dell’appellante a essere inquadrato al 2 livello economico – la qualifica professionale c.c.n.l. di settore dall’1.2.08 con conseguente condanna dell’ENAC al pagamento delle relative differenze retributive (quantificate in Euro 9.944,14) nonchè la sussistenza dei requisiti richiesti per ottenere l’inquadramento dal 2 al 3 livello economico a fronte dell’anzianità maturata, con conseguente ordine all’ENAC di includere il C. nella graduatoria degli idonei al suddetto passaggio;

4. avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’ENAC affidato a due motivi;

5. C.G.A.M. ha resistito con controricorso;

4. non sono state depositate memorie.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo di ricorso l’ENAC denuncia la violazione e falsa applicazione della L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, commi 519 e segg.; D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 1, comma 1, lett. b), art. 6 e art. 35, comma 1 lett. a) e comma 4; L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 2, comma 367; del c.c.n.l. ENAC 2002/2005;

sostiene che la Corte territoriale abbia errato nel ritenere che la fattispecie in esame fosse inquadrabile nell’ambito dell’art. 52 del TUPI (D.Lgs. n. 165 del 2001) e che l’attribuzione al C. nel 2 livello economico, ossia in costanza di rapporto di lavoro a tempo determinato, fosse una conseguenza delle mansioni svolte;

censura, inoltre, la sentenza impugnata per non essersi attenuta alla interpretazione, cui viceversa avrebbe aderito l’ENAC, fornita dalla Presidenza del Consiglio – Dip. per la Funzione pubblica -, secondo la quale la “stabilizzazione” non prevede per i destinatari una trasformazione “automatica” dei rapporti a tempo determinato in rapporto a tempo indeterminato, quanto piuttosto la loro possibilità di partecipazione alle procedure riservate di reclutamento attivate appositamente mediante procedure concorsuali, configurandosi, pertanto, come una deroga alla regola del concorso pubblico che però non interferisce con la disciplina assunzionale ordinaria sia sotto il profilo del regime vincolistico sia sotto quello degli effetti della costituzione del rapporto;

in sostanza, secondo l’ENAC, l’esistenza di un rapporto in essere costituisce la mera condizione per poter partecipare a detta procedura;

inoltre l’ENAC evidenzia che il controricorrente, non avendo impugnato il provvedimento di assunzione ed avendo accettato senza riserve il t.f.r. percepito, avrebbe per tale via aderito alla stipulazione del nuovo contratto, con efficacia ex nunc;

quanto, poi, ai passaggio dal 2 al 3 livello, rileva che la Corte territoriale avrebbe errato nel ritenere che, nell’ambito delle progressioni economiche vi fosse un automatismo legato al mero decorso del tempo essendo tale passaggio legato agli esiti della valutazione dell’attività svolta dal professionista;

2. con il secondo motivo di ricorso l’ENAC denuncia la violazione e falsa applicazione della L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, commi 519 e segg., D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, art. 6 e della direttiva 1999/70/CE;

censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto il suo comportamento discriminatorio in virtù della giurisprudenza comunitaria e del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 6;

insiste sulla necessità di costituzione del rapporto mediante procedure concorsuali;

3. i motivi, da trattare congiuntamente in ragione della intrinseca connessione, sono infondati per le ragioni di seguito illustrate;

3.1. è pacifico in atti che il C. avesse ottenuto l’inquadramento nel 2 livello nel corso dello svolgimento del rapporto a termine e che la procedura di stabilizzazione non facesse alcun espresso riferimento al livello che sarebbe stato attribuito;

nella specie, peraltro, è solo agli effetti della stabilizzazione che la Corte territoriale ha fatto riferimento e non al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52, che il ricorrente assume erroneamente applicato;

3.2. ed allora va richiamata la giurisprudenza del Giudice delle leggi (v. in particolare Corte Cost. n. 79 del 2009 e n. 303 del 2010) sulla compatibilità della norma sulla stabilizzazione con gli artt. 3 e 97 Cost.;

come è stato precisato, l’obiettivo del legislatore è stato quello di inserire in pianta stabile i lavoratori assunti a tempo determinato presso le pubbliche amministrazioni che, ai sensi della L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 95 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2005), negli anni 2005, 2006 e 2007, erano state assoggettate al divieto di assunzione di personale a tempo indeterminato;

per il raggiungimento della già menzionata finalità le pubbliche amministrazioni avrebbero potuto attingere al fondo di cui al combinato disposto della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 513 e della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 96;

nel perseguire tale obiettivo, il legislatore ha richiesto il conseguimento da parte dei prestatori di lavoro del prescritto requisito di anzianità lavorativa, vale a dire, per quel che rileva nel caso in esame, l’espletamento del servizio per almeno tre anni, anche non continuativi, per il personale contemplato nel primo periodo del succitato art. 1, comma 519;

la procedura di stabilizzazione era stata, dunque, riservata ad una platea di destinatari per i quali si era scelto di valorizzare l’esperienza professionale acquisita presso le pubbliche amministrazioni;

La L. n. 244 del 2007, successivo art. 3, comma 90, ha ampliato il numero dei possibili destinatari della stabilizzazione consentendo l’ammissione alle procedure di stabilizzazione anche del personale che “consegua i requisiti di anzianità di servizio ivi previsti in virtù di contratti stipulati anteriormente alla data del 28 settembre 2007”, perseguendo, anche in tal modo, il legislatore l’obiettivo del superamento del precariato attraverso il ricorso ad una forma di reclutamento, speciale rispetto a quella prevista dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 35 (nel testo applicabile ratione temporis), perchè destinata ad una platea limitata di soggetti, individuata sulla base della precedente titolarità di un rapporto a tempo determinato con la Pubblica Amministrazione;

come evidenziato anche da questa Corte (v. Cass. 13 marzo 2020, n. 7246) un interesse pubblico idoneo a giustificare la deroga al principio del pubblico concorso, al fine di valorizzare pregresse esperienze professionali dei lavoratori assunti, può ricorrere solo in determinate circostanze (Corte Cost. sentenza n. 167 del 2013), in quanto se “il principio dettato dall’art. 97 Cost., può consentire la previsione di condizioni di accesso intese a consolidare pregresse esperienze lavorative maturate nella stessa amministrazione” (Corte Cost. n. 189 del 2011), occorre, tuttavia, che “l’area delle eccezioni alla regola del concorso” sia “rigorosamente delimitata” e non si risolva “in una indiscriminata e non previamente verificata immissione in ruolo di personale esterno attinto da bacini predeterminati” (Corte Cost. n. 227 del 2013 richiamata dalla più recente Corte Cost. n. 113 del 2017);

3.3. occorre, dunque, che la ragione giustificatrice risponda all’esigenza di consolidare specifiche esperienze professionali maturate all’interno dell’amministrazione “le quali facciano ritenere che la deroga al principio del concorso pubblico sia essa stessa funzionale alle esigenze di buon andamento dell’amministrazione” (v. Corte Cost. n. 293 del 2009);

ed allora, quanto al C., la stabilizzazione non poteva che tendere a valorizzare l’esperienza professionale acquisita anche mediante il superamento della procedura selettiva interna per l’accesso al 2 livello economico;

3.4. si aggiunga, a conferma della correttezza della decisione impugnata, che questa Corte ha più volte evidenziato (v. Cass. 19 febbraio 2020, n. 4195; Cass. 23 novembre 2017, n. 27950) che, in tema di pubblico impiego privatizzato, al lavoratore collocato in ruolo a seguito della procedura di stabilizzazione prevista dalla L. n. 296 del 2006, deve essere riconosciuta l’anzianità di servizio maturata, in virtù di contratti a termine, precedentemente all’acquisizione dello “status” di lavoratore a tempo indeterminato, se le funzioni svolte siano identiche a quelle precedentemente esercitate, non potendo ritenersi, in applicazione del principio di non discriminazione, che lo stesso si trovasse in una situazione differente a causa del mancato superamento del concorso pubblico per l’accesso ai ruoli della P.A., mirando le condizioni di stabilizzazione fissate dal legislatore proprio a consentire l’assunzione dei soli lavoratori a tempo determinato la cui situazione poteva essere assimilata a quella dei dipendenti di ruolo;

per accertare la sussistenza dell’eventuale discriminazione, per contrasto con la clausola 4 dell’Accordo quadro allegato alla direttiva n. 99/70/CEE, è necessario operare la verifica non in astratto bensì in relazione alla fattispecie concreta dedotta in giudizio, potendo eventuali diversità di trattamento essere ritenute discriminatorie in un caso e non nell’altro, in dipendenza di condizioni specifiche del singolo rapporto;

3.5. gli indicati principi, affermati in tema di progressione economica legata alla sola anzianità di servizio, vanno estesi, evidentemente, anche all’ipotesi in cui oltre all’anzianità si richieda un percorso selettivo che sia eguale a quello previsto per gli assunti a tempo indeterminato;

anche in tal caso, infatti, si configurerebbe una discriminazione con l’assunto a tempo indeterminato il quale, una volta maturata l’anzianità e superata la selezione, non può essere retrocesso;

3.6. nella specie la Corte territoriale, con giudizio di fatto insuscettibile di revisione in questa sede di legittimità, ha evidenziato che il C. aveva svolto l’attività senza soluzione di continuità dal 25.9.03 e con mansioni corrispondenti alla qualifica al medesimo riconosciuta, in data 5.3.06, all’atto del passaggio al 2 livello economico a seguito di superamento di procedura selettiva, il che escludeva che sussistessero ragioni obiettive per giustificare un diverso trattamento (si veda anche Cass., Sez. Un., 26 gennaio 2011, n. 1778 secondo cui l’amministrazione, nel caso in cui il personale da stabilizzare abbia già superato procedure concorsuali, non deve bandire alcun concorso ma solo dare avviso dell’avvio della relativa procedura e della possibilità per gli interessati di presentare la domanda);

nè, invero, possono sussistere preclusioni in ragione della necessità di salvaguardare le posizioni già previste nella dotazione organica, considerato che trattasi di progressione economica all’interno di una medesima qualifica che rimane invariata;

3.7. quanto all’accettazione del t.f.r. senza riserve, oltre ad evidenziarsi l’inammissibilità della questione posta in questa sede di legittimità (non emergendo quando ed in che termini la medesima sia stata sottoposta innanzi ai giudici di merito) se ne sottolinea l’irrilevanza ai fini del decidere trattandosi di un comportamento in sè non interpretabile, per assoluto difetto di concludenza, come tacita dichiarazione di rinuncia ai diritti derivanti dalla intervenuta stabilizzazione;

3.8. con riferimento, poi, ai rilievi concernenti il passaggio dal 2 al 3 livello economico effettivamente non è affatto vero che la Corte territoriale non abbia tenuto conto dei meccanismi previsti dalla contrattazione collettiva;

le disposizioni contrattuali (art. 89 – Livelli economici di professionalità – c.c.n.l. 1998/2001 e art. 70 del c.c.n.l. 2002/2005; art. 90 – Criteri generali per l’attribuzione dei livelli economici di professionalità – c.c.n.l. 1998/2001) prevedono per il passaggio al livello economico superiore sia la procedura selettiva sia la previa valutazione di professionalità;

3.8. nella specie, per quanto si rileva dalla motivazione della sentenza impugnata, la Corte territoriale, lungi dall’aver attribuito l’inquadramento nel superiore livello rivendicato per effetto di un automatismo meramente legato al decorso del tempo, ha, sul presupposto dell’effettuato espletamento della procedura selettiva per il conseguimento del 3 livello economico, ritenuto che sussistesse il diritto del C. ad essere incluso nella graduatoria degli idonei al suddetto passaggio (v. pag. 5 della sentenza impugnata);

è alla luce dell’indicato passaggio motivazionale che va letta la parte dispositiva della sentenza impugnata laddove la Corte territoriale ha ritenuto che sussistessero in capo all’appellante “i requisiti di legge e di contratto per l’ottenimento dell’inquadramento nel 3 livello economico”;

4. da tanto consegue che il ricorso deve essere respinto;

5. l’onere delle spese del giudizio di legittimità resta a carico di parte ricorrente, in applicazione della regola generale della soccombenza;

6. sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto del D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013), ove dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna l’Ente ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed auro 5.000,00 per compensi professionali oltre accessori di legge e rimborso forfetario in misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza Camerale, il 16 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 novembre 2020

 

 

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