Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24197 del 29/11/2016


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Cassazione civile sez. trib., 29/11/2016, (ud. 22/09/2016, dep. 29/11/2016), n.24197

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BOTTA Raffaele – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26704/2011 proposto da:

J.B.M., D.A.J. nq di eredi di

D.A.G., elettivamente domiciliate in ROMA VIA DI PORTA PINCIANA

4, presso lo studio dell’avvocato MARIO SANTARONI, rappresentate e

difese dall’avvocato GIUSEPPE DI MEGLIO, giusta procura a margine

del ricorso;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DI ROMA;

– intimata –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE (OMISSIS) NAPOLI UFFICIO

TERRITORIALE DI ISCHIA in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente con atto di costituzione –

avverso la sentenza n. 269/2010 della COMM. TRIB. REG. di NAPOLI,

depositata il 20/07/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/09/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA;

udito per il controricorrente l’Avvocato MADDALO che ha chiesto

l’inammissibilità e in subordine il rigetto;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE Giovanni, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato il 26/6/2006 D.A.G. propose opposizione avverso l’avviso di rettifica e liquidazione con cui l’Agenzia delle Entrate – Ufficio d’Ischia, con riferimento all’atto per notar A. registrato in data (OMISSIS), relativo alla vendita all’Hotel Terme President S.r.l. di quattro unità immobiliari con annessa area di suolo “pertinenziale” di mq. 833 site nel Comune di (OMISSIS), aveva rettificato, ai sensi degli del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 51 e 52, il valore finale INVIM al 31/12/1992, dichiarato pari a Lire 360.273.000, in Lire 2.430.000.000, determinando una maggior imposta dovuta di Lire 447.872.701, pari a Euro 231.306,95, oltre interessi e sanzioni, in quanto i fabbricati erano inseriti in località eccentrica del capoluogo isolano e il terreno era ritenuto non pertinenziale, pertanto valutabile al mercato libero.

Il contribuente chiese dichiararsi la nullità dell’atto impugnato perchè viziato per eccesso di potere dell’Ufficio, che, a suo avviso, si era limitato a trascrivere quanto riportato nella relazione redatta dai tecnici dell’Agenzia del Territorio, ed eccepì la violazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, comma 4, la carenza di motivazione e la incongruità del valore accertato, nonchè la decadenza dell’azione di accertamento per intervenuta prescrizione.

L’Ufficio si costituì affermando la legittimità del proprio operato e rappresentando che trattavasi di fabbriche con una rendita catastale già assegnata e, quindi, soggetta alla valutazione parametrica di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, comma 4 e che il terreno, ritenuto suolo non pertinenziale, era valutabile al mercato libero, il cui valore era stato ritenuto congruo alla data del trasferimento ma non congruo alla data del 31/12/1992 ai fini di INVIM e il valore accertato era stato ricavato dal valore finale dichiarato dallo stesso contribuente nell’atto con l’applicazione di un coefficiente pari a 0,90.

La Commissione Tributaria Provinciale di Napoli, con sentenza n. 385 depositata il 24/6/2008, rigettò il ricorso ritenendo la doglianza relativa al difetto di motivazione dell’atto impugnato infondata e la stima dell’Ufficio congrua e corrispondente al valore reale del cespite, tenuto conto che trattavasi di fabbriche con rendita catastale già assegnata e quindi soggetta alla valutazione parametrica (D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, comma 4) e che la stima del terreno, trattandosi di suolo ritenuto non pertinenziale perchè ancora accatastato al catasto terreni e non all’urbano e non aggraffato al fabbricato, sicchè valutabile al mercato libero, era congrua alla data del trasferimento ma non alla data del 31/12/92 ai fini INVIM. La predetta Commissione affermò, altresì, che la valutazione sia del terreno che delle fabbriche alla data del 31/12/92 era stata ricavata dal valore finale dichiarato dallo stesso contribuente nell’atto, con l’adozione di un opportuno coefficiente temporale che, riferito al periodo dal 2001 al 1992, era pari a 0,90 per cui era semplice il relativo calcolo anche in considerazione del valore finale dichiarato dal contribuente nel predetto atto, pari a Lire 2.700.000.000.

Avverso tale decisione il D.A. propose appello, cui resistette l’Agenzia delle Entrate Ufficio di Ischia.

La Commissione Tributaria Regionale di Napoli, con sentenza depositata il 20.7.2010, rigettò l’appello compensando le spese.

Avverso la sentenza di secondo grado J.B.M. e D.A.J., quali eredi di D.A.G., hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.

L’Agenzia delle Entrate ha depositato atto per partecipare all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si lamenta “violazione e falsa applicazione degli artt. 141, 170 e 330 c.p.c., in relazione al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 53”.

Le ricorrenti sostengono che, pur in presenza di copiosa documentazione da cui risulta che gli immobili erano regolarmente iscritti in catasto con rendita catastale attribuita sia alla data del 31/12/1992 che alla data del 19/12/2001 e pur avendo l’Ufficio riconosciuto l’inedificabilità del terreno che, per la maggior parte, costituisce il suolo su cui insistono gli immobili, “i Giudici aditi”, da una parte, avrebbero proceduto al controllo del valore finale alla data di stipula dell’atto con il criterio automatico, ritenendolo congruo, e, dall’altra, non avrebbero seguito lo stesso criterio per la valutazione sia alla data del 31/12/92 che per l’anno 1971 (data di provenienza), valore cui andrebbero aggiunti i costi sostenuti per i lavori eseguiti successivamente e per i quali era stata presentata istanza di condono. Assumono le ricorrenti che le considerazioni fatte dai Giudici che hanno confermato l’operato dell’Ufficio finanziario sarebbero prive di fondamento anche laddove si soffermano sulla destinazione del terreno ritenuto non pertinenziale e, quindi, valutabile a mercato libero. Il valore di 360.273.000 dichiarato nell’atto di vendita alla data del 31/12/92 con il corrispondente valore alla data di provenienza di del 1971 di Lire 43.000.000 milioni non rettificato, corrisponderebbe a quello determinato in base alla rendita catastale moltiplicata per il coefficiente previsto del T.U. n. 131 del 1986, art. 52, comma 4. Conseguentemente – ad avviso delle ricorrenti – l’Ufficio avrebbe dovuto astenersi dal sottoporre a rettifica il valore dichiarato la data del 31/12/92 come prescritto dal comma 4 del citato art. 52 e invece, ignorando quanto previsto da detta norma e riconoscendo l’inedificabilità del terreno, avrebbe rettificato l’intero valore dichiarato al 31/12/92 addirittura facendo riferimento al valore dichiarato alla data di stipula dell’atto con un coefficiente correttivo dello 0,90 non previsto da alcuna norma ed in assenza di ogni motivazione.

Ad avviso delle ricorrenti, in particolare il Giudice di secondo grado da una parte avrebbe ritenuto congruo il valore dichiarato alla data di trasferimento, essendo i beni provvisti di rendita catastale già assegnata e, quindi, soggetti a valutazione automatica parametrica di cui al predetto art. 52, comma 4, ma non avrebbe ritenuto di fare altrettanto con riferimento alla data del 31/12/92, pur essendo anche a quella data gli immobili tutti provvisti di rendita catastale e, senza pronunciarsi sulla eccepita illegittimità dell’atto di accertamento perchè emesso in violazione dell’art. 52 e privo di valida motivazione, ha ritenuto il valore congruo e l’appello da rigettare.

Inoltre, accertata l’inedificabilità del terreno che – anche in relazione alla modesta consistenza – rappresenta una vera e propria pertinenza e che non è oggetto di autonoma valutazione, ad avviso delle ricorrenti, la valutazione del terreno non potrebbe prescindere dalle prescrizioni di cui al T.U. n. 131 del 1986, art. 52.

1.1. Il motivo è infondato.

La CTR, contrariamente a quanto ritenuto dalle ricorrenti, si è pronunciata sia sulla motivazione dell’atto impugnato che sulla lamentata violazione del T.U. n. 131 del 1986, art. 52.

Inoltre, ancorchè con la rubrica del motivo si denunci violazione di legge, in realtà con gli ulteriori profili prospettati, ci si duole di valutazioni in fatto, il che è inammissibile in questa sede e le censure sembrano avere ad oggetto più la sentenza di primo grado che quella di appello.

2. Con il secondo motivo, rubricato “Errore nel procedimento per violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4 – Omessa ed insufficiente motivazione”, le ricorrenti sostengono che i Giudici del secondo grado avrebbero rigettato il gravame con una “scarna motivazione”, mettendo in evidenza che i terreni sono sicuramente di rilevante valore economico anche se non destinati ad ulteriore edificazione”.

Lamentano poi che la somma di Euro 27.467,70 a titolo di interessi sarebbe illegittima e viziata, non essendo stati indicati, nell’atto di accertamento, neppure l’importo iniziale su cui sono stati calcolati detti interessi, le percentuali applicate per i vari anni e tutte le modalità di determinazione, in violazione della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 2 (Statuto del contribuente).

Inoltre, ad avviso delle ricorrenti, la sanzione per infedele dichiarazione accertata dall’Ufficio in Euro 231.306,95, per effetto del decesso dell’autore della violazione subito dopo la sentenza di primo grado, non sarebbe trasmissibile agli eredi ai sensi del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 8.

2.1. Il motivo non può essere accolto.

La sentenza impugnata è motivata, sia pure in modo sintetico ma comunque sufficiente e, pertanto, le censure proposte al riguardo sono infondate.

Con riferimento alle doglianze relative agli interessi e alla sanzione, il motivo è inammissibile per novità delle questioni, non avendo le ricorrenti precisato quando e in che termini le stesse siano state sollevate dinanzi ai Giudici del merito.

3. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.

4. Tenuto conto della particolarità delle questioni esaminate, le spese del presente giudizio di legittimità vanno compensate per intero tra le parti.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa per intero tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 22 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 29 novembre 2016

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