Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24197 del 13/10/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 13/10/2017, (ud. 16/05/2017, dep.13/10/2017),  n. 24197

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30037-2011 proposto da:

T.R., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

PIAZZA CAMERINO 15, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRA

VICINANZA, rappresentato difeso dall’avvocato VINCENZO LORETO,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

E.N.P.A.F. – ENTE NAZIONALE PREVIDENZA ASSISTENZA FARMACISTI, in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA PORTUENSE 104, presso lo studio

dell’avvocato ANTONIA DE ANGELIS, rappresentato e difeso

dall’avvocato DANIELA CICIRELLO, giusta delega in atti;

– controricorrente –

nonchè contro

EQUITALIA SUD S.P.A., (già EQUITALIA POLIS S.P.A.);

– intimata –

avverso la sentenza n. 6533/2010 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 14/12/2010, R. G. N. 8947/2007.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

1 che con sentenza in data 14 dicembre 2010, la Corte di Appello di Napoli ha confermato la statuizione di primo grado, che aveva rigettato l’opposizione a cartella esattoriale per il pagamento della somma di Euro 5.368,12 a titolo di contributi previdenziali e sanzioni civili, per gli anni 2005 e 2006;

2. che la Corte di merito riteneva non presentata, dall’attuale ricorrente, a suffragio dell’assunto della cessata attività di farmacista sin dal 1998, idonea domanda di riduzione contributiva, ai sensi dell’articolo 21 del regolamento Ente Nazionale di Assistenza e Previdenza Farmacisti (ENPAF), per essere risultato provato che la relativa istanza (inviata con raccomandata datata 29 settembre 1998), corredata di documentazione per beneficiare della predetta riduzione, non era mai pervenuta all’Ente, e che, ai sensi della predetta disposizione regolamentare, neanche integravano valide comunicazioni tutte le successive domande, inoltrate all’Ente ed evocative della documentazione che si assumeva inviata con la richiamata istanza del settembre 1998, al pari delle note di riscontro, nel luglio e novembre 2001, alla comunicazione dell’Ente attestante che T.R. ancora risultava titolare di farmacia;

3. che avverso tale sentenza T.R. ha proposto ricorso, ulteriormente illustrato con memoria, affidato ad un motivo, al quale ha opposto difese l’Ente Nazionale di Assistenza e Previdenza Farmacisti con controricorso;

4. che Equitalia Sud s.p.a. è rimasta intimata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

5. che, deducendo violazione degli artt. 1335 e 2967 c.c., il ricorrente denuncia una inadeguata valutazione dei fatti dedotti in giudizio e delle generiche deduzioni difensive dell’Ente, insufficienti a superare la presunzione conseguita per effetto della produzione dell’avviso di spedizione postale della domanda, del 28 settembre 1998, e non superabili con la produzione del documento avente ad oggetto l’estratto del registro di protocollo, incentrato su circostanze estranee al thema decidendum e privo di valore probatorio perchè formato dalla parte che lo ha prodotto;

6. che ritiene il Collegio si debba rigettare il ricorso;

7. che la violazione o falsa applicazione di norme di legge, sostanziale o processuale, non può dipendere o essere in qualche modo dimostrata dall’erronea valutazione del materiale probatorio;

8. che il vizio di violazione di legge deve essere dedotto, a pena di inammissibilità, non solo mediante la puntuale indicazione delle norme asseritamente violate, ma anche mediante specifiche argomentazioni, intese motivatamente a dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto, contenute nella sentenza gravata, debbono ritenersi in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla dottrina e dalla prevalente giurisprudenza di legittimità così da prospettare criticamente una valutazione comparativa fra opposte soluzioni, non risultando altrimenti consentito alla Corte di legittimità di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione (cfr., fra le tante, Cass., ord., 15 gennaio 2015, n. 635);

9. che, diversamente, laddove la censura investe la valutazione delle risultanze istruttorie (attività regolata dagli artt. 115 e 116 c.p.c.) il relativo vizio può essere fatto valere ai sensi del n. 5 del medesimo art. 360 c.p.c. (v., fra le tante, Cass., 17 giugno 2013, n. 15107; Cass., 4 aprile 2013, n. 8315) e deve emergere direttamente dalla lettura della sentenza, non già dal riesame degli atti di causa, inammissibile in sede di legittimità (Cass., 20 giugno 2006, n. 14267; Cass., 26 marzo 2010, n. 7394);

10. che lo scrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (v., fra le tante, Cass. 11 gennaio 2016, n. 195 e la giurisprudenza ivi richiamata);

11. che per consolidato insegnamento di questa Corte è sempre vietato invocare, in sede di legittimità, un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte, perchè non ha la Corte di cassazione il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, essendo la valutazione degli elementi probatori attività istituzionalmente riservata al giudice di merito (tra le molte, v. Cass. 26 gennaio 2015, n. 1414 e la giurisprudenza ivi richiamata);

12. che, inoltre, la decisiva proposizione della sentenza impugnata, per cui l’Ente ha prodotto, in primo grado, copia del registro del protocollo in entrata, non contestata dalla controparte in sede di gravame, non è stata fatta segno, nel ricorso all’esame, di adeguata censura, tradotta in uno dei motivi tassativamente indicati dall’art. 360 c.p.c.;

13. che le spese, liquidate come in dispositivo, in favore dell’Ente, seguono la soccombenza e non si provvede alla regolazione delle spese per la parte, Equitalia Sud s.p.a., che non ha svolto attività difensiva.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate, in favore dell’Ente Nazionale di Assistenza e Previdenza Farmacisti, in Euro 200,00 per esborsi, Euro 1.500,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge e spese generali in misura del quindici per cento; nulla spese in favore di Equitalia Sud s.p.a..

Così deciso in Roma, nella Adunanza Camerale, il 16 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 13 ottobre 2017

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